Il referendum che ha legalizzato le unioni tra persone dello stesso sesso in Irlanda, avvenuto la scorsa settimana e che ha avuto come esito una schiacciante percentuale del 62,1%, ha scatenato un’ondata di commenti e riflessioni; chi si sarebbe mai aspettato che un Paese a maggioranza cattolica in cui fino al 1993 praticare “attività omosessuali” era illegale, sarebbe divenuto poi il primo ad approvare, tramite voto popolare, il matrimonio tra persone dello stesso sesso? Ebbene, ciò è avvenuto, dimostrando che le cose cambiano e che agire con spirito democratico ed egualitario è sempre possibile. Ad oggi nel mondo sono già più di 20 gli Stati che riconoscono le nozze gay, mentre in altri sono legali le unioni civili. Oltre alla già citata Irlanda, in Europa le nazioni in cui sono state già introdotte regolamentazioni per matrimoni e unioni civili fra coppie dello stesso sesso sono: Olanda, Francia, Danimarca, Svezia, Norvegia, Islanda, Belgio, Finlandia, Repubblica Ceca, Svizzera, Germania, Portogallo e Gran Bretagna; inoltre nella maggior parte di questi Paesi è stata resa legale anche l’adozione, equiparando in tutto e per tutto diritti e doveri dei matrimoni omosessuali a quelli delle coppie eterosessuali.
L’Italia, invece fa parte di quei 9 Paesi europei in cui ancora oggi non esiste nessun tipo di provvedimento a tutela dei diritti delle coppie omosessuali; a fare compagnia all’Italia in questa seconda lista sono: Grecia, Cipro, Lituania, Lettonia, Polonia, Slovacchia, Bulgaria e Romania. Da anni orami si parla di rendere legali le unioni civili per le coppie gay, ma pare che nel bel Paese le obiezioni di chi considera impensabile l’unione fra persone dello stesso sesso sembrano prevalere. Dopo la notizia del sì irlandese ai matrimoni gay le dichiarazioni sono state contrastanti; la Presidente della Camera Laura Boldrini ha così commentato il risultato del referendum riferendosi alla situazione italiana: «Dall’Irlanda una spinta in più. È tempo che anche l’Italia abbia una legge su unioni civili. Essere europei significa riconoscere i diritti». E pare che a muoversi in questa stessa direzione sia la maggioranza del PD, col governo Renzi che già da tempo promette un disegno di legge a riguardo. Ma il tempo continua a passare, e l’Italia rimane ancora fra gli ultimi Paesi rimasti a non tutelare in nessun modo i diritti civili delle coppie omosessuali, rimanendo così gravemente indietro in tema di eguaglianza, parità di diritti e lotta alla discriminazione. A pesare fortemente sull’opinione pubblica pare sia la forte contrarietà della maggioranza cattolica al riconoscimento delle coppie omosessuali, la quale vede nel matrimonio un vincolo che non può esistere se non tra uomo e donna, in quanto atto alla procreazione. Ma questa visione del matrimonio risulta in realtà molto limitata e superata, se si pensa alla reale situazione attuale.
Riflettendo meglio, non si tratta solo dei diritti civili degli omosessuali, ma dei diritti civili di tutti; si tratta di garantire l’uguaglianza e la possibilità per tutti di raggiungere la felicità. Nessuno dovrebbe essere discriminato ed emarginato per le proprie scelte sessuali e personali. Gran parte dell’opinione pubblica si chiede perché impedire a due persone che si amano e rispettano di rendere ufficiale la propria unione. Se da una parte cattolici e tradizionalisti sanciscono la non naturalità dell’unione di due persone dello stesso sesso rifiutando di riconoscere loro il diritto di unirsi in matrimonio, un’altra parte sempre più numerosa di cittadini italiani afferma che uno Stato che non garantisce tutela e diritti per tutti in maniera incondizionatamente paritaria non può considerarsi civile.
Lorena Peci
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