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Bologna, “ricca signora che fu contadina”, ora piena di Salvini
05 Novembre 2015
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Bologna, “ricca signora che fu contadina”, ora piena di Salvini

Home » Città » Bologna » Bologna, “ricca signora che fu contadina”, ora piena di Salvini

MATTEO SALVINIBOLOGNA – Tra 5 giorni Matteo Salvini si recherà a Bologna per presentare il proprio programma di riforme e l’evento è già stato ampiamente pubblicizzato su Facebook e su altri social network (su Telegram è stato messo persino il SalviniBot). La lista di cambiamenti varata su liberiamoci.com e avente come slogan «e ripartiamo!», è molto vasta ed interessa non solo i pensionati e gli invalidi, ma anche ogni categoria di lavoratore (tassisti, insegnati, autotrasportatori, commercianti, poliziotti e infermieri), nonché le associazioni sportive dilettantistiche. Non potevano mancare, da parte del segretario del Carroccio, alcune “frecciatine” ai nemici: in primis alla Boldrini e alla Fornero, quest’ultima accusata per la riforma inerente alla legge sulle pensieri, in secundis J-Ax (con cui Salvini ha avuto diversi scontri mediatici) e in terzis Monica Rossi, moglie del sindaco di Casalecchio (membro del PD), la quale ha proposto di accoglierlo nella città con dei tortellini pieni di ghisa. A ciacuno di loro il leghista ha dedicato ciascuno una foto con su scritto «LUI/LEI A BOLOGNA NON CI SARÀ».

Quel che sta accadendo da poco nel bolognese, secondo quanto riporta La Repubblica, ha comunque del diverso rispetto alle altre città. I cittadini, infatti, mossi dal proprio sentimento “contra-Salvini”, hanno letteralmente imbrattato i muri del Comune con murales e graffiti anti-Lega. «Bologna arrogante e papale / Bologna la rossa e fetale» la definiva Guccini anni fa e così è rimasta oggi: arrogante, perché si permette di pasticciare per protesta i muri tanto difesi e protetti da Salvini stesso; rossa, perché è storicamente la città dei centri sociali e di via Paolo Fabbri (numero 43).

Le addobbate manifestazioni dal malumore suscitate da un personaggio pubblico, tuttavia, non devono essere fonte di inquinamento della città: lunga vita a manifesti e poster, piuttosto. «E i tuoi bolognesi, se esistono, ci sono od ormai si son persi / confusi e legati a migliaia di mondi diversi? / Oh quante parole ti cantano, cullando i cliché della gente / cantando canzoni che è come cantare di niente», continuava Il Maestro nella canzone dedicata all’omonimo luogo emiliano. Di certo non sarà augurata lunga vita ai murales, o almeno ai murales creati al solo fine di sporcare: in tal caso, è meglio per le pareti comunali che la protesta venga condotta sui social o su luoghi adibiti all’affissione. Definire «Bologna Meticcia» su un muro è come «cantare canzoni che cantano di niente»; applicare a una parete la faccia del leader della Lega o «difendere Bologna dall’invasione leghista» significa «cullare i cliché della gente», dei pro-Lega tanto odiati dai suddetti manifestanti, i quali sminuiscono da sé il dissenso, vestendolo di futilità e facendo il gioco di coloro che si criticano. Le voci di città sono il popolo e il popolo, se vuole urlare, deve farlo attraverso i propri rappresentanti: del resto la sovranità è popolare, non dei muri. «Bolognesi, che esistono, legati a mondi diversi», ci siete od ormai vi siete persi?

Francesco Raguni

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