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Intervista a Davide Dormino, autore di “Anything To Say”
20 Maggio 2015
IncontriSocietasAttualità

Intervista a Davide Dormino, autore di “Anything To Say”

Home » Attualità » Incontri » Intervista a Davide Dormino, autore di “Anything To Say”

dorminoAnything To Say è un progetto ideato dallo scultore italiano Davide Dormino e lo scrittore americano Charles Glass. È un public Art Project for Freedom che nasce dall’incontro svoltosi a luglio 2013 tra i due artisti: è un tributo al coraggio e alla libertà di parola e di pensiero, valori difesi da entrambi. Da queste premesse è nato il gruppo scultoreo in bronzo che raffigura in dimensioni reali Julian Assange, Chelsea Manning ed Edward Snowden, tre eroi della comunicazione, uomini controversi che, per scelta, nel segno della libertà, hanno sfidato il potere e ora ne stanno pagando le conseguenze. Tre figure in piedi su tre sedie, con accanto una quarta che, al contrario delle altre, è vuota: simbolo e invito alla partecipazione attiva dello spettatore, nel tentativo di convincerlo a salirci sopra, dicendo la propria ed esponendosi. Il messaggio, in effetti, è proprio questo. Molti non passano dal pensiero all’azione, mantenendo le proprie intenzioni solo allo stato di idee potenzialmente realizzabili.

La scultura è itinerante, viaggia per le piazze più importanti d’Europa. Il suo percorso è partito da Berlino l’uno maggio 2015, esattamente da Alexanderplatz. Oltre i principali ideatori, hanno contribuito anche Clara Tosi Pamphili (architetto), Jean-Michel Boissier (scrittore), Vaughan Smith (reporter), Alfredo Accatino (direttore creativo) e Marco Benagli (scultore). I firmatari, invece, sono: Noam Chomsky, Roberto Saviano, Daniel Ellsberg, Mario Marazziti, il parlamentare italiano, Presidente del comitato per i Diritti umani Henry Porter, Reporters sans Frontières Stefania Maurizi e Partito Pirata. Le dimensioni dell’opera sono: altezza 1,90×1,50×3,50 mt per un peso di 10 qt circa.

Davide Orlandi Dormino è uno scultore di origine italiana nato il 19 giugno 1973. Lavora presso la RUFA (Rome University of Fine Arts). In ogni sua opera c’è un collegamento con la monumentalità. Dormino persegue una ricerca di senso attraverso il riferimento a tematiche imprescindibili per l’uomo, quali la storia e la memoria. La sua scultura potrebbe definirsi antica; i suoi materiali prediletti sono ferro, marmo e gesso.

Anything To SayAnything To Say è un modo per condannare la paura di parlare e la censura di scomode verità. Il suo progetto denuncia l’omertà della società, ce ne saranno altri?

«Anything To Say è una scultura in bronzo, a grandezza naturale, che raffigura tre personaggi scelti come simbolo: Julian Assange, Edward Snowden e Chelsea Manning in piedi su tre sedie. Poi vi è una quarta sedia vuota per noi che vogliamo salirci: è il primo esempio di scultura itinerante e interattiva. Pur avendo tutta la tradizionale forza del monumento pubblico, si muove e vuole che la gente si muova. Viaggia per il mondo, si sposta per far capire alle persone che devono spostarsi per vedere meglio, salendo su una sedia anche a rischio di cadere. Si muove perché è il monumento di tutti, non di un credo politico o religioso, non di un Paese solo: il coraggio di uomini come Snowden é per tutti. La dimensione mondiale del problema fa sì che ognuno di noi sia coinvolto e che si senta “difeso” dal coraggio di chi svela il sistema con cui vengono indirizzate le nostre scelte oltre che motivate guerre inutili.  Assange, Snowden e Manning sono stati scelti come esempio di rivoluzionari contemporanei, eroi controversi, soggetti amati e odiati ma comunque capaci di scardinare le regole di un sistema di controllo che gestisce tutte le nostre vite. Per nostra fortuna, sono tanti gli artisti che operano in questa direzione utilizzando vari mezzi espressivi, poiché l’arte ha da sempre la potenza di indicare una direzione e di aprire un varco per mostrare agli altri una visione diversa. Personalmente, la mia ricerca è alimentata dal ruolo socio-politico dell’arte, con l’intento di creare sempre un ponte».

Qual è il suo parere su ciò che sta accadendo in Medio Oriente per quanto concerne il fenomeno ISIS? Lì la libertà di parola è praticamente nulla: cosa ne pensa?

«È molto complesso e brutale quello che sta accadendo in Medio Oriente. Un fenomeno certamente pericoloso è la guerra condotta tramite il web: un video è una bomba che entra in ogni casa, non risparmia nemmeno i bambini perché arriva dalla stessa porta da cui entrano i video dei cartoni animati. Ogni giorno crediamo di aver visto il peggio ma alle decapitazioni poi si aggiungono i roghi e la cosa più assurda è la naturalezza con cui la guerra si colloca sui nostri computer, vicino al gattino che gioca o alla foto della cena di compleanno di un cugino. Un meccanismo perfetto da cui non possiamo più uscire, una prigione di dati che non sappiamo distinguere e ingoiamo cerebralmente fino a che non moriremo di paura. È una guerra perenne dove ogni tanto, per fortuna, qualcuno cerca di attirare l’attenzione sul pericolo anche sabotando il sistema, eroi quotidiani che pagano per le loro azioni: la storia ha sempre considerato successivamente il valore dei rivoluzionari spesso considerati spie o traditori, chi smonta tutto spaventa perché spinge a riflettere per capire altre soluzioni».

Roberto SavianoTra i firmatari del progetto figura anche Roberto Saviano. Contestualizzando la scultura all’interno del panorama italiano, chi oltre a lui potrebbe essere rappresentato sulle sedie?

«Roberto Saviano ha sposato la causa in maniera assolutamente spontanea, contattandomi e chiedendomi in che maniera avrebbe potuto aiutarmi. Da anni sta pagando un prezzo altissimo, come tanti altri, per aver rivelato verità. Lui su quella sedia è già salito. Nel nostro Paese tanti sono i paladini della verità, ogni città è piena di gente comune o personaggi più esposti che da sempre lottano per la democrazia, la giustizia e il libero pensiero. Cittadini, giornalisti, magistrati, poeti e scrittori giustiziati, censurati o lasciati soli: sono loro il motivo della sedia vuota».

È molto particolare l’idea di mettersi in piedi sopra una sedia per rappresentare il coraggio di esercitare la propria libertà di espressione: com’è giunto a questa intuizione?

«Anything To Say celebra un gesto semplice: quello di salire in piedi su una sedia. La sedia è un elemento di uso quotidiano, confortevole, e spesso si sa che quando si sta “comodi” non ci si evolve. È l’azione che ci fa crescere. Il segreto è uscire dalla propria zona di confort. Viene da pensare al film L’attimo fuggente: lì il professore (Robin Williams) invita i suoi giovani studenti a salire in piedi sulla cattedra per cambiare prospettiva. Questa scultura vuole essere ambasciatrice di questo pensiero».

Francesco Raguni

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