È giunta ieri sera la notizia della contestazione di un illecito disciplinare da parte della Commissione di Vigilanza della RAI nei confronti della giornalista Serena Bortone. Precisamente, l’Amministratore delegato Roberto Sergio ha comunicato l’avvio del procedimento disciplinare, specificando che «È stato contestato a Bortone, come avvenuto in analoghi casi, il post pubblicato sui social in violazione della normativa della policy aziendale. Ci sono regole che devono essere rispettate da tutti i dipendenti. La normativa vieta di rilasciare dichiarazioni pubbliche su attività, notizie o fatti aziendali. La contestazione è un atto dovuto e seguirà l’iter previsto dal regolamento». Nel comunicato della RAI, viene evidenziato che sia stata «inviata una lettera di contestazione disciplinare in riferimento al post pubblicato dalla giornalista sui propri profili social il 20 aprile in merito alla vicenda Scurati». Andando a vedere il contenuto del post “incriminato”, emerge la dichiarazione della Bortone in merito al fatto che l’intervento dello scrittore Scurati era stato annullato senza spiegazioni, discorso che aveva poi deciso di leggere durante la sua trasmissione. «Come da prassi nella contestazione si chiedono alla giornalista eventuali giustificazioni e chiarimenti in merito al suo comportamento», prosegue la nota della Rai. L’Amministratore delegato Sergio ha a tal riguardo detto che«è stato avviato un procedimento di audit interno, le cui risultanze si avranno a breve, concentrato su due aspetti: il primo, sugli eventuali disallineamenti procedurali, e sicuramente ce ne sono stati. Il secondo, i comportamenti dei singoli su cui sono state chieste relazioni. All’esito saranno decise azioni migliorative dei processi o interventi nei confronti dei dipendenti. La vicenda ha creato un danno reputazionale all’azienda e a tutti i dipendenti, con un’accusa di censura inesistente». Vale la pena evidenziare che l’incontro in Commissione di Vigilanza Rai arriva dopo lo sciopero di Usigrai, in parte boicottato dalle redazioni di alcuni telegiornali con il sostegno del nuovo sindacato di centrodestra UniRai. «Consentiteci di evidenziare anche in questa prestigiosa sede, l’accanimento distruttivo di cui Rai è vittima, un accanimento che cerca di contrapporre a fatti, dati, numeri, risultati concreti e verificabili, delle fantasiose ricostruzioni quando non delle infamanti accuse che non solo danneggiano la reputazione e il valore della Rai ma che mortificano la comunità di donne e uomini che ogni giorno lavora per portare nelle case degli italiani il meglio delle loro capacità», ha detto l’Ad.
Il post di Serena Bortone è visibile tuttora su Instagram e su Facebook. Nello specifico, reca la foto di Scurati, seguito da alcune dichiarazioni della giornalista: «Come avrete letto nel comunicato stampa, nella puntata di questa sera di “Che sarà” era previsto un monologo di Antonio Scurati sul 25 aprile. Ho appreso ieri sera, con sgomento, e per puro caso, che il contratto di Scurati era stato annullato. Non sono riuscita ad ottenere spiegazioni plausibili. Ma devo prima di tutto a Scurati, con cui ovviamente ho appena parlato al telefono, e a voi telespettatori la spiegazione del perché stasera non vedranno lo scrittore in onda sul mio programma su Raitre. Il problema è che questa spiegazione non sono riuscita a ottenerla nemmeno io». L’audizione di Bortone in Vigilanza Rai era prevista per il 24 aprile, poi rimandata: l’azienda aveva annunciato di aver avviato una istruttoria per verificare l’accaduto, pur negando qualsiasi tipo di censura. Negli scorsi giorni, Bortone ha spiegato che dopo due settimane ancora aspettava risposte da viale Mazzini. Il direttore generale Rai Giampaolo Rossi ha dichiarato quanto segue: «Chiediamo a tutti una collaborazione responsabile e costruttiva affinché non si smetta mai di sentire come nostro, prezioso e nazionale il patrimonio Rai, tutelandolo e rifuggendo sempre ogni azione distruttiva, autodistruttiva e denigratoria». Non si è fatta attendere la risposta della Presidente RAI, Marinella Soldi, che ha preso le difese di Bortone: «Non credo che il procedimento disciplinare contro Serena Bortone faccia giustizia della vicenda, né tantomeno faccia bene alla Rai. Quanto riferito dall’AD in Commissione di Vigilanza racconta in modo parziale quanto accaduto, non citando aspetti di rilievo. Ferme restando le policy aziendali, il cosiddetto caso Scurati è ancora oggetto di verifiche da parte della direzione Internal Audit aziendale, per la quale la Presidente ha le deleghe. Le risultanze in bozza di tale audit sono state visionate sia da me sia dall’Ad ed evidenziano una situazione molto più complessa di quella descritta dall’AD, che richiede un approccio più completo».
