Da decenni, ormai, una fetta di giornalismo italiano tende ad allontanarsi dalla realtà, nonostante il suo compito debba essere proprio quello di riportarla fedelmente. Il suo obiettivo è diventato, qiundi, quello di fare scoop, possibilmente senza alcuna effettiva relazione con i fatti.
Fra i tanti esempi eclatanti c’è l’argomento droga, il quale ha da sempre un’estrema risonanza nazionale, pur essendo l’Italia un Paese in cui il consumo di sostanze stupefacenti è minore rispetto a molti altri, e in cui l’ecstasy non figura esattamente come quella più pericolosa. Basta sentire parlare di un giovane morto per assunzione accidentale o meno di pasticche o di altri allucinogeni perché spuntino come funghi storie simili dappertutto, molte dele quali non sono verificate adeguatamente prima di essere emanate, e, in aggiunta, influiscono negativamente su chi ha vissuto veramente drammi del genere. Caso analogo riguarda le violenze domestiche, gli stupri e gli infanticidi, per i quali si perviene talvolta a conclusioni affrettate o a giudizi sommari al solo fine di alimentare gossip e curiosità morbosa sulle vicende riportate, senza la volontà, invece, di agire al fine di un’informazione sana, critica e rispettosa delle persone coinvolte personalmente.
Da qualche anno a questa parte, per di più, con l’ascesa di Internet come contenitore di flash news, i classici bollettini informativi sono, in un certo senso, passati in secondo piano, poiché a chiunque bastano uno smartphone e una connessione per tenersi aggiornati istantaneamente di ciò successo nel mondo. La conseguenza? Non sempre si è davvero sulla notizia, dal momento che il Web tende a far circolare informazioni inerenti a fatti accaduti anche anni addietro, facendoli passare come recenti, nonché a diffondere notizie prodotte da reporter occasionali – in seguito allo scatto di fotografie con relativa descrizione su episodi a cui hanno assistito, quasi certamente, senza neppure averlo previsto. Ne risulta un’informazione frammentaria, frammentata e non sempre completa e di qualità, nonché aggiornata.
Un’altra peculiarità che chiarisce il concreto cambiamento avvenuto in certo svolgimento dell’attività giornalistica è il linguaggio: da forbito e tecnico qual era, si è trasformato in un idioma alla portata di tutti, talvolta carico di espressioni afferenti a un registro poco elevato e che poco spinge a una seria riflessione sugli avvenimenti. Elaborare le notizie per mezzo di una terminologia maggiormente adeguata al contesto, infatti, condannerebbe gli articoli in questione a essere letti da ben pochi individui, eventualità naturalmente da scongiurare. Quello che alcuni pubblicisti tendono a fare è, quindi, riscrivere le inchieste svolte utilizzando un gergo che non è stato davvero impiegato dall’intervistato: ciò che al giorno d’oggi cercano i lettori, infatti, è la veridicità delle notizie, frammista a un codice che permetta loro di carpire senza indugio l’argomento trattato, come se rientrasse nella comunicazione quotidiana di cui tutti sono protagonisti in contesti informali.
La “vecchia” classe giornalistica non sempre accetta di buon grado i mutamenti che il quinto potere sta subendo e sostiene il tangibile bisogno del giornalismo di dotarsi di professionisti, capaci di aprirsi mentalmente alle metamorfosi che il futuro ha in serbo, ma che sappiano approcciarsi oggettivamente alla realtà attuale, con scrupolosa attenzione al linguaggio di cui avvalersi per la stesura dei propri pezzi. D’altronde, come specifica proprio il linguista e filosofo statunitense Noam Chomsky, «ciò che è in bocca ai parlanti si può dire», ma a patto che, in ambito informativo, si prendano come punto di riferimento dei parlanti di una certa maturità intellettuale e di ragionamento, come ci si aspetta puntualmente da parte di chi ha la responsabilità di Informare.
Anastasia Gambera
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Anastasia è una studentessa in Scienze e Lingue per la Comunicazione, ama la musica degli anni 70’, 80’ e 90’; possiede, infatti, un repertorio mentale senza eguali. Innamorata pazzamente del suo ragazzo, sassofonista e con la passione per la scrittura, vorrebbe diventare una giornalista, una calciatrice e, forse, anche una mamma spericolata.