Il Corriere
Un’idea venuta in mente mentre era in vacanza in Grecia: Boyan Slat, studente di ingegneria aerospaziale dell’Università di Delft, nei Paesi Bassi, tuffandosi nel mare greco per esplorare le meraviglie sottomarine ha invece scoperto un’immensa distesa di rifiuti e plastica.
Il suo progetto per ripulire gli oceani dalla plastica, battezzato Ocean Cleanup Array, verrà inaugurato a partire dal 2016. Secondo il Corriere, si tratta di barriere galleggianti ancorate al fondale, le quali sfruttano le correnti per filtrare i rifiuti e raccoglierli in una piattaforma che li separa dal plancton e li conserva per il riciclo. Il sistema verrà sperimentato per due anni nelle acque vicine all’isola di Tsushima, in Giappone, dove, a causa dei vortici d’acqua, ogni anno si depositano circa 30 mila metri cubi di rifiuti. «Filtri e barriere occuperanno un raggio di oltre un chilometro e mezzo, ma saranno innocui per la flora e la fauna dell’oceano» assicura il ventenne. Il progetto è stato accolto positivamente da un centinaio tra scienziati ed ingegneri.
Ma non solo il Giappone. L’obiettivo principale di Slat è quello di ripulire dalla plastica la parte di oceano che si trova nel Great Pacific Garbage Patch, la “discarica del Pacifico”, denominata così perchè contiene una vasta concentrazione di rifiuti tra le Hawaii e la California. Entro cinque anni Slat vorrebbe ampliare il sistema di filtri per coprire un raggio di quasi cento chilometri.
Molti sono i diffidenti del suo ambizioso progetto. Questi, infatti, sostengono che difficilmente questo metodo riuscirà a filtrare la cosiddetta micro-plastica, composta da frammenti della dimensione di un chicco di riso. Ma le opinioni di pochi scettici non scoraggiano il giovane Boyan che continua a studiare e a lavorare alla sua lodevole iniziativa.
Valentina Friscia
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