Comode, pratiche e veloci da usare, le lenti a contatto sono considerate, ormai sempre più comunemente, validi sostituti degli occhiali. Al di là delle soggettive considerazioni estetiche, tra i vantaggi dell’utilizzo c’è sicuramente la garanzia di una visione spaziale più completa, che permette di osservare la realtà oltre i limiti rappresentati dai bordi di una montatura. Diventa così più facile praticare sport o passare da un ambiente freddo ad uno caldo, evitando, rispettivamente, il pericolo di una rottura dei vetri e un repentino appannamento di questi ultimi. La diffusione delle lenti, però, lascia i più tradizionalisti ancora scettici davanti all’innovazione, nonostante le origini delle suddette possano farsi risalire al ‘500. Sembrerebbe, infatti, che già Leonardo Da Vinci avesse osservato come, inserendo nell’occhio una piccola sfera contenente acqua, si andasse a creare tra questa e la superficie interna una continuità ottica. La non avanzata tenologia del tempo, tuttavia, non permise che tali idee si concretizzssero, motivo per cui le invenzioni delle lenti a contatto modernamente intese non possono che essere associate a personalità quali Fick, Müller e Tuhoy.
Quella che è una risorsa preziosa per chi ha difetti di vista e, dunque, per milioni di persone che oggi le usano regolarmente non si esime dal creare, qualche volta, anche dei disturbi. Stando ai recenti dati pubblicati da Optometry and Vision Science, infatti, circa la metà di coloro che ricorrono a tale soluzione lamenta qualche inconveniente più o meno grave: secchezza oculare, vista appannata, prurito, sensazione di corpo estraneo, occhi rossi. Basterebbero simili disturbi a provocare più spesso di quanto si pensi un ritorno immediato ai meno invasivi occhiali. In realtà, nella maggioranza dei casi, sarebbero sufficienti dei piccoli accorgimenti per risolvere e prevenire i fastidi provocati, che tuttavia all’insorgenza non devono essere sottovalutati; i ricercatori hanno chiarito, a proposito, l’importanza di avere un buon film lacrimale. Nonostante i netti miglioramenti degli ultimi anni nella costruzione di lenti sempre più traspiranti e sottili, comunque, portarle non è sempre semplice, in quanto si tratta ad ogni modo di un corpo estraneo. Vietata, dunque, ogni forma di iniziativa autonoma: dai più ipocondriaci ai più intraprendenti, tutt devono sottoporsi prima dell’acquisto a visite oculistiche o accertamenti preliminari quali microscopia endoteliale con conta cellule o test di Schirmer per verificare la lacrimazione e la topografia corneale.
L’utilizzo delle lenti necessita, difatti, nella pratica elevati livelli di responsabilità. Generalmente possono essere indossate per dieci ore al giorno, arco temporale che dovrebbe essere rispettato. Bisogna, intanto, idratare l’occhio, specie nel caso in cui sia secco – caratteristica comune soprattutto tra le donne oltre i quaranta e tra chi è esposto all’aria condizionata o al riscaldamento, o di chi lavora a lungo al computer.
«Vietato trascurare i disturbi: una lente a contatto utilizzata male può essere pericolosa per la vista» spiega il presidente della Società Oftalmologica Italiana, Piovella, il quale consiglia di preferire lenti monouso, per utilizzi che non vanno oltre una volta o due. «Purtroppo uno degli errori più frequenti e rischiosi è il riutilizzo delle lenti, magari senza neppure usare il collirio lubrificante». Più costose, a lungo andare, degli occhiali, le lenti richiedono anche più cautele perché l’utilizzo sia del tutto sicuro e perché ciò avvenga in condizioni di elevata igiene e pulizia al ripati da eventuali contaminazioni, specie nel passaggio alla soluzione per la conservazione. Anche se, di solito si tende ad evitare l’uso tra i bambini, non c’è un momento giusto per iniziare: in questo caso contano la consapevolezza e la prudenza più dell’età.
L’evoluzione delle lenti a contatto non , in ogni caso, ancora terminata e sulla base di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Ophthalmology, ci si aspetta possano diventare addirittura curative. La loro efficacia è stata per il momento testata su quattro scimmie malate di glaucoma e i risultati ottenuti sono stati sorprendenti. «Nel nostro piccolo studio abbiamo osservato che le lenti caricate con basse dosi di farmaco latanoprost sono efficaci quanto le gocce nel ridurre la pressione dell’occhio, mentre le lenti caricate ad alte dosi hanno ottenuto risultati ancora migliori». Il glaucoma è, invero, una malattia, causata dall’aumento della pressione all’interno dell’occhio e colpendo circa un milione di italiani (molti dei quali ignari) è una delle principali cause di cecità nel mondo. L’unico modo per tenerlo sotto controllo è la somministrazione di farmaci sotto forma di colliri da instillare più volte al giorno.
Da anni, in realtà, si prova a servirsi delle lenti come veicolo di medicinali, ma finora il farmaco veniva rilasciato troppo velocemente per ottenere risultati soddisfacenti. Il dispositivo creato dagli esperti del Massachusetts Eye and Ear Infirmary, invece, eroga il farmaco nell’arco di una trentina di giorni. Il medicinale, infatti, viene trattenuto da una sottilissima pellicola polimerica, sul bordo della lente, che lo rilascia gradualmente. Al centro, per una più elevata idratazione dell’occhio, oltre che per mantenere l’acuità visiva ed eventualmente correggere difetti, rimarrà trasparente. «Con una bassa concentrazione di farmaco le lenti sono risultate efficaci come il classico collirio, aumentando la dose diventano ancora più potenti senza causare tossicità: sono perciò promettenti, perché si stima che circa un paziente con glaucoma su due abbandoni le cure a causa delle scomodità e difficoltà connesse al dover instillare ogni giorno le gocce oculari», spiegano gli autori.
Concetta Interdonato
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