Un giallo fresco e senza troppi fronzoli, legato contemporaneamente agli anni duemila e al 1975, a mezze confessioni e a torbidi inganni, all’amore sincero e ad improvvisi abbandoni, alla scrittura e alla morte, alla boxe e alla vita contemplativa, al fallimento esistenziale e al successo immortale, alla malattia e alle perversioni di chi viene ritenuto sano di mente: ecco qual è la novità editoriale estiva più acclamata e più discussa dalla critica europea.
La verità sul caso Harry Quebert è disponibile in libreria già dal 22 maggio, sebbene in Francia sia stato pubblicato l’anno scorso. Joël Dicker, il ventottenne ginevrino che ne è l’autore, ha ottenuto il Grand Prix du Roman de l’Académie Française e il Prix Goncourt des Lycéens a pochi mesi dall’uscita del romanzo che pare abbia svecchiato ed a tratti rivoluzionato il genere thriller. All’inizio delle 770 pagine che compongono il volume, la trama appare piuttosto lineare: lo scrittore Marcus Goldman è alle prese con “il blocco da pagina vuota” e raggiunge lo Stato del New Hampshire per ritrovare l’ispirazione. Qui uno scavo fortuito nella dimora di Harry Quebert (anch’egli scrittore, nonché amico e mentore del protagonista) fa rinvenire le ossa di una quindicenne uccisa trent’anni prima in circostanze oscure e sepolta in giardino assieme ad una sacca, dove era contenuta una copia del libro scritto da Quebert. L’uomo è accusato dell’omicidio di Nola Kellergan e viene arrestato, allorché il protagonista decide di dimostrarne a tutti i costi l’innocenza, indagando parallelamente alla polizia sulla storia d’amore fra l’amico e la ragazzina, nonché sui loro rapporti con familiari, conoscenti e datori di lavoro. Il caso Harry Québert diventa per Marcus Goldman il pretesto per impugnare nuovamente la penna e per raccontare all’America la propria inchiesta, cosicché la fine del romanzo coincide con la pubblicazione del nuovo libro di Goldman, oltre che con lo smascheramento dell’assassino dell’affascinante adolescente.
L’originalità del testo consiste innanzitutto nella sua emancipazione dalle regole del mystery classico e del noir poiché né al lettore né al protagonista sono forniti indizi sufficienti a smascherare il colpevole: la ricostruzione delle vicende è graduale e frammentaria, per cui il quadro degli avvenimenti appare completo solo quando tutti gli indiziati espongono una testimonianza senza più omissioni o menzogne. Inoltre la continua alternanza tra flashback e narrazione al presente rende dinamica la lettura, al contrario delle “criptocitazioni” da Lolita di Nabokov, dal film Psycho, dal Cyrano di Ronsard e da I segreti di Twin Picks di Lynch che continuano a ricevere dalla critica qualche consenso e numerose disapprovazioni.
In effetti sono in molti a scagliarsi contro il romanzo di Dicker, non solo per via dei sottotesti citati ma anche per alcune cadute stilistiche dell’autore: la ricostruzione dell’amore fra Quebert e Nora è basata su un lirismo a tratti adolescenziale, la caratterizzazione dei personaggi appare stereotipata, i capitoli sono aperti da pseudo-lezioni sul modo di praticare la scrittura che suonano come aforismi di limitata profondità e la lunghezza dell’opera fa pensare ad un esibizionismo che risulta superfluo se si considera la concisione di “colleghi” del giallo quali Allan Poe, Conan Doyle, Agatha Christie e Georges Simenon. Sono innegabili le imperfezioni dell’opera, sebbene l’unico errore obiettivo commesso da Dicker sia stato quello di aver parlato della pena di morte in uno Stato in cui essa è in moratoria ed in cui le sentenze capitali non vengono più eseguite dagli anni Settanta. Quanto al resto, il coinvolgimento emotivo e i colpi di scena non mancano affatto, l’intreccio è ben congegnato ed il sistema di scatole cinesi dischiuse a poco a poco rende avvincente la catena di indizi e di false piste suggerite nel corso della vicenda.
In fin dei conti sta al gusto individuale valorizzare determinati aspetti della narrazione o biasimarne altri: il romanzo è di per sé ricco di spunti, tanto quanto Joël Dicker è abile nel tenere avvinti i lettori alle riflessioni dello scrupoloso Marcus Goldman. Pertanto, il “caso” è chiuso. Lo riapra di volta in volta chi si cimenterà con questa novità editoriale per esprimere il proprio punto di vista.
Eva Luna Mascolino
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