Il 2020 chiude i battenti… e per molti con grande felicità. Mai, come quest’anno, si è brindato più alla fine degli ultimi 365 giorni che all’inizio di quelli seguenti. Insieme a lui, purtroppo, chiudono i battenti e le saracinesche di molti negozi e botteghe. Non solo, perché in questo ultimo anno solare sono passate alla cronaca tante cose. A dirla tutta non positive. A prendersi la scena è stato senz’altro il Coronavirus, con tutte i suoi effetti devastanti: il fallimento di diverse piccole aziende, ma anche per le vittime mietute. Ma non dobbiamo dimenticare ciò che è accaduto al di là di questa pandemia globale: esplosioni, incidenti mortali, catastrofi naturali. Un anno nefasto, in cui molti, troppi, hanno voluto cavalcare l’onda della paura.
Le prime voci in Italia e in Europa risalgono a gennaio. A marzo, poi, la chiusura e un impatto devastante sulla vita quotidiana di tutti: abitudini cambiate e tante incertezze sul futuro. A voler trovare un aspetto positivo bisogna scavare a fondo, mettere tutto da parte e pensare all’aver ritrovato vecchi valori e il dedicare del tempo a sé e alla famiglia. Così come aver visto un ritorno prepotente della natura. Tra un DPCM e un altro, tanta confusione. Apertura, chiusura, mascherine e guanti: prima sì, poi no. E quindi il distanziamento sociale, le critiche per le folle e il mancato rispetto delle regole. E, ancora: coprifuoco, viaggi negati e un paese a colori (giallo, arancione e rosse). Fino alle disposizioni più recenti, quelle con il Natale e il capodanno a casa e un “chissà che accadrà dopo”. Il tutto con la speranza che il vaccino possa fare la sua parte.
Se c’è stata confusione a livello nazionale, non è stato diverso sul piano continentale e mondiale. Tra frontiere chiuse e poi riaperte, non ci sono state linee guida comuni. Da chi si è rinchiuso a casa per lunghi periodi, come la Cina, a chi ha preferito rischiare. Su tutti le “assurde” filosofie sull’immunità di gregge inglesi, ma ancora più quelle brasiliane. È qui che con il presidente Jair Bolsonaro si è assistito a decisioni discutibili: se non economicamente e politicamente, umanamente parlando. Il COVID è stato l'”occasione che ha reso l’uomo ladro”, pronto ad additare gli uni contro gli altri. Tra chi non sa governare, chi lo avrebbe messo in circolazione e chi avrebbe nascosto le reali cifre di vittime e contagiati. Insomma, sotto questo punto di vista non ci si è fatto mancare nulla.
Certamente, però, non si può dimenticare chi nega l’esistenza del virus, tra proteste in piazza e manifestazioni. E poi qualcuno che è riuscito, paradossalmente, a trarne un beneficio. Ancora da quantificare, ma sicuramente una macchina da soldi al suono del “Non ce n’è Covid”.
Coronavirus, un vero e proprio one man show del 2020. La tragedia delle tragedie del 2020. La stessa che, come detto, ha fatto riassaporare le bellezze della natura: quelle bellezze falcidiate e distrutte dall’uomo. Dalle catastrofi per lo scioglimento dei ghiacciai a causa del surriscaldamento globale, a quelli provocati dall’uomo. Impossibile non citare il devastante incendio in Australia, con ben 5 milioni di ettari andati perduti. Così come quelli che hanno colpito il polmone del pianeta Terra, la foresta Amazzonica. Natura non sempre vittima, ma anche carnefice. Come accaduto in Croazia con il terremoto dello scorso 29 dicembre a Petrinja. Un 6.4 di magnitudo della scala Richter (avvertito anche in Italia) che ha mietuto vittime, feriti e provocato ingenti danni. E non possono certamente essere dimenticati anche i morti del sisma di magnitudo 7 dell’Egeo dei primi di novembre.
Dalle calamità naturali agli eventi fatali. Su tutti l’incendio scoppiato all’interno di un magazzino del Porto di Beirut. Delle fiamme diventate letali appena entrate in contatto con le oltre 2.770 tonnellate di ammonio confiscate nel 2014. Un’esplosione devastante, ripresa anche dai satelliti, che ha raso al suolo parte dell’area circostante. Oltre 200 i morti e superiore a quota 7mila i feriti.
