Le origini del caffè risalgono ad alcuni secoli fa e sono ancora dibattute. Le prime piante sarebbero state trovate a Caffa, in Etiopia, nel XIII secolo e poi esportate in Yemen e su fino alla Mecca, in Arabia, dove veniva degustato già dal XV secolo. Il successo di questa bevanda fu determinato in parte dal divieto della religione islamica di bere vino, al quale per l’appunto si sostituiva il caffè, ed alla potenza dell’Impero Ottomano che lo commerciava fino in Austria. Nel 1600 giunse, infine, in Europa e presto si diffusero caffetterie nel Regno Unito e in Francia, mentre il celebre Caffè Florian di Venezia aprì nel 1720. La bevanda non ottenne subito un consenso unanime, soprattutto perché provenendo dalla cultura musulmana, la Chiesa cattolica ne osteggiò l’uso. Si narra, tuttavia, che Papa Clemente VIII, dopo averlo assaggiato, l’abbia benedetto per renderlo legittimo.
Grandi esponenti del mondo della cultura ne hanno decantato le lodi nel corso del tempo, come Verdi secondo cui era «il balsamo del cuore e dello spirito» o Balzac, che ne beveva 50 tazzine al giorno. In Italia il consumo di caffè è minore rispetto al Nord Europa: “solo” 5,8 kg a persona in un anno contro i 12 kg dei finlandesi. Secondo i dati della Camera di Commercio di Milano, International coffee Organization e De’Longhi, il 97% degli italiani beve almeno un caffè al giorno, ma la media nazionale è di 4. La tazzina più economica è a Napoli (0.91 centesimi), mentre la più cara a Torino (1.10€), nulla in confronto ai 4,50€ della Norvegia! Questo elisir liquido è diventato un simbolo della Penisola italiana, soprattutto nel tipico formato espresso (cioè la tazzina da 20-25cc), molto diverso rispetto alle grandi tazze in cui viene servito all’estero.
È inoltre un’abitudine tutta italiana quella di berlo a fine pasto. All’Italia si deve, inoltre, la creazione del cappuccino negli anni Trenta, il quale ormai è oggetto di molte rivisitazioni in tutto il mondo, come ad esempio la latte art. Sebbene il caffè venga spesso consumato in velocità, nella caoticità del bar alla mattina, ci sono alcune usanze che accomunano tutti o quasi. Innanzitutto si pone il dilemma dell’acqua: al Nord il bicchierino accanto alla tazzina non è scontato, mentre al Sud sì, qual è la scelta migliore? Ebbene sì, l’acqua prima dell’espresso è necessaria: questa usanza è nata quando le caffetterie producevano la propria miscela, perciò il cliente era invitato a pulirsi il palato da altri sapori per poterla gustare al meglio.
Secondo, caffè amaro o zuccherato? I puristi sceglieranno la prima opzione, rivolgendo un’espressione di stizza a chi invece lo preferisce dolce. Non c’è, però, una regola fissa, anzi sembra che lo zucchero possa in certi casi risaltare delle note aromatiche altrimenti nascoste. Nella città del caffè per eccellenza, cioè Napoli, i baristi di solito zuccherano la tazza, ma dopo averci versato la bevanda non bisogna mescolare. Certe volte, il piccolo piacere viene anche accompagnato da un cioccolatino e si ripresenta la domanda: prima o dopo? Questa volta dopo, perché l’amaro “addormenta” le papille gustative, le quali reclamano un po’ di dolce. Alcuni ricercatori della University of Georgia hanno condotto uno studio da cui è emerso che la combinazione caffeina più cacao aumenterebbe la produttività e l’attenzione. Infine, l’ultimo dettaglio a cui bisogna prestare attenzione è la tazzina: deve essere rigorosamente calda.
Insomma, il caffè è per tutti i gusti e ognuno può adattarlo alla propria personalità come crede, inoltre è una delle poche cose sul quale tutto il mondo è d’accordo.
Anna Colombo
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