La sera è il momento della giornata in cui ci sentiamo più affaticati e il nostro cervello, molto spesso, rischia l’ingolfamento informativo. Due ricercatori italiani spiegano perché quando ci sentiamo stressati o sotto pressione preferiamo “dormirci su”, rimandando le decisioni al mattino seguente.
Durante la giornata, siamo costantemente sottoposti a nuovi stimoli e apprendimenti che il nostro cervello immagazzina e collega al suo interno attraverso i neuroni: questi collegamenti sono chiamati sinapsi (struttura che permette la comunicazione tra i neuroni o con altre cellule). Non tutte le informazioni che immagazziniamo durante la giornata però sono fondamentali e per questo motivo, grazie al meccanismo automatico studiato dai ricercatori, chiamato “ipotesi dell’omeostasi sinaptica” è stato dimostrato come durante la notte riusciamo a “dimenticare” in maniera intelligente.
Giulio Tononi e Chiara Cirelli, due neuroscienziati italiani che lavorano al Wisconsin Center for Sleep and Consciousness, hanno pubblicato sulla rivista Science questa innovativa teoria, frutto di uno studio durato quattro anni e realizzato sui topi. Utilizzando un microscopio elettronico con scanning seriale 3D, sono state fotografate quasi settemila diverse sinapsi e per ciascuna di esse effettuate precise misurazioni. Chi le effettuava non sapeva se stava osservando sinapsi provenienti da topi svegli da molte ore o appena usciti da un bel sonno ristoratore, ed è così che si è scoperto che quelle provenienti da topi che avevano appena dormito erano più piccole, poiché erano andate incontro al fenomeno del pruning, termine inglese il quale indica, appunto, il processo della “potatura” delle informazioni. In pratica, spiegano, quando una sinapsi viene attivata durante la giornata, cresce in forza, processo fondamentale per l’apprendimento e la memoria. «Il sonno rigenera e riequilibra il cervello, sfoltendo la nostra “foresta” neuronale. Da svegli, siccome siamo esposti a un ambiente che cambia, impariamo di continuo nuove cose (magari anche irrilevanti) e ciò rafforza le connessioni tra i neuroni, inspessendo le sinapsi. Ma a un certo punto potrebbe non esserci più spazio per nuove connessioni e non riusciremo più a imparare nulla.» – dichiara Chiara Cirelli – «Dormire risolve il problema assottigliando le sinapsi: in questo modo, i ricordi irrilevanti vengono eliminati, al contrario di quelli importanti che si consolidano grazie al minor affollamento del cervello».
La conferma è arrivata anche dalla biochimica, quando il dottor Graham Diering, attraverso lo studio di alcune proteine del cervello dei topi, ne ha individuata una in particolare chiamata Homer1A, la quale sembra essere proprio quella che svolge il lavoro di potatura sinaptica durante il sonno. Queste scoperte saranno fondamentali anche per capire meglio il rapporto tra i farmaci utilizzati contro l’insonnia e i loro effetti collaterali, come le difficoltà di memoria che si rendono evidenti dopo un uso prolungato. Probabilmente, oltre a far dormire, vanno a interferire con il meccanismo del pruning, impedendo così il formarsi di nuove memorie stabili. Se questa ipotesi venisse confermata, la ricerca dovrebbe rivedere la produzione di questi farmaci, cercando di limitarne gli effetti collaterali.
Sara Forni
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