Impiegati fin dagli anni ’50, i Pfas sono tristemente conosciuti per aver avvelenato, da oltre 40 anni, le falde acquifere venete. Come ha spiegato La Repubblica, essi «sono costituiti da una catena alchilica idrofobica completamente fluorurata che può essere di varia lunghezza. Questa struttura chimica fornisce alle molecole elevata stabilità termica e chimica, rendendoli resistenti alla maggioranza dei processi naturali di degradazione, sia aerobica sia anaerobica, comprese fotolisi e idrolisi».
I danni all’ambiente
Esistono diversi tipi di Pfas. I più noti sono l’acido perfluoroottanoico (Pfoa), il quale ha numerose applicazioni sia industriali sia commerciali, e l’acido perfluorottanosulfonato (Pfos), impiegato nelle schiume degli estintori. Il loro utilizzo però non si limita ai soli estintori. Ad esempio sono impiegati nella realizzazioni di tappeti, di pelli, si possono trovare nel rivestimento dei contenitori per il cibo oppure nel rivestimento antiaderente delle pentole da cucina. Recentemente è stato scoperto che vengono utilizzati anche per rendere impermeabile il nostro smartphone.
Queste sostanze si accumulano nell’ambiente, attraverso l’acqua e gli alimenti, risultando tossici (solo ad alte concentrazioni) anche per l’uomo. Risalendo la catena alimentare, infatti, la concentrazione dei Pfas aumenta di organismo in organismo, in un processo noto come magnificazione o bioamplificazione. E dalle coltivazioni al bestiame raggiungono infine il nostro piatto.
I Pfas che avvelenano l’uomo
Anche se tutt’oggi non esiste una correlazione dimostrata, Pfoa e Pfos sono ritenuti fattori di rischio per diverse patologie. Ad esempio sono in grado di alterare la sintesi di ormoni, compromettendo la crescita e riducendo la fertilità. I Pfas sono inoltre sospettati di interferire nella comunicazione intercellulare, aumentando così il rischio di sviluppare tumori. Con l’esposizione prolungata a queste sostanze, si potrebbe incorrere a tumori ai reni o ai testicoli, malattie alla tiroide, ipertensione in gravidanza e colite ulcerosa.
Recenti ricerche hanno evidenziato che esiste un incremento delle patologie fetali e gestazionali in aree maggiormente esposte alla contaminazione. Il diabete gestazionale, neonati sotto peso e altre malformazioni congenite sono solo alcune delle patologie che il futuro nascituro potrebbe sviluppare nel caso in cui la madre venga esposta eccessivamente ai veleni dei Pfas.
Valentina Friscia
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