Nè burqa nè niqab. Questa è l’unica regola vigente nella moschea aperta da Seyran Ates. Con la sua idea di Islam progressista tutti sono ben accetti nel luogo di culto. Dalle donne agli omosessuali, dai sunniti agli sciiti: la religione si pratica tutti insieme.
In questi giorni nel quartiere di Moabit, a Berlino, è stata inaugurata una moschea che può essere definita liberale. L’ideatrice del progetto è l’avvocatessa, scrittrice e attivista Seyran Ates, turca e musulmana. Il nuovo luogo di culto si trova in una sala presa in affitto, al terzo piano di un edificio che ospita anche una chiesa protestante. Già questo piccolo particolare dimostra che non siamo di fronte a una moschea come tante altre. È l’ottantottesima moschea aperta nella capitale tedesca, che ormai accoglie un elevato numero di fedeli musulmani. Alla vista si presenta come una vasta stanza, luminosa grazie alle tinte tenui delle pareti. «È un sogno diventato realtà» ha dichiarato la donna. Infatti, dopo molte minacce dovute alla sua linea di pensiero moderata e otto anni di lavoro, finalmente può vantare questo successo.
Il luogo di culto inaugurato da Seyran Ates ha caratteristiche peculiari e moderne, contrarie ai principi fondamentalisti. Viene quindi detta “moschea liberale” per varie ragioni. Per cominciare, tutti possono pregare insieme; non ci sono stanze separate per le donne come spesso accade. Inoltre qualsiasi persona è invitata ad entrare, fatta eccezione per le donne che decidono di indossare il velo integrale. «Non ha nulla a che fare con la religione. È una dichiarazione politica», così l’attivista spiega la sua scelta controcorrente. Un tratto originale è la convocazione non solo di imam uomini, ma anche donne e omosessuali. All’inaugurazione ha partecipato, non a caso, anche Ludovic-Mohamed Zahed, un imam omosessuale di origini algerine (fondatore di una “moschea liberale” in Francia). Per Seyran l’Islam radicale e patriarcale va contrastato con atti concreti. Non bisogna abituarsi all’odio, soprattutto in un periodo in cui il terrore è spesso protagonista va predicata la pace.
Seyran Ates spera di poter educare i nuovi musulmani ad un Islam diverso, l’istruzione è una chiave importante. Il Corano non esplicita che l’imam debba essere un uomo o che donne e uomini siano costretti a dividersi per pregare. «Troppe moschee predicano un Islam dell’altro ieri», sostiene non a caso la donna. «È irresponsabile da parte dei musulmani progressisti limitarsi a insultare le associazioni conservatrici e al contempo lasciare loro l’educazione dei bambini e dei giovani. Non basta ignorarli, bisogna sfidarli mostrando quello che l’Islam può e deve fare nel mondo moderno», spiega. La moschea, intitolata ad Averroè e Goethe, ha anche il ruolo di un luogo d’incontri. Uno dei primi invitati è stato lo studioso dell’Islam Abdel-Hakim Ourghi. Per lui questo progetto «è un’occasione per i musulmani di definire di nuovo se stessi», mostrandosi pacifici e protesi verso il progressismo.
Sara Tonelli
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