Un gruppo di scienziati italiani, insieme a colleghi di altri Paesi, ha realizzato un atlante che rappresenta l’inquinamento luminoso. La pubblicazione del lavoro di ricerca riguardante la realizzazione del nuovo “Atlante mondiale dell’inquinamento luminoso” è apparsa sul numero X di Scienze Advances.
Per la ricerca, l’Italia è il peggiore tra i Paesi industrializzati per l’inquinamento luminoso. Il nostro Paese infatti, è, insieme alla Corea del Sud, tra quelli del G20 con il territorio più inquinato dalla luce artificiale. Un problema così diffuso da impedire al 77% della popolazione di ammirare a dovere lo spettacolo notturno delle stelle. Viene definito “inquinato” un cielo con un livello di luminosità artificiale tale da oscurare le osservazioni astronomiche. Più di ¾ degli italiani non può vedere la Via Lattea da dove abita: infatti, una delle più vaste regioni del mondo da dove non si può più vedere la galassia per antonomasia è la Val Padana. La ricerca internazionale, coordinata dalla squadra italiana dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’inquinamento luminoso (ISTIL), è stata realizzata in collaborazione con la NOAA, agenzia statunitense per l’atmosfera e gli oceani, l’università israeliana di Haifa e il centro tedesco di ricerca geologica GFZ di Potsdam. Più dell’80% del pianeta si trova con un cielo illuminato da luci artificiali che non permettono alla volta celeste di assumere quel caratteristico colore scuro notturno. In alcuni luoghi, come Singapore, gli abitanti non fanno praticamente mai esperienza di una notte davvero buia, al punto che i loro occhi non hanno mai modo di adattarsi alla visione notturna. Questo accade anche in numerosi luoghi dell’Italia, che dovrà iniziare a prendere seriamente in considerazione il fatto che è il primo dei Paesi industrializzati ad avere un problema così serio.
Il confronto con il resto delle città europee, infatti, non ci deve lasciare indifferenti: Monaco di Baviera è molto meno inquinata di Milano, nonostante il numero simile di abitanti. Tra Roma e Berlino, dove entrambe hanno la stessa popolazione, la capitale tedesca ha cieli notturni più oscuri. «Il motivo è che usano meno luce rispetto a noi: le strade sono meno illuminate, pur non essendoci livelli inferiori di sicurezza, e consumano di meno», ha spiegato a Focus Fabio Falchi, autore dell’atlante, professore di fisica all’Istituto Superiore “Galileo Galilei” di Mantova e volontario dell’ISTIL. I luoghi dove ancora si possono rivolgere gli occhi verso un cielo relativamente buio sono la Sardegna, l’Alto Adige e alcune zone in Maremma e sull’Appennino, mentre gli ultimi rifugi dell’oscurità nel resto d’Europa si trovano in poche zone della Scozia, Svezia e Norvegia. I Paesi meno inquinati dalla luce artificiale nel cielo notturno sono il Ciad, la Repubblica Centrafricana e il Madagascar, dove i ¾ degli abitanti vivono sotto cieli notturni abbastanza scuri. Tra i Paesi del G20, sorridono Canada e Australia. Anche indiani e tedeschi possono vedere facilmente la Via Lattea dalle loro finestre.
La ricerca, inoltre, si è soffermata anche nell’ammonire la tecnologia Led. Infatti, questo studio evidenzia i grandi rischi legati ad un uso indiscriminato di questa tecnologia. Secondo i ricercatori, l’attuale migrazione dalla tecnologia delle lampade al sodio a quella delle sorgenti a Led potrebbe raddoppiare o triplicare la luminescenza del cielo durante le ore notturne. «Per realizzare l’atlante – ha spiegato ancora Falchi – i ricercatori hanno catalogato le immagini riprese da un satellite (il Suomi National Polar-orbiting Partnership) che ha a bordo uno strumento proprio per la misura dell’inquinamento luminoso. Successivamente un software sviluppato da ISTIL ha calcolato il contributo della luminosità del cielo stellato dovuto alle sorgenti nel raggio di 200 chilometri. Infine le mappe sono state calibrate con più di 30 mila misure di luminosità del cielo notturno in giro per il mondo».
Gianluca Merla
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