È il 22 maggio, in Italia non è ancora estate, il coprifuoco non è stato ancora abolito e si può solo assaporare qualche sprazzo di bella stagione. Nel frattempo, i Maneskin, inconsapevolmente, stanno per dare il via a un periodo d’oro per il nostro tricolore. Il gruppo rock romano (o pop rock, a scanso di fanatici della bella musica) è il fresco vincitore di Sanremo e con merito approda all’Eurovision. Durante il contest europeo stupisce praticamente tutti: giuria, addetti ai lavori, spettatori. Il fenomeno Maneskin (che da lì a poco avrebbe monopolizzato le classifiche di tutto il mondo) sta per impazzare. E tutto comincia dalla vittoria all’Eurovision Contest di Rotterdam. Erano 31 anni che l’Italia non vinceva l’ambita rassegna (dai tempi di Toto Cutugno).
Alle spalle di Damiano & co. si piazza Barbara Pravi, portabandiera della Francia. Sebbene non vi siano state proteste formali tra le autorità coinvolte, tra i media francesi serpeggia un’imbarazzante accusa proprio nei confronti del front-man romano, accusato di aver sniffato cocaina in eurovisione. Al di là dell’assurdità dell’accusa (chi si drogherebbe mai in diretta, con così tante telecamere addosso, essendo vincitore?), Damiano si sottopone volontariamente a un test anti-droga per placare dopo ben 48 ore le grottesche polemiche oltr’alpe.
L’incapacità di saper perdere contro l’Italia, o chi la rappresenta, si è appena materializzata. I Maneskin, inconsapevolmente, hanno innescato la reazione che porterà alla nostra bandiera la più gloriosa estate della sua recente storia.
Andiamo quasi un mese avanti. La nazionale di calcio italiana inizia la spedizione europea a Roma, in cui affronta Turchia, Svizzera e Galles. 7 goal, 0 subiti, primato nel girone. L’euforia è alle stelle e i primi detrattori non si fanno attendere: su tutti Barthez e Vieira. “Hanno giocato partite facili. Mancano d’intensità, potenza e ritmo. Dubito arriveranno fino in fondo“. E mentre l’Italia passa (anche se con qualche difficoltà) ai danni dell’Austria, la Francia è fuori già agli ottavi. Ironia della sorte proprio contro la Svizzera, una delle avversaria dell’Italia ai gironi.
Ma il meglio deve ancora venire. L’Italia vince con merito anche contro il Belgio e dopo una splendida semifinale (giocata all’insegno della sportività contro la Spagna) approda all’atto conclusivo. Dall’altra parte l’Inghilterra, reduce da un cammino ben più semplice e con ben 6 partite su 7 giocate a Wembley. Oltre manica non hanno dubbi: “It’s coming home“. Così come tanti addetti ai lavori. Neville: “Non riesco a prendere in considerazione l’Italia per il successo“. Ferdinand: “Inghilterra superiore, interessa poco chi sia la finalista“. Kane “Non c’è posto migliore di Wembley per vincere il nostro secondo grande trofeo“. Persino la regina Elisabetta, che nella lettera alla squadra neanche menziona la formazione azzurra, è sicura del successo.
Cosa è accaduto in quei 120 minuti più i rigori è noto a tutti. Una finale di una competizione europea giocata praticamente in casa loro (solo 7.000 i tifosi italiani presenti), l’inno di Mameli indecorosamente fischiato. Poi Donnarumma che gela l’intero stadio, per dare spazio alle urla di quei pochi a cui è stato permesso accorrere a Londra. Quell’insana incapacità di perdere contro l’Italia che si fa sempre più grande: lo stadio diserta la premiazione, buona parte dei giocatori inglesi si sfilano subito la medaglia d’argento. E non è finita qui. Perchè meno di 24h dopo spunta un’altra ridicola petizione: rigiocare la finale per condotta non imparziale dell’arbitro a causa della mancata espulsione di Chiellini su Saka (fallo tattico a centrocampo).
Gli anglosassoni non ci vogliono credere. Il percorso agevole, la finale a Wembley e quel motivetto. Sembrava tutto scritto. Peccato che per ogni battaglia va sempre preso in considerazione l’avversario. Gli inglesi non ci stanno, e si fanno prendere dall’isteria più totale, sui social e non.
