La scoperta dell’egittologo britannico Howard Carter, avvenuta nel novembre del 1922, ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell’archeologia. In quell’anno, infatti, lo scavo sistematico dell’intera Valle dei Re, a Luxor, porta al ritrovamento del corredo funerario (compresi il sarcofago e i vasi canopi) di Tutankhamon, sovrano egizio della XVIII dinastia. Conosciuto come il faraone bambino, a causa della morte prematura avvenuta a soli 18 anni, sembra che soffrisse di una malattia ossea chiamata equinismo al piede sinistro, stando a degli studi recenti. Ciò comportò per lui, sicuramente, una grande difficoltà nel camminare, accompagnata anche da una cagionevolezza vera e propria, probabilmente legata a uno squilibrio ormonale: si ipotizza, infatti, che Tutankhamon fosse frutto di un incesto tra fratelli, Akhenaton e Nefertiti.
Da poco, grazie all’uso del georadar è stato possibile effettuare degli esami nella camera sepolcrale di Tutankhamon: proprio la scorsa settimana, a Luxor, il ministro delle Antichità egiziano Mamdouh Eldamaty ha annunciato che «dietro i muri nord e ovest si celano al 90% delle scoperte archeologiche». Va ricordato quanto già noto: il giovane faraone pare sia stato seppellito in fretta, subito dopo la morte, in una tomba destinata non a lui, bensì a qualcun altro. Nicholas Reeves, egittologo britannico, sostiene che verranno effettuati ulteriori accertamenti per capire se davvero si cela una camera nascosta dietro quelle pareti, fiducioso nel fatto che gli studiosi possano trovarsi vicini a un’altra sensazionale scoperta: la tomba di Nefertiti, che si ipotizza fosse la vera madre di Tutankhamon.
Resta, comunque, un certo scetticismo, dovuto al fatto che probabilmente, in base alle prove del DNA, la Regina potrebbe già trovarsi al Museo Egizio de Il Cairo, insieme ad altre mummie rinvenute alla fine del 1800. Un’altra ipotesi, infatti, lega la camera segreta alla tomba di Kiya, un’altra moglie di Akhenaton. Naturalmente, i risultati finali si faranno attendere per almeno un mese ancora, mentre gli archeologi di tutto il mondo sperano di poter rivivere presto le emozioni del 1922.
Martina Lo Giudice
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