La FAO (Food and Agriculture Organization) si è resa conto che nel 2050 l’offerta di carne, pesce, uova e derivati del latte per una popolazione di 9,6 miliardi di abitanti non sarà pari alla domanda. Come risolvere il problema? Semplice, ricorrendo ad un alimento che la gran parte degli occidentali non è abituata a mangiare: gli insetti. Sono circa 1900 le specie commestibili tra cavallette, lombrichi, larve, grilli, tarantole e persino api (che da noi vengono già sfruttate per produrre il miele). In realtà, nel mondo, già due miliardi di persone si nutrono d’insetti; allevarli o produrli in quantità industriali per immetterli nel mercato alimentare costerebbe cento volte in meno di un allevamento di bestiame. Inoltre, coleotteri e bruchi sono ricchi di proteine, un grillo contiene le stesse calorie di un Big Mac, mentre le chapulines (le cavallette messicane del mais) posseggono 48 grammi di proteine contro i 26 di un bovino adulto.
«Molti insetti sono ricchi di ferro e zinco, di cui almeno 1 miliardo di indiani anemici, soprattutto donne e bambini, sono carenti. Mangiando insetti il nostro organismo sarebbe più efficiente nel convertire il cibo in massa corporea, emettono anche pochissimi gas serra e questo non è un dato poco rilevante per l’inquinamento da produzione alimentare» sottolinea Arnold Van Huis, entomologo all’Università di Wageningen nei Paesi Bassi, tra i partecipanti dello studio della FAO sugli insetti come risorsa alimentare. Gli esseri umani dell’emisfero occidentale non sono totalmente onnivori, perché altrimenti mangerebbero insetti da generazioni. Per introdurre una svolta epocale nelle loro abitudini occorre un “balzo culturale”, il superamento del disgusto di addentare un larva grigliata o un lombrico fritto, serve sfatare un tabù. «Non ci sono divieti religiosi o morali alla base di questo atteggiamento – spiega Jean-Baptiste de Panfleu, autore del libro Gli insetti nutriranno il pianeta? – Questa repulsione deriva probabilmente dal fatto che qui ce ne sono di meno che nelle aree tropicali e spesso vengono associati a sporcizia e malattie. La nostra tradizione culinaria è molto lontana dall’idea di utilizzare insetti», eppure, forse tra qualche anno saremo costretti a farlo.
Alberto Molino
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Fondatore di Voci di Città, ex direttore responsabile dello stesso, ora cura la rubrica di tecnologia di NewSicilia, ha lavorato al Quotidiano di Sicilia, ha collaborato con Sicilia Journal, ha pubblicato un romanzo e un racconto, ha 26 anni ed è laureato in Scienze della Comunicazione. Quando ne aveva 18 ha vinto un premio nazionale per avere diretto il migliore giornalino scolastico del Paese. Definito da alcuni fascista e da altri comunista, il suo vero orientamento politico non è mai stato svelato, ma una cosa è certa: Molino non lo ferma nessuno, tranne forse la sua ragazza.