Nonostante l’ottimismo degli olivicoltori, alimentato dal forte caldo che ha investito la penisola italiana quest’estate, l’incubo xylella è sempre incombente. Dopo un 2014 disastroso, si auspica un’annata migliore, nella speranza che la mosca olearia non si diffonda in tutta Italia.
Dopo un 2014 disastroso in termini di produzione olearia, si spera in un 2015 migliore del previsto. La Coldiretti lombarda, nonostante si presume che questa sarà indubbiamente una stagione più fortunata, già dai primi di giugno aveva annunciato problemi nella fioritura del leccino (coltivazione olivicola più frequente sul territorio italiano), con un calo di più del 30% rispetto alla normalità. Inoltre, secondo il professore Pietro Sandali, direttore di Unaprol (Consorzio olivicolo italiano), la produzione di olio quest’anno si aggirerà intorno alle 400 mila tonnellate, cifra ben lontana dalle 550 mila usuali. L’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) ha rilevato che il danno subito dagli olivicoltori, soprattutto nel Salento, si aggira attorno al 65%, facendo aumentare di conseguenza l’import estero di olio d’oliva: per l’appunto, più di 666 mila tonnellate di prodotto e sansa sono giunti dall’estero, superando il miliardo e mezzo di euro di spesa. In altre parole, i supermercati italiani quest’anno hanno venduto più olio straniero, costringendo i contadini, adesso, a lavorare il doppio per far comprendere agli acquirenti statunitensi, tedeschi e giapponesi che l’olio extra vergine d’oliva italico è sempre il migliore e il cui prezzo non va mai sotto i 3,50€ a bottiglia. La nazione che attualmente sta esportando maggiormente questo articolo in Italia è la Tunisia, con un impressionante aumento del 681%.
Nonostante il grande caldo che quest’anno ha investito il Belpaese, in particolar modo il Sud, la Puglia teme ancora il batterio xylella, causa del disseccamento di migliaia di alberi, principalmente per la presenza della cosiddetta “sputacchina”, vettore della fastidiosa mosca. Tuttavia, ancora le ripercussioni vere e proprie della malattia non si percepiscono, tant’è che la provincia di Lecce (epicentro della calamità) si prepara a un’ottima raccolta. Addirittura, si suppone che il fiore all’occhiello pugliese, qual è l’olio d’oliva da sempre, abbia acquisito un gusto ancora migliore rispetto al passato, dato che, comunque, la xylella non ha colpito in alcun modo le olive ma solamente tratti delle chiome di ogni albero, propagandosi in prevalenza e irreversibilmente su quelli giganteschi. Questa malattia, manifestatasi già nel 2013, al momento non ha ancora nessuna cura che possa annientarla, inducendo quindi l’Unione Europea a dare per spacciato il Salento e consigliando caldamente all’Italia di avviare misure preventive che possano evitarne l’espansione in tutta la penisola. Su 60 milioni di ulivi presenti in Puglia, 11 sono a rischio, perciò, gli olivicoltori pugliesi sono assolutamente ottimisti, dal momento che se si utilizzeranno i vecchi metodi di mantenimento delle piante, esse sopravvivranno molto più facilmente.
Giunta in Italia, si ipotizza, attraverso piantagioni di caffè infette e importate dal Costa Rica per scopi ornamentali, proprio come accaduto con il punteruolo rosso (microrganismo killer che distrusse la maggior parte delle palme italiane) si teme che anche la xylella possa fare altrettanto, nonostante, tuttavia, la sputacchina non sia dotata delle stesse facoltà di volo. A rischio per di più è anche l’intero bacino del Mediterraneo e ciò in cui si spera è la comparsa di eventuali cambiamenti climatici che possano ritardare o far disperdere il virus. L’unico trattamento fisico fattibile al momento è la demolizione degli alberi infetti e potenzialmente nocivi per altri. Sono stati promessi diversi milioni di euro per l’annientamento dell’affezione, pur non ancora predisposti; frattanto, continua imperterrito l’estirpamento di alberi contagiati, contemporaneamente allo studio condotto a Lecce e a Bari dall’equipe del docente Giuseppe Ciccarella dell’UniSalento, la quale sta cercando di disgregare il batterio per mezzo di una nanomolecola iniettata nei vasi linfatici degli ulivi. È categoricamente vietato il trasloco di materiale vegetale in altre parti d’Italia importato da differenti nazioni.
Una delle regioni italiane a cui invece andrà sicuramente molto meglio per quanto riguarda la produzione di olio extra vergine d’oliva è la Toscana: sebbene il caldo afoso di giugno abbia rovinato proprio il momento della fioritura, il Consorzio IGP toscano sostiene fermamente che eccetto qualche attacco fisiologico, tutto è nella normalità, con la certezza che questo sarà un anno eccellente. Il caldo di luglio non ha affaticato le piante, allontanando, anzi, la minaccia xylella. In questo modo, i prezzi delle bottiglie di olio scenderanno (a partire dai 12, 13 o 14€) e i consumatori potranno finalmente tornare a comperare olio italiano. Si suggerisce, appunto, di fare attenzione alle etichette di ciò che si acquista, al fine di preservare il made in Italy, da sempre eccellenza nel mondo.
Anastasia Gambera
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