BOLOGNA – Un coniuge, anche dopo aver cambiato identità sessuale, rimane pur sempre legalmente sposato come ha recentemente stabilito la Cassazione. Ad esempio, il matrimonio della coppia eterosessuale emiliana composta da Alessandro Bernaroli e Alessandra T., dopo il cambio di sesso del marito, è diventata una coppia sposata formata da due “Alessandre”. La coppia è coniugata dal 2005, ma il marito, dopo il matrimonio, ha avuto una dissociazione con il sesso datogli alla nascita e la sua reale identità di genere. Pertanto, nel 2009, ha ricorso al procedimento di mutamento di sesso, sia clinico che legale, con la rettificazione dell’attribuzione di sesso davanti al Tribunale di Bologna. Successivamente, la coppia ha appreso che l’impiegato comunale dell’ufficio anagrafe, oltre l’annotazione del cambiamento di sesso nel registro dello stato civile, stava procedendo in “motu proprio” un’ulteriore annotazione, quella dello scioglimento del loro matrimonio che, ai sensi dell’art.4 della legge n.164 del 1982, ha prodotto anche la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
I coniugi, allora, hanno presentato ricorso al Tribunale chiedendo la cancellazione in quanto era stata effettuata in “contra legem”, perché si possono annotare solo le pronunce giudiziarie e, nel caso, non vi era alcuna sentenza di divorzio. Il Tribunale ha poi accolto la domanda, ordinando la cancellazione dell’annotazione di scioglimento del matrimonio disposta dal Comune. Per il Tribunale la legge contempla solamente l’annotazione di provvedimenti giudiziali di rettificazione escludendo alcuna annotazione di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Il ministero dell’Interno impugnava la decisione, che veniva così integralmente riformata dalla Corte d’Appello di Bologna con il decreto del 4 febbraio 2011. Per la Corte il principio di veridicità che regge lo Stato Civile impone un’esatta corrispondenza delle annotazioni presenti sugli atti dello stesso con la reale condizione giuridica del matrimonio. Quindi, rettificare il sesso di uno dei coniugi significherebbe mancare il presupposto legittimo indispensabile in un vincolo matrimoniale, cioè la diversità sessuale dei coniugi. Ma proseguendo in Cassazione, la Consulta ha poi dichiarato l’illegittimità del divorzio forzato in casi come questi, scrivendo: «Non può che comportare la rimozione degli effetti della caducazione del vincolo matrimoniale sul regime giuridico di protezione dell’unione, fino a che il legislatore non intervenga a riempire il vuoto normativo, ritenuto costituzionalmente intollerabile, costituito dalla mancanza di un modello di relazione tra persone dello stesso sesso all’interno del quale far confluire le unioni matrimoniali contratte originariamente da persone di sesso diverso e divenute, mediante la rettificazione del sesso di uno dei componenti, del medesimo sesso».
Il verdetto, però, non determina l’estensione del modello di unione matrimoniale alle unioni omoaffettive. Così la Suprema Corte ha ritenuto necessario accogliere il ricorso delle due “Alessandre” e conservare loro il riconoscimento dei diritti e doveri conseguenti al vincolo matrimoniale legittimamente contratto fino a quando il legislatore non consenta ad esse di mantenere in vita il rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed obblighi. Alessandra Bernaroli, subito dopo la sentenza, ha dichiarato: «È stata una grande soddisfazione, ci abbiamo sempre creduto. È una gioia che ci ricompensa di tante sofferenze» ha inoltre dichiarato, faticando a nascondere l’entusiasmo dopo la decisione della Cassazione secondo cui rimane valido il loro matrimonio anche dopo il suo cambio di sesso. Bernaroli, infine, ha concluso con queste parole: «Di fronte alla politica che in questo Paese spesso non decide, sceglie solo di rimandare, è stato il coraggio dei giudici di affermare la dignità e i diritti di tutte le persone. Mi ha fatto piacere sottolinea che la notizia sia arrivata proprio il 21 aprile, una data molto importante qui a Bologna: la ricorrenza della “liberazione”. Non ci ricordiamo più di quelle leggi del 1938 che discriminavano alcune persone per il credo o la razza, ma ancora oggi, dopo settant’anni, stiamo a chiederci se alcune persone vanno considerate di serie B perché sono nate con un orientamento sessuale diverso, come se dalla Storia ancora non abbiano imparato nulla».
Marcello Strano
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