Sono 303.001 i casi di Coronavirus, 12.950 i morti e oltre 91mila i guariti. Questi i numeri al 21 marzo 2020. Purtroppo, però, sembra che le statistiche continueranno a peggiorare. Un vero bollettino di guerra… mondiale in questo caso. Nessun Paese, né continente, è stato risparmiato dal Covid-19.
Impossibile prevedere quando e come si fermerà la pandemia. Anche se la Cina e Wuhan sembrano lentamente uscire da questa situazione, in grado dimettere in ginocchio chiunque, indipendentemente dal proprio sviluppo economico, sanitario e sociale.
Dagli Stati Uniti, che stanno provvedendo con misure restrittive (sempre più in linea con gli orientali, l’Italia e gran parte del resto d’Europa), all’intera Africa, di cui ancora si sa poco, complice il basso numero di tamponi effettuati e un sistema sanitario che, probabilmente, mostra e mostrerà i suoi limiti.
Limiti venuti fuori anche dove sembravano esserci maggiori garanzie e tecnologie all’avanguardia e, adesso, con lo spettro del collasso alle porte. Un sistema sanitario “demolito”. L’ultimo che si aggiunge alla lista è quello spagnolo, con i posti letto interamente occupati nella capitale, Madrid, e che sarà presto saturo qualora i numeri continuassero a crescere in modo esponenziale come accaduto fino a ora.
Come se non bastassero già gli effetti negativi sull’economia causati dalle misure restrittive legate al diffondersi del Coronavirus. Un crollo provocato dalle serrande abbassate, aziende al rallentatore e attività ferme, fatta eccezione per quelle di prima necessità.
Tornando in casa nostra, inquietante come il Bel Paese sia quello con il maggior numero di morti (più della Cina) e di contagiati nel Vecchio Continente. In molte regioni, tra cui quelle maggiormente colpite, come la Lombardia, non ci sono più posti nei nosocomi. Diverse le soluzioni: dagli accampamenti esterni al recupero di strutture dismesse o inutilizzate. Difficile, anche se non impossibile, il trasferimento in altre regioni, che devono far fronte ai casi “interni”.
Emblema della crisi del sistema sanitario la ricerca di medici, seppur a tempo determinato, e l’arrivo di delegazioni da altri Paesi. Così come il ritratto di guerra e dopoguerra che emerge da deceduti trasportati a bordi di mezzi dell’esercito e a seguito dalla necessarie misure restrittive.
Queste ultime non recepite da tutti, neanche nelle famigerate zone rosse. Quest’ultimo punto, forse, è quello che fa più paura dello stesso virus. La mancanza di buon senso e una scarsa capacità a comprendere il momento difficile e di rischio per l’umanità, per chi ci sta vicino, per se stessi. A nessuno è negata la possibilità di uscire per esigenze di prima necessità, ma altre attività che facevano parte della nostra quotidianità possono essere accantonate, sacrificate o modificate, almeno per il momento.
Un momento che, con ogni probabilità, andrà oltre il 3 aprile (data prevista della fine delle restrizioni). Il tempo di scadenza si avvicina, ma i casi e le vittime aumentano. Il picco, secondo alcuni studiosi, è atteso per questa settimana. Gli effetti del lockdown sembrano ancora non vedersi, purtroppo. Anche se, guardando fuori e alla Cina, questa sembra essere la strada giusta.
Non resta che continuare, ognuno con i propri mezzi, questa battaglia, che non vede gli uni contro gli altri, ma tutti contro un unico nemico: il Coronavirus. E, alla fine, #andràtuttobene.
Andrea Lo Giudice
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