L‘hanno chiamata Sweetie, è la bambina caccia pedofili, un’esca virtuale con le sembianze di una lolita filippina. Il suo profilo, un fake a regola d’arte, è stato creato dall’associazione olandese per i diritti umani Terre des Hommes con lo scopo di adescare potenziali pedofili in rete. L’operazione, congiunta con l’Interpol, ha fatto emergere una verità agghiacciante: su internet ci sono più pedofili di quanto le Forze dell’Ordine potessero mai immaginare. A contattare la bambina della falsa età di dieci anni per prestazioni sessuali a pagamento, in due mesi e mezzo, sono state oltre 20.000 persone di 65 Stati diversi, una cifra che fa paura. Molti dei pedofili entrati in collegamento con Sweetie le hanno chiesto di inviare loro foto in cui lei si ritraesse nuda, in pose osé o durante la masturbazione. Un numero più ristretto, sempre in cambio di denaro, le ha proposto di avviare una sex videochat via webcam. Il direttore della organizzazione non governativa sopracitata, Albert Jaap Van Santbrink, ha dichiarato che almeno mille profili sono stati, fortunatamente, identificati e segnalati dalla polizia internazionale.
Secondo l’FBI si tratta di 750mila pedofili connessi ad ogni ora del giorno in cerca di ragazzine, ma anche ragazzini, per compiere atti sessuali. Le Nazioni Unite si mostrano allarmate dai dati provenienti dalla ricerca sul WCST (Webcam Child Sex Tourism), cioè quella forma deviata di turismo sessuale praticato in rete, quindi virtuale, che consiste nell’osservazione di atti sessualmente espliciti compiuti da bambine/i di altri Paesi tramite una webcam. Le controversie per abbattere questo fenomeno sono parecchie: in primis, è difficile per le polizie degli Stati nazionali rintracciare i minori che si prestano a questo “gioco”, né è possibile intervenire in quanto risiedono all’estero; secondariamente, le vittime, spesso, sono spinte dagli stessi genitori, poveri e disagiati, a prostituirsi in rete, quindi è assai arduo che venga esposta una denuncia che segnali l’abuso. Quello di Sweetie, purtroppo, è un esperimento andato anche fin troppo bene, portando alla luce una realtà più orribile di quella che già s’immaginava.
Alberto Molino
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Fondatore di Voci di Città, ex direttore responsabile dello stesso, ora cura la rubrica di tecnologia di NewSicilia, ha lavorato al Quotidiano di Sicilia, ha collaborato con Sicilia Journal, ha pubblicato un romanzo e un racconto, ha 26 anni ed è laureato in Scienze della Comunicazione. Quando ne aveva 18 ha vinto un premio nazionale per avere diretto il migliore giornalino scolastico del Paese. Definito da alcuni fascista e da altri comunista, il suo vero orientamento politico non è mai stato svelato, ma una cosa è certa: Molino non lo ferma nessuno, tranne forse la sua ragazza.