Come da pronostico, le elezioni presidenziale degli Stati Uniti hanno raccolto un incredibile numero di reazioni, spesso contrastanti tra loro. La vittoria di Trump, sin dalle primarie repubblicane, era anche più di una semplice fantasia, ma che giorno dopo giorno, mese dopo mese, si è trasformata in realtà. Una vittoria che comunque ha lasciato di sasso esperti, bookmakers e tanti, tantissimi elettori. Il Partito Democratico, pestandosi i piedi praticamente da solo, ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare, consegnando di fatto la vittoria al miliardario di New York ai danni della ex first lady Hillary Clinton. Risultato inaspettato per degli scenari inaspettati; nel frattempo c’è chi si chiede già oggi chi potrebbe essere il primo indiziato, tra 4 anni, a spodestare il neo-presidente Trump.
I social, nella giornata di mercoledì 9 novembre, hanno raccolto tante reazioni, dicevamo: tra queste, forse in maniera neanche troppo inaspettata, ha spiccato sicuramente la “richiesta” di gran parte degli elettori democratici di poter vedere, alla fine del primo mandato Trump, Michelle Obama alle presidenziali del 2020. Proprio così, la first lady del tanto amato Barack, per molti sarebbe il volto giusto per la rivincita dei democratici, ma i rischi di un altro flop, come quello targato Hillary Clinton è alle porte.
Ma partiamo dal principio: Michelle Obama, 52 anni, nasce a Chicago e prima di diventare la 46° first lady degli Stati Uniti di strada ne ha fatta: laureata presso la Princeton University e presso la prestigiosissima Harvard Law School, sin da subito lavora come avvocato presso la città natale. L’impegno politico la porterà poi a conoscere Barack, con il quale si sposerà nel 1992 e avrà due figlie. Al fianco del marito costruisce una reputazione di tutto rispetto, dedicandosi alle elezioni della camera dei rappresentanti prima e alla storica corsa per la Casa Bianca dopo, diventando a tutti gli effetti un’icona popolare per i cittadini statunitensi.
Nel maggio 2006 viene collocata tra le “25 donne più ispiratrici del mondo”, successivamente viene inserita nella classifica “The Harvard 100” (i più influenti ex allievi di Harvard) e svariate riviste la ritraggono nel ruolo di donna sicura, energica e dai sani principi. Ama la sua famiglia e le sue origini, tanto da voler vivere nel south side di Chicago anche durante la carica da senatore di Barack, che avrebbe dovuto trasferirsi a Washington per raggiungere più agevolmente gli uffici.
Oratrice carismatica, ha appassionato milioni e milioni di elettori ad ogni singola parola. È una donna che si è costruita dal basso e che il basso l’ha vissuto in prima persona, proprio come il marito. È insomma una donna che a differenza di Hillary Clinton, rappresenterebbe un’intera nazione e non solo una parte di questa. «Michelle era una palla di cannone – dirà di lei Jennifer Hunter, del Chicago Sun-Times – esprimeva una passione determinata per la campagna del consorte, parlando dritto al cuore con eloquenza ed intelligenza».
Ma il rischio di una campagna simile a quella della Clinton è dietro l’angolo: la ex first lady, essenzialmente, era lì perché era giusto che stesse lì: per essere stata la moglie di Bill, presidente dai tanti tradimenti, per aver perso, nel 2008, contro Barack Obama che poi sarà suo primo sostenitore 8 anni dopo, perchè poteva diventare la prima donna alla Casa Bianca. Ma in un popolo che non crede più neanche ai media, la sua candidatura è stato un suicidio assistito dei democratici: prima le mail venute fuori da Wikileaks, poi, ancora, l’essere arrivata lì più come “moglie di” che per meriti personali.
Mischiate il tutto con le non proprio felici decisioni in materia di politica estera (il bombardamento in Libia? Ne appoggiò ogni singolo punto) e la frittata è fatta. Poteva vincere a mani basse, ma avrebbe dovuto farlo con le sue forze, senza che qualcuno, già alle primarie, le spianasse la strada. Mrs. Obama non ha mai espresso il desiderio di candidarsi in un futuro prossimo e non è così sicuro che lo farà, nonostante la voce del popolo sia più di un invito. Fondamentale, in ogni caso, sarà comunque arrivare lì con le proprie idee, con il proprio lavoro e le proprie gambe. Arrivare lì, insomma, come Michelle Obama, con ciò che Michelle Obama ha di negativo e positivo, senza mai sentire di dover avere quel posto per essere “la moglie di”.
Francesco Mascali
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Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»