Un gigante sta per risvegliarsi. Si trova alla periferia ovest della città di Ginevra, al confine tra Francia e Svizzera, ed è situato a cento metri di profondità, all’interno di un tunnel lungo 27 km. Si tratta del Large Hadron Collider (LHC), l’acceleratore di particelle più grande e potente mai realizzato fino ad oggi.
Era il 4 luglio 2012 quando l’LHC ha raggiunto l’energia massima mai toccata, di 8000 miliardi di elettronvolt (8 TeV per gli esperti), e dopo cinquant’anni di ricerche è stata finalmente annunciata la scoperta del bosone di Higgs, la “Particella di Dio”, che permette di capire come le altre particelle elementari – tra cui gli elettroni ed i quark – acquistino una massa. Oltre a Peter Higgs, vincitore del Premio Nobel per la Fisica, all’esperimento ha partecipato anche l’italiana Fabiola Gianotti – attuale direttrice del CERN – la quale parlando della recente scoperta ha ffermato: «Il bosone di Higgs è diverso perché ha il compito di dare massa a tutte le altre particelle e, se così non fosse, il nostro universo non esisterebbe e ovviamente non esisteremmo neppure noi». Ancora in preda all’estasi e pervasi da una giustificata dose di ottimismo, gli scienziati del CERN hanno annunciato che il superacceleratore LHC è ripartito dopo due anni di manutenzione ed è pronto a tornare al lavoro. Nei prossimi mesi è, infatti, previsto il raggiungimento di circa 13mila miliardi di electronvolt, il doppio della potenza che ha inaugurato lo strumento.
«What we know is a drop, what we don’t know is an ocean» sosteneva Isaac Newton. Ed è con questa consapevolezza che la ricerca ricominci e che si aprono le porte su un mondo ancora sconosciuto, una parte oscura dell’universo, la quale sicuramente riserverà sorprese inaspettate agli scienziati di tutto il mondo.
Linda Pedonese
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