ORLANDO − Nella giornata di domenica 12 giugno, gli Stati Uniti d’America hanno assistito, impotenti, alla più grande strage di civili compiuta con armi da fuoco della loro storia. Omar Mateen, una guardia giurata di origini afgane, è entrato in uno dei locali gay della città, il Pulse, uccidendo 49 persone e ferendone più di 50.
Durante lo svolgimento della serata, Mateen è entrato in discoteca armato di pistola e fucile mitragliatore d’assalto per aprire il fuoco sulla folla. Dopo essere entrato nel locale, si è barricato al suo interno, trattenendo per ore diversi ostaggi. Il bilancio delle vittime è passato da 49 a 50 quando ad esse si è aggiunto lo stesso attentatore, perito nello scontro a fuoco con la Polizia locale. Fuori dalla discoteca, poco prima che Mateen venisse ucciso, un reporter locale ha detto di aver udito forti esplosioni e di come la Polizia fosse arrivata sul posto con i cani anti – bomba. L’aggressore aveva con sé un ordigno esplosivo, mentre una seconda possibile bomba avrebbe potuto trovarsi nella sua auto. L’FBI ha provveduto a circondare la sua casa a Fort Pierce, per poi perquisirla e sequestrare qualsiasi oggetto utile alle indagini; gli agenti si tenevano pronti a disinnescare eventuali terzi ordigni. A sventare in California un eventuale secondo massacro è stata la Polizia di Los Angeles, che ha arrestato un certo James Howell, 20enne diretto al Gay Pride cittadino munito di tre fucili d’assalto, 18 litri di prodotti chimici per fabbricare esplosivi e una copiosa quantità di munizione. Il suddetto è stato arrestato a Santa Monica. A smentire un collegamento con i fatti di Orlando è stato il sindaco di Los Angeles, Eric Garcetti; le indagini, comunque, sono ancora in corso.
Il killer, Omar Mateen, nato nel 1986, era cittadino americano mentre i genitori hanno origine afgane. L’uomo, essendo una guardia giurata, aveva due tipi di porto d’armi: la categoria D, per i privati che svolgono mansioni di security officer, e la categoria G. «Non è ancora stato accertato se la sparatoria al club gay di Orlando – queste le parole dell’FBI riportate da la Repubblica – sia un crimine di odio o un atto terroristico». Secondo quanto afferma la Polizia una loro fonte avrebbe informato l’NBC che Mateen, prima di compiere la strage, avrebbe chiamato il 911 per giurare fedeltà allo Stato Islamico (IS). Peraltro l’FBI aveva indagato a suo tempo il suddetto per sospetti legami con il terrorismo islamico, ma non erano mai riusciti a dimostrare nulla. Poco dopo l’attentato, comunque, dal web sarebbe arrivata dall‘Amaq news agency (uno dei canali di comunicazione dello stato di Al – Baghadadi) una rivendicazione della strage, inoltre l’omicida sarebbe stato definito dalla stessa «un nostro combattente». Site, sito di monitoraggio della attività jihadiste, afferma che i sostenitori del Califfato hanno accolto con gioia tale atto: «Possa Allah accogliere l’eroe che lo ha fatto e ispirare altri a fare lo stesso», «Questo è l’eroe che ha ucciso 25 crociati pervertiti in un nightclub, possa Allah accettarlo tra i suoi martiri» e ancora in merito «Il miglior regalo per il Ramadan». Le indagini in ambito familiari, del resto, lasciano trapelare versioni molto contrastanti: infatti se l’ex consorte lo definisce poco religioso, bipolare e violento ‒ «Mi picchiava e lo faceva anche solo perché il bucato non era pronto e cose del genere» ‒, il padre Seddique, schierato a favore dei Talebani, ipotizza come causa della furia omicida del figlio un semplice bacio tra omosessuali. «Il movente religioso non c’entra nulla, ha visto due gay che si baciavano a Miami un paio di mesi fa ed era molto arrabbiato. Siamo scioccati come il resto dell’America», queste le sue parole riportate da Repubblica. Un amico d’infanzia parla di lui come un ragazzo giocoso, divenuto serio con l’avanzare dell’età. Praticava il Body Building e voleva fare il poliziotto. L’imam Syed Shafeeq Rahman lo ha descritto come un uomo introverso, ma mai incline ad atti violenti.
Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, ha chiesto al Governo un’informazione costante in merito e ha espresso tutto il suo dolore e il suo supporto verso le famiglie delle vittime; contestualmente il Governatore della Florida, Rick Scott, invece, ha ufficialmente dichiarato lo stato d’emergenza. «Sappiamo abbastanza per dire che si tratta di un atto di terrore e un atto di odio. Nessun atto di terrore o di odio cambierà chi siamo come americani», queste le parole del leader uscente del Paese, che poi ha proseguito spiegando come «il massacro mostra come è facile per gli americani essere uccisi a scuola, in chiesa, nei cinema o nei nightclub. Questa strage è un ulteriore richiamo a come sia facile per qualcuno entrare in possesso di un’arma. Dobbiamo decidere se questo è il tipo di Paese che vogliamo essere». I cruenti fatti del Pulse, inoltre, hanno molto influito sulla campagna elettorale per il nuovo Presidente in corso negli USA. In “risposta” al pacato commento di Hillary Clinton «Mi sono svegliata con la devastante notizia della Florida. In attesa di ulteriori informazioni, i miei pensieri vanno alle persone colpite da questo orribile atto», Donald Trump avrebbe detto – previe condoglianze -: «Apprezzo le congratulazioni per aver avuto ragione sul terrorismo radicale islamico, ma non voglio congratulazioni, voglio durezza e vigilanza. Dobbiamo essere svegli».
Il quotidiano la Repubblica ha riportato anche la testimonianza di Ricardo J. Negron Almodovar, il quale ha raccontato la strage su Twitter. «Ero lì. Un uomo ha aperto il fuoco intorno alle 2 di notte. La gente sulla pista da ballo e al bar si è buttata a terra e alcuni di noi che erano vicino al bar e alla uscita sono riusciti a raggiungere l’esterno. Siamo corsi fuori. Io sono sano e salvo a casa. Spero che anche gli altri stiano bene». Il suddetto ha parlato di spari, corse e gente a faccia a terra, insomma un triste disegno che rievoca alla memoria la strage del Bataclan. A sua detta, il locale era pieno e al suo interno vi erano più di 100 persone. È giunta sul web tramite il Mail Online pure l’ultimo straziante messaggio di una vittima, Eddie Justice di 30 anni, alla madre: “Ci ha preso, è qui con noi”. E ancora “He’s coming”, “I’m gonna die”, “Mommy i love you”. Il suo “Call the Police” non è servito, alla fine, a molto. Giorni di lutto negli USA, che da poco hanno perso anche la giovane cantante Christinia Grimmie, freddata con più colpi di pistola, tuonati da un folle, in occasione di un suo concerto tenutosi sempre ad Orlando.
Capitolo feriti: naturalmente vi è bisogno di sangue, e anche con una certa urgenza. «Qui noi LGBT (lesbiche, gay, bisex, transgender) siamo una comunità, una famiglia. Questo massacro non colpisce alcuni, tocca tutti», afferma una sopravvissuta secondo quanto detto da la Repubblica. Tuttavia la comunità si ritrova impedita e bloccata nell’aiutare i feriti a vincere la loro battaglia contro la morte: infatti la Food and Drug Administration, autorità americana in materie analoghe, afferma il divieto totale di donazioni di sangue nei confronti di chi ha intrattenuto rapporti sessuali con persone dello stesso sesso, eccezion fatta se si è praticata dell’astinenza dai rapporti carnali per più di un anno. Tale diktat affonda le sue radici nell’America anni ’80, ove per fronteggiare l’emergenza AIDS, la FDA impose a chi avesse avuto rapporti con il suo stesso genere un divieto vita natural durante. Soltanto un anno fa sono state introdotte delle eccezioni in materia. «Non esistono categorie a rischio, ma comportamenti a rischio e valgono a prescindere dall’orientamento sessuale. […] Non esistono basi scientifiche per dire che un particolare orientamento sessuale sia più promiscuo di altri. In poche parole, non è la scienza a dare alibi a queste discriminazioni. Le restrizioni praticate in America hanno origini puramente politiche, sono basate sul pregiudizio che un gay sia più promiscuo, ma non è la scienza a dirlo è la politica, è il residuo di un pregiudizio che risale all’epoca dell’epidemia di Aids, ma oggi l’Aids colpisce al 90% gli etero. I pregiudizi sono un errore clamoroso», spiega Stefano Vella – medico e presidente dell’International AIDS Society – ai microfoni de La Repubblica.
«Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona», recita l’articolo 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo; «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione», anticipa l’articolo 2.
Francesco Raguni
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