La fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica, la prima onlus italiana interamente dedicata agli studi per le nuove cure di questa malattia genetica, ha portato avanti, durante la campagna natalizia, una raccolta fondi finanziata attraverso la vendita dei panettoni Fiasconaro, celebre azienda artigianale siciliana che da oltre 60 anni è leader nel settore dolciario.
Dietro le quinte di questa onlus, operano ben 130 delegazioni in tutta Italia, con 10.000 volontari che raccolgono fondi e fanno informazione sulla malattia, investendo, dal 2002, ben 20 milioni di euro per la ricerca, la quale ha fatto, ultimamente, dei veri passi da gigante. Dietro la raccolta fondi dei panettoni, dunque, proprio come dietro altre iniziative, lavorano persone come noi, che dedicano gran parte della loro giornata alla ricerca per la fibrosi cistica; noi abbiamo incontrato una di queste persone, Michela Puglisi, responsabile della delegazione di Catania e madre di Giada, una bambina di 13 anni, malata di fibrosi cistica.
Ciao Michela, ci viene naturale chiederti, anzitutto, cos’è la fibrosi cistica?
«Salve a tutti! In breve, la fibrosi cistica è una malattia dovuta al malfunzionamento della proteina CFTR, la quale provoca una produzione di un muco molto denso che ostruisce le prime vie respiratorie come bronchi e polmoni e, mandando in disfunzione questi ultimi, genera una scarsa capacità respiratoria nei soggetti affetti da questa patologia genetica. Questi muchi, inoltre, interessano anche i più importanti organi interni come pancreas, fegato e reni e, una volta consolidatisi, operano come dimora per i germi più comuni che, quando si annidano, diventano difficili da sradicare con i farmaci più comuni: è qui che la fibrosi cistica diventa un reale pericolo. Questa malattia è inoltre definita dagli esperti con il termine “invisibile”, dato che dall’esterno è praticamente impossibile riconoscere un malato di fibrosi cistica ed è appunto per questo che è poco conosciuta da gran parte della popolazione».
Quali sono le cure alla quale sono sottoposti i malati di fibrosi cistica come Giada?
«Molto dipende dalle varie mutazioni genetiche della malattia. Mia figlia, ad esempio, presenta quella più pesante, che intacca pancreas e polmoni, ma allo stesso tempo quella più conosciuta e con maggiori studi al riguardo. Giada ogni mattina, prima di andare a scuola e ogni sera prima di andare a dormire, deve sottoporsi ad una terapia di aerosol e drenaggio per la pulizia dei polmoni, la quale si deve combinare all’uso di vari tipi di farmaci. La prassi, però, non è sempre questa: da due anni ormai, nel caso di infezioni gravi, Giada è costretta a stare nel letto di un ospedale, per affrontare un ciclo di flebo della durata di 15 giorni, che abbassano notevolmente la carica batterica causata da alcuni germi annidati da due anni nei suoi polmoni. Un grande sacrificio per una bambina di 13 anni, certo, ma un sacrificio che le permette di vivere una vita più o meno normale rispetto agli altri ragazzini della sua età».
Com’è cambiata la tua vita da quando Giada è nata?
«Non lo capisci fin quando non ci sei dentro. È una malattia che va vissuta giorno per giorno, senza avere l’ansia del domani. Per me ogni respiro di mia figlia è una conquista, soprattutto perché al momento della sua nascita la fibrosi cistica era praticamente sconosciuta. Io la vivo così, come una corsa contro il tempo, dove intreccio gli impegni della mia vita con il volontariato. Ormai il mio tempo libero è diventato ricerca, faccio tutto questo gratis, tralasciando gli oneri familiari per seguire queste cose, è un sacrificio che è difficile far conciliare con tutto il resto, ma che mi rende felice, perché ogni respiro di mia figlia è preziosissimo, noi ci godiamo ogni attimo fino in fondo».
Come funzionano le iniziative che periodicamente la fondazione lancia e gestisce?
«La fondazione mette migliaia di progetti al bando e che sono incentrati su un dato studio. Io, con l’aiuto delle altre delegazioni a me vicine, come quelle di Palermo e Vittoria, mi impegno nel finanziarlo e, una volta che viene raccolta la cifra stabilita, i soldi vengono donati a questo studio il quale passa ben 3 fasi prima di essere testato e approvato per produrre un vero e proprio farmaco. In questo momento il tenore di vita dei bambini affetti da fibrosi cistica non supera i 40 anni, un dato che però non guardo più: siamo in una fase in cui la ricerca è a buon punto, certo a volte i farmaci non danno i risultati che speriamo e non risolvono del tutto la malattia, guarendo al 100%, ma la speranza è sempre l’ultima a morire».
Come vivi le iniziative che porti avanti di mese in mese?
«Ogni volta miro molto a dare la testimonianza della mia situazione, non per compassione, bensì per informazione: pochi conoscono questa malattia e pochi sanno che ogni 25 persone c’è un portatore sano di questa malattia, questo vuol dire che documentarsi è fondamentale, perché il rischio di un figlio malato di fibrosi cistica è del 50% in una coppia su 600. Tramite i vari progetti però ho anche incontrato persone straordinarie, persone che ho conosciuto per colpa di una malattia, ma che hanno mostrato tutta la loro solidarietà e che adesso sono anche amici fidati».
Tra queste persone c’è anche Delia, una ragazzina che frequenta il liceo scientifico Concetto Marchesi e che ha fatto conoscere quest’iniziativa a Giuseppe Trovato, rappresentante del suddetto istituto, il quale ha voluto divulgare, tramite una rete di scuole Catanesi, l’iniziativa dei panettoni Fiasconaro, riscontrando risultati più che positivi: «Conoscendo Michela, ho riscontrato la necessità di riportare questa iniziativa nella provincia di Catania – afferma lo stesso Giuseppe – Ho cominciato, grazie ad amicizie e alla consulta provinciale di Catania, creando una rete di scuola con l’obiettivo di sensibilizzare gli studenti su questa tematica importante, che, effettivamente, è ben poco conosciuta alla maggior parte dei miei coetanei»
Le scuole interessate sono state: i licei catanesi Galileo Galilei, Nicola Spedalieri , Mario Cutelli, Concetto Marchesi, e Principe Umberto, coinvolti anche il Convitto nazionale Mario Cutelli, il liceo De Sanctis di Paternò e i licei di Acireale Gulli e Pennisi e Archimede. «Creare questa rete di scuole – Continua il rappresentante del Concetto Marchesi – è stato un obiettivo importantissimo, bisogna dimostrare che le scuole quando sono chiamate a contribuire a queste iniziative rispondono in maniera efficace e attiva. Siamo riusciti a vendere 250 panettoni, dimostrando che si possono raggiungere numeri veramente importanti. La consulta deve essere attiva sotto questo punto di vista sempre e mi auguro che nel futuro vengano prese a cuore altre iniziative del genere».
Francesco Mascali
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Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»