Volkswagen, la ditta che produce l’automobile del popolo, nei giorni scorsi è stata travolta da un vero e proprio ciclone destinato a cambiare per sempre il mondo a quattro ruote, che per la prima volta vede da vicino uno scandalo del gene. Cosa è successo veramente? Punto per punto analizzeremo la scottante bufera del colosso tedesco.
A sollevare l’intricata questione ci pensa l’International Council on Clean Transportation, un’agenzia indipendente che riscontra una notevole differenza tra i test condotti in laboratorio e quelli condotti per strada.
Successivamente, si interessa al caso L’EPA (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente), che conduce alcune indagini e scopre l’esistenza di un software, presente nei motori diesel 2.0 TDI, il quale analizza la posizione dello sterzo, le variazioni di velocità e altri elementi utili per capire se la macchina sta camminando sull’asfalto o sui rulli dei laboratori; non appena il programma realizza che si tratta di un test, dà un input alla centralina, che abbassa drasticamente le prestazione e dunque le emissioni NOx, rendendo possibile alla vettura di passare a pieni voti la prova di qualità.
Le autorità americane mettono sotto accusa la casa di Wolfsburg il 18 settembre 2015 e l’azienda crolla vertiginosamente in borsa. La multa negli Stati Uniti costa 16 miliardi di euro è, nel frattempo, iniziano le prime azioni legali da parte dei consumatori, mentre le altre nazioni europee decidono di avviare ulteriori indagini. Nei giorni successivi la situazione non migliora, il governo a stelle e strisce ordina di ritirare 482.000 esemplari prodotti dal 2009 ad oggi, ma la Volkswagen stessa mette in luce un dato agghiacciante: le vetture compromesse sarebbero ben 11 milioni, la maggior parte proprio in Europa e dunque anche in Italia. Si stima che la frode della casa produttrice tedesca abbia prodotto, nei soli Stati Uniti, un milione di tonnellate di NOx all’anno; questo dato, messo a confronto con le macchine diesel usate negli USA (solo il 3%), fa letteralmente rabbrividire il vecchio continente, dove le auto a gasolio sono più della metà e dove, quindi, il tasso d’inquinamento balzerebbe alle stelle.
Che fine farà la Volkswagen? Questa è sicuramente la domanda più frequente, la quale però non è neanche balenata nella mente della casa tedesca. Il gruppo, infatti, possiede Lamborghini, Porsche, Audi, Skoda, Seat, Bentley, Bugatti, Ducati e Scania, oltre ad offrire 600.000 posti lavori a tutti i tedeschi, e lo stesso governo della Merkel ne è uno dei maggiori azionisti. La Volkswagen dunque non potrà fallire. La maggior parte degli esperti sostiene che questi trucchi non siano stati usati nei test solo dal produttore tedesco e che, anzi, è strano che questa notizia abbia fatto tanto scalpore perché il fatto era ben noto più o meno a tutti. La speranza è che il suddetto scandalo faccia riflettere le altre case automobilistiche e che queste ultime si mobilitino per trovare soluzioni più ecosostenibili, come ad esempio l’idrogeno o l’elettricità, già adottate da gruppi come Toyota e BMW, i quali hanno presentato nuovissimi modelli a idrogeno o elettrici contro l’impatto ambientale degli attuali motori. La speranza è che a partire dalla stessa Volkswagen il mondo dei motori cambi drasticamente, con maggiore trasparenza e maggior attenzione per i consumi.
Francesco Mascali
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