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Denunce per caporalato tra Gela e Acate
08 Ottobre 2015
AttualitàCittà

Denunce per caporalato tra Gela e Acate

Home » Attualità » Denunce per caporalato tra Gela e Acate

bracciantiGELA (CL) – Ad inizio settimana fra Gela e Acate (Ragusa), precisamente in contrada Piano Stella, sono scattate 5 denunce da parte della Guardia di Finanzia per caporalato. Il fenomeno, oggi all’attenzione dei media nazionali, consiste in un sistema di reclutamento della manodopera attuato nel meridione ad opera dei caporali, un sistema che si basa sullo sfruttamento della forza lavoro. Il reato in questione è il 603 bis, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

I denunciati, tra cui il titolare dell’azienda agricola, dovranno rispondere di infrazione delle norme a tutela del lavoratore, con aggravamento a causa di sfruttamento di donne e bambini. Difatti, l’azienda aveva “assunto” 44 rumeni (di cui 4 minori e 20 donne), alcuni dei quali in nero e tutti con una busta paga non corrispondente alla reale entità del salario percepito. Come in molti altri casi simili, i braccianti erano costretti a lavorare per 8-9 ore al giorno nei campi, in condizioni sanitarie disastrose e senza l’utilizzo di alcuna dotazione antinfortunistica. I caporali assoldati dal titolare percepivano circa 2-3 € al giorno per bracciante per l’opera di reclutamento svolta, oltre ad un salario fisso.

Sfruttamento agricolo«Il caporalato – afferma il ministro delle Politiche agricole  Martina –  è una piaga antica e diffusa non solo nel Mezzogiorno, una stortura che va combattuta con ogni mezzo senza sottovalutarne nessun aspetto. […] Con il ministro Orlando abbiamo lavorato a proposte rafforzative come la confisca obbligatoria, l’arresto in flagranza, la responsabilità in solido degli enti coinvolti, l’indennizzo per le vittime di questi reati». Per quanto riguarda i controlli, il direttore generale del ministero del Lavoro Danilo Papa ha dichiarato che saranno presto intensificati i controlli sia direttamente nei campi, sia seguendo i furgoncini addetti al trasporto dei braccianti.

Negli ultimi mesi il fenomeno ha avuto una recrudescenza o, forse, dopo un lungo periodo di “clandestinità” è finalmente divenuto oggetto dell’attenzione dei media. Esempi del tentativo di contrastare la pratica criminale in questione sono la costituzione di una task force nella provincia di Foggia, particolarmente colpita dallo sfruttamento agricolo, o ancora l’stituzione della Rete del lavoro agri­colo di qua­lità lo scorso 1 settembre. L’organismo è stato ideato dal ministero delle Politiche agricole e dal ministero della Giustizia in collaborazione con l’INPS al fine di «raf­for­zare le ini­zia­tive di con­tra­sto dei feno­meni di irre­go­la­rità e cri­ti­cità che carat­te­riz­zano le con­di­zioni di lavoro nel set­tore agri­colo». Tuttavia, solamente 300mila su 740mila aziende agricole italiane hanno aderito alla rete e ciò è sintomatico del fatto che, soprattutto al Sud, il caporalato e lo sfruttamento dei braccianti è un fenomeno da molti ritenuto, se non positivo, quantomeno giusto e conveniente, e che pertanto è lontano dall’essere sconfitto. 

Viviana Giuffrida

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