Tra le altre tragedie di quest’anno, la scomparsa del cestista Kobe Bryant a gennaio a seguito di un terribile incidente in elicottero. Un lutto che ha segnato l’animo di molti, vicini e non al mondo del basket. Bryant, infatti, era diventato un’icona a livello mondiale per i valori che portava con sé, su tutti quello dell’ostinazione, del duro lavoro che paga sempre.
E proprio nello sport alcuni episodi sono strettamente legati al Coronavirus. Dalla diatriba che vedrebbe la sfida di marzo tra Atalanta e Valencia (valida per la Champions League) come la partita zero che avrebbe portato i contagi nel mondo del calcio… e non solo. Da lì una serie di decisioni difficili: fermare il campionato di Serie A o no? Come intervenire? Una risposta arrivata lentamente con la ripresa delle partite, seppur a porte chiuse. Stessa linea seguita anche per le competizioni continentali e per gli altri campionati europei. Ma non sono mancate le polemiche, specie con la nuova stagione. Nonostante protocolli e direttive nazionali, l’ASL di Napoli ha proibito alla squadra campana di giocare contro la Juventus. Una querelle poi risolta dalla giurisprudenza: alla fine il match si disputerà. Per la felicità di chi? Ancora non si sa. Se non per il senso che potrebbe avere in termini di classifica in base al risultato finale.
All’interno del mondo del pallone, momenti di silenzio assordante hanno contornato ogni sfida degli ultimi mesi del 2020, piangendo la scomparsa di due personaggi illustri di questo sport: Diego Armando Maradona e Paolo Rossi.
Il COVID non ha risparmiato nessuno. Atleti di ogni disciplina sono stati a rischio, alcuni dei quali contagiati. Ma, seppur isolato da questo argomento, un brivido e un’emozione positiva va certamente citata. Lo sport è la Formula 1, il protagonista è Romain Grosjean, pilota della Haas. Il 29 novembre scorso la sua auto si è schiantata contro il guardrail: auto spezzata in due e incendio. Tutti temono il peggio, ma per miracolo il pilota riporta solo qualche frattura e ustione. Provvidenziale l’intervento di un sanitario e, probabilmente, dell’istinto di salvezza e della Provvidenza.
Ultima riflessione su questo 2020 la rivolgiamo a noi. A chi ha scritto e sta scrivendo, a chi spera di avervi accompagnato in questa lettura in modo chiaro e di aver dipinto il ritratto di quanto accaduto (seppur solo in parte) nell’ultimo anno. La categoria dei giornalisti, infatti, ha ricoperto (e continuerà a farlo) un ruolo chiave nel veicolare le informazioni. Innegabile che oggi sia facile reperirle, tra social network e un mondo sempre più “vicino”. Tuttavia, in alcuni casi ha prevalso la corsa al click più che alla notizia in sé. E così, spazio alle fake news e le informazioni sbagliate perché mal interpretate. Ancora peggio alcuni casi di titoli sensazionalisti e allarmistici, prontamente smentiti dal contenuto degli stessi articoli. Sbagliare sì, ma volontariamente no. Non lamentiamoci, dunque, se poi veniamo definiti “giornalai”.
E se Voci di Città dovesse aver sbagliato involontariamente, chiediamo scusa per ogni errore, defaillance o sbavatura. Non possiamo dimenticare il nostro ruolo sociale, seppur questo mestiere sia spesso denigrato e declassato. Con queste righe, dunque, invitiamo tutti a premere “pausa” e riavvolgere il nastro, per quello che è possibile. Riflettiamo, cerchiamo di non commettere più gli stessi errori e di prendere quel poco che di positivo ci lascia il 2020. Questo il miglior proposito per l’anno venturo, con la speranza di tornare preso alla normalità.
Andrea Lo Giudice
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Sin da piccolo con la passione dello sport e con un occhio incantato e innamorato per il calcio. Il fisico e la tecnica non hanno garantito un grande successo sportivo e i videogiochi hanno “rovinato” la mia esistenza facendo nascere la vena e passione giornalistica. Da lì, anni a sognare e a lottare per raggiungere un obiettivo, raggiunto solo in parte. Ma, mai fermarsi. Tante le esperienze: televisive, radiofoniche e web. Non si sa mai dove si arriverà, ma bisogna sempre crederci. Capendo che il giornalismo non è solo ciò che piace e che, a volte, si possono trovare anche altri argomenti e stimoli interessanti.
Ad maiora