Il procedimento disciplinare per i lavoratori si avvia dopo la contestazione disciplinare, con la quale il datore di lavoro contesta al dipendente un inadempimento del contratto di lavoro, in virtù dell’esercizio per potere direttivo. La legge concede al datore di lavoro, nello svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato, l’esercizio del potere disciplinare, definito dall’art. 2106 del codice civile: la norma prevede l’applicazione di sanzioni disciplinari in caso di inosservanza, da parte del dipendente, del dovere di diligenza, obbedienza e dell’obbligo di fedeltà. Il procedimento disciplinare si apre con la contestazione di queste violazioni. Per quanto attiene al potere direttivo del datore di lavoro, esso comporta che il lavoratore debba attenersi alle istruzioni e alle direttive impartite dall’azienda: è proprio da questo potere che discende il concetto di infrazione disciplinare, che si realizza ogni volta che il dipendente pone in essere un comportamento contrario ai doveri che gli derivano non solo dal contratto di lavoro, ma anche dal CCNL, dai regolamenti aziendali e dalla legge. Dunque, per poter avviare il procedimento disciplinare, deve essere inviata la lettera di contestazione, indirizzata al dipendente: può essere consegnata a mano o per raccomandata a/r, a discrezione dell’azienda. Nella contestazione, che deve essere necessariamente per iscritto, il datore dovrà indicare quale comportamento tenuto dal dipendente ha realizzato l’infrazione disciplinare. Inoltre, per essere valida deve essere provvista di tre caratteristiche: specificità, dunque il fatto contestato nella lettera dev’essere esposto in modo chiaro e preciso, non sono ammesse contestazioni generiche, in modo che il dipendente possa essere in grado di comprendere a quale fatto ci si riferisce, pertanto il datore dovrà riportare tutti gli elementi esatti (data, luogo e orario in cui il fatto è avvenuto e qualsiasi altra circostanza che renda la descrizione più precisa e puntuale); tempestività, in virtù della quale, pur non esistendo un numero preciso di giorni entro cui la contestazione viene considerata tempestiva, esiste un principio giurisprudenziale per il quale il datore non può far passare troppo tempo per inviarla, pertanto, dal momento in cui avviene il fatto o l’azienda ne viene a conoscenza, non deve trascorrere un lasso di tempo troppo lungo, perché il lavoratore potrebbe altrimenti dedurre che il fatto da lui compiuto non sia effettivamente un’infrazione; immutabilità, alla luce della quale il datore di lavoro non può sanzionare il dipendente per fatti diversi da quelli contestati, deve esserci coincidenza tra le informazioni e le circostanze contenute nella contestazione e quelle incluse nel successivo provvedimento disciplinare.
A fronte di tutto ciò, il procedimento si avvia una volta che viene consegnata la lettera di contestazione disciplinare, nella quale saranno indicati per iscritto i giorni che il lavoratore ha a disposizione per rispondere con le proprie giustificazioni. Il termine per presentare la propria versione dei fatti, a carico del dipendente, è di 5 giorni dal momento in cui ha ricevuto la contestazione. Alcuni CCNL prevedono tempi più lunghi, a tutela del lavoratore. Tali termini vanno rispettati dal datore di lavoro, che deve indicare per iscritto il maggior termine nella lettera di contestazione. Lo scopo del procedimento disciplinare è quello di addivenire ad un accordo tra datore di lavoro e dipendente in presenza di un’infrazione commessa da quest’ultimo. Si tratta quindi di un compromesso tra l’esercizio del potere disciplinare e la possibilità del lavoratore di difendersi. La risposta del dipendente deve di norma essere per iscritto, ma c’è la possibilità di chiedere di essere ascoltato oralmente.
A questo punto è necessario indire una riunione apposita, dove poter sentire le ragioni del lavoratore, che potrà presentarsi insieme ad un rappresentante sindacale (o ad un avvocato di fiducia solo se l’azienda lo consente). Quando l’azienda ha letto o ascoltato le giustificazioni del dipendente, dovrà procedere con le considerazioni finali. Di conseguenza, o la versione dei fatti del lavoratore chiarisce l’evento e quindi si risolve senza sanzioni, oppure, se il lavoratore non riesce a giustificare l’accaduto, l’azienda emetterà un provvedimento disciplinare. Una volta concluso il procedimento disciplinare e attestata l’infrazione del dipendente, il datore di lavoro emana una sanzione, che può essere: rimprovero verbale, richiamo scritto, multa, sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, licenziamento per giustificato motivo soggettivo, con diritto al preavviso o all’indennità sostitutiva, licenziamento per giusta causa, senza preavviso né indennità, per i casi più gravi. La scelta del tipo di sanzione spetta all’azienda, ma ci sono comunque dei limiti massimi (la multa non può avere un importo superiore a 5 ore di retribuzione, la sospensione dal lavoro non può superare i 10 giorni). Nell’applicazione della sanzione, il datore di lavoro può tenere conto della recidiva, nel caso di irrogazione di sanzioni nei 2 anni precedenti nei confronti dello stesso dipendente. Indipendentemente da tutto ciò, la sanzione dovrà rispettare il criterio della proporzionalità e non potrà essere costituita da cambiamenti di mansione o altri cambiamenti di carattere definitivo. L’unica eccezione riguarda il licenziamento e il trasferimento. Quest’ultimo, però, deve essere previsto dalla contrattazione collettiva e deve essere causato da situazioni di disorganizzazione provocate dal dipendente.
Al termine della procedura sanzionatoria, il dipendente potrà impugnare il provvedimento presso il Giudice del Lavoro, senza che d’altro canto ciò causi la sospensione dell’applicazione della sanzione. Perché sia possibile sospendere la sanzione, è necessario che il dipendente, entro 20 giorni dal ricevimento del provvedimento, promuova una procedura di conciliazione presso l’Ispettorato territoriale del lavoro. A questo punto, verrà formato un collegio composto da 3 membri, la cui decisione non sarà impugnabile se non per vizi di volontà o per violazione di legge. A tal riguardo, si precisa che i vizi della volontà cui la legge attribuisce rilevanza sono l’errore, il dolo e la violenza (art. 1427 codice civile).
Stefania Piva
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È nata e vive a Milano. È Avvocato, laureata in giurisprudenza all’Università Statale di Milano, ha svolto la pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato di Brescia, e si è specializzata presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università Statale di Milano. Da sempre appassionata di politica e giornalismo, ha scritto in precedenza per il giornale locale ABC Milano.