Correva l’anno 1960, quando il Tropical Race 4 (TR4), ceppo di un fungo parassita così potente da distruggere (in un periodo che va dai due ai tre anni) un quantitativo enorme di ettari di coltivazioni bananiere, iniziava il suo viaggio dall’Indonesia: grazie alle navi dei mercanti, si diffuse rapidamente prima in Cina, poi in Taiwan e infine nel resto dell’Asia Meridionale. Da lì passò per il Pakistan, il Libano, la Giordania, l’Oman e il Mozambico, arrivando persino in Australia. Mezzo secolo per prendere sotto il suo giogo tre continenti su cinque. Tuttavia, la marcia del TR4 non si è ancora arrestata: secondo, infatti, un nuovo studio pubblicato sulla rivista PLoS Pathogens, le piantagioni di banane sono destinate a una lenta quanto certa estinzione. La produzione del frutto più venduto al mondo è, pertanto, seriamente a rischio.
Il fungo del banano ha due caratteristiche base: è resistente ed impossibile da staccare; inoltre, a oggi, non esistono pesticidi capaci di debellarlo. Il primo sintomo è l’agente patogeno del parassita, il quale impedisce alla pianta di attingere all’acqua e agli elementi che la nutrono. Le strategie di contenimento si stanno rivelando del tutto inutili: per i ricercatori, nonostante in sud America (da cui proviene circa l’80% dell’esportazione mondiale di banane) le coltivazioni non siano ancora state intaccate, manca davvero poco. Per di più, il suddetto morbo colpisce sempre la stessa qualità del frutto, la Cavendish (il quale occupa il 95% del mercato totale inerente questo prodotto): poiché monocoltura – la cui assenza di biodiversità spiana la strada ai parassiti che vogliono aggredire l’albero – è facilmente vulnerabile
In base agli ultimi dati ISTAT, l’Italia, che ha come principali fornitori di banane Ecuador, Colombia e Costarica, ha importato – nel 2014 – solo 690, 8 milioni di chilogrammi di banane: ciò ha determinato un incremento dei consumi del 7% rispetto al 2013. La FAO, invece, afferma che la produzione mondiale è addirittura quintuplicata rispetto all’anno zero del TR4, ovvero il 1960. A oggi, secondo l’ente pubblico in questione, si sfiorano le 110 tonnellate di banane l’anno, per un commercio del valore di 11 miliardi di dollari. Tutto il mondo è in pericolo, ma in questo momento i casi più gravi sono in Taiwan, ove il fungo ha piegato l’economia bananiera riducendone le esportazioni al 2% rispetto agli anni d’oro di tale mercato. In base a quanto riporta La Repubblica, diverse stime sostengono che se la peste delle banane dovesse arrivare a corrodere tutto il mondo, zone immuni comprese, danneggerebbe – tra lavoratori, popoli (la cui alimentazione è basata su questo articolo), esportatori, eccetera – circa 400 milioni di persone.
La storia, come sempre, insegna: non è il primo caso quello del Tropical Race 4. Nel 1950, un’altra “malattia di Panama”, il Black Sigatoka, portò quasi all’estinzione la Gros Michel, qualità di banana più diffusa allora. Ciò spinse i produttori a concentrarsi su un nuovo tipo di frutto. Se la Cavendish dovesse fare la fine della sua consanguinea, resterebbe solo da sperare che l’evoluzione della specie, in questo caso delle banane, dia al mondo una nuova qualità di esse, magari più resistente.
Francesco Raguni
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