Passa qualche settimana e arriviamo alla prima settimana di agosto. La squadra olimpica sta andando bene, ma non troppo: mancano alcune medaglie pesanti (dalla scherma ai tiri). Poi l’inaspettato: Tamberi e Jacobs regalano in soli 20 minuti una giornata leggendaria a tutti gli spettatori italiani. Oro nel salto in alto e soprattutto nel 100 metri piani. Quest’ultima è considerata da tutti la competizione regina delle olimpiadi. E per Tokyo 2020 nessuno aveva messo in conto l’Italia. Tanto che mai nessun azzurro prima di Marcel era approdato in una finale olimpica, figuriamoci vincerla.
In poche ore le accuse oltre oceano e oltre manica, dove erano sicuri di vincere (Hughes, inglese, squalificato per falsa partenza, Kerley, statunitense è secondo). “Nessuno pensa al doping?“; “L’exploit di questo sconosciuto è inverosimile“; “Indossava delle scarpe irregolari” e chi più ne ha più ne metta. A rispondere per le rime, proprio un inglese, ben ferrato (a differenza, evindentemente, dei tanti giornalisti anglofoni) in materia: “In marzo ero agli Europei indoor di Torun, in Polonia, dove gli ho visto vincere i 60. Ho seguito i suoi progressi. Solo chi non conosce da vicino il nostro mondo non sa chi sia“. Parola di Sebastian Coe.
Poi lo stesso Jacobs, in squadra con gli strepitosi Desalu, Patta e Tortu, firma anche l’oro nella 4×100 mista. Mai un’italia così veloce. Gli inglesi, secondi nel podio, non ci vogliono credere: solo un centesimo di secondo li separano dagli azzurri, che conquistano così un’insperata vittoria (di “corto muso” come direbbe un certo allenatore toscano). Oltre manica, con le classifiche inondate dai Maneskin e freschi della pesante sconfitta agli Europei, non ne possono più. Chiellini diventa addirittura un meme, che strattona “alla saka” Mitchel-Blake, superato proprio da Tortu negli ultimi 100 metri.
Così il Daily Mail, lapidario, sintetizza: “Not Italy Again“. “Gli sprinter britannici mancano l’oro per solo 1 centesimo di secondo, dopo poche settimane da quando l’Italia ha spezzato il cuore degli inglesi a Euro 2020“. A fare da eco anche il Times, che parla di vera e propria frustrazione. Gli spagnoli di Marca, invece, sanciscono “Definitivamente es el año de italia“, replicando per la 4×100 “El atletismo italiano asalta el Estadio olimpico de Tokyo“. Ben presto si sono accodati anche i Francesi che dopo aver definito la squadra di Mancini “Invincibles” con l’Equipe, esaltano le imprese dell’atletica con le Parisien “Sensazionale!” e Le Figaro “Staffetta italiana da favola“.
E sebbene qualche giornale inglese abbia poi applaudito le gesta nella 4 x 100 (il Guardian titola “Italia da favola“, parlando di “un’estate di successi“) in America la pessima prestazione dei propri atleti(solo sesti) mette in luce l’antisportività isterica di cui è capace il nuovo mondo. E così, dopo le accuse a Jacobs di doping sul Washington Post, improvvisamente gli Stati Uniti si girano dall’altra parte, dimenticandosi per qualche ora di Tokyo.
In copertina ci va Allyson Felix (CNN e New York Times) con il bronzo sui 400. Sport Illustrated si dedica al Giappone e il modo di vivere il karate. La rivista “The Athletic” mette in home page basket, baseball e il calciomercato della MLS. Improvvisamente, aspettando team USA nel basket (che vincerà poi l’oro) e con Michael Phelps ormai in pensione, l’America torna a parlare degli sport nazionali. Il Paese più veloce del mondo si inchina all’Italia e a differenza dei cugini inglesi sceglie l’indifferenza: “occhio che non vede, cuore che non duole” d’altronde.
Senza gloriosi polemiche (stranamente) la finale conquistata a Wimbledon da Berrettini, il film Pixar Luca e l’esplosione social di Khaby Lame. Eppure, la speranza è che anche gli intoccabili inglesi e statunitensi, da decenni al centro del mondo, riconoscano presto la grandezza di questo 2021 italiano (come fatto, ad esempio, in Francia). Avete presente il video di Google che riassume l’anno appena trascorso intorno a dicembre? Chissà quanta Italia metterà la multinazionale statunitense per questa volta.
Francesco Mascali
Fonte foto: Giuseppe Porro, Pagina Facebook nazionale, Zetanews
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»