Con la pausa per l’All-Star Game, in programma nella notte tra domani e dopodomani, la stagione NBA entra nella sua fase cruciale, quella in cui non si può più sbagliare e si inizia a pensare sempre più insistentemente ai playoff. Tra poche settimane, infatti, ci sarà anche la trade deadline, ossia l’ultimo giorno entro cui sarà possibile effettuare scambi di giocatori (di solito lo si può fare fino a inizio febbraio, quest’anno invece entro e non oltre il 25 marzo).
La regular season NBA è iniziata più tardi del solito, partendo soltanto lo scorso 22 dicembre rispetto al classico iniziato fissato a metà-fine ottobre, complice la ripresa della passata stagione nella bolla di Orlando a luglio, dopo poco meno di cinque mesi di stop causati dalla pandemia di coronavirus. I campioni in carica dei Los Angeles Lakers sono ancora considerati da molti addetti ai lavori i favoriti per la vittoria finale, ma non hanno convinto appieno sin qui, soprattutto a causa dell’infortunio di Anthony Davis, che ha riportato un problema al tendine d’Achille e ha saltato le ultime nove gare, in cui i gialloviola hanno fatto registrare appena tre vittorie e ben sei sconfitte.
I Lakers sono così piombati al terzo posto (24-13), facendosi scavalcare in classifica anche dai Phoenix Suns (24-11), attualmente secondi alle spalle degli Utah Jazz, primi col miglior record della lega (27-9). I detentori del titolo NBA, inoltre, hanno un margine di vantaggio tutt’altro che rassicurante sui rivali dei Clippers (24-14), sui Portland Trail Blazers (21-14) e sui Denver Nuggets (21-15), mentre San Antonio Spurs (18-14) e Dallas Mavericks (18-16) hanno rispettivamente cinque e tre partite in meno rispetto ai gialloviola e hanno quindi la chance di accorciare ulteriormente il distacco.
Fresco di vittoria del premio di Giocatore del mese della Western Conference, con medie di 27.9 punti, 3.7 rimbalzi e 4.5 assist col 52% al tiro e il 39.5% da tre, Devin Booker è il giocatore copertina dei sorprendenti Phoenix Suns e si è anche guadagnato la seconda convocazione consecutiva all’All-Star Game, sostituendo l’infortunato Anthony Davis: essendosi infortunato a sua volta, però, verrà sostituito da Mike Conley, alla sua prima convocazione in carriera. I Suns hanno vinto quattordici delle ultime diciassette gare giocate, di cui quattro di fila, e arrivano all’All-Star Break da secondi a Ovest per la prima volta dal 2007, quando in panchina c’era Mike D’Antoni. Merito anche e soprattutto di un Chris Paul che trasforma in oro tutto ciò che tocca: dopo il capolavoro agli Oklahoma City Thunder, trascinati ai playoff nonostante ESPN attribuisse loro un decisamente poco incoraggiante 0.2% di approdare alla postseason, CP3 intende riportare Phoenix ai playoff NBA dopo ben dieci anni.
Può sorridere anche Portland, che senza gli infortunati C.J. McCollum e Jusuf Nurkic si affida a un Damian Lillard in formato MVP (44 punti e 7 assist per lui nella recente vittoria per 123-119 contro i Sacramento Kings) e a un Carmelo Anthony che a quasi 37 anni non lascia affatto intravedere i segni del tempo che passa e mette in bella mostra tutto il suo sconfinato talento cestistico, proprio come ai vecchi tempi (22.3 punti, 2.3 rimbalzi, 3 assist e 1.7 palle recuperate col 56% al tiro e il 45% dalla lunga distanza nelle tre gare giocate a marzo per il dodicesimo miglior realizzatore della storia NBA).
A Est, invece, al primo posto ci sono sempre i Philadelphia Sixers (24-12), trascinati da un Joel Embiid attualmente favorito per la vittoria dell’MVP. Il centro camerunese sta viaggiando a medie di 30.2 punti, 11.6 rimbalzi, 3.3 assist, 1.2 palle rubate e 1.4 stoppate col 52% dal campo e il 42% da dietro l’arco. Nella recente vittoria per 131-123 contro gli Utah Jazz primi a Ovest, inoltre, Embiid ha messo a referto una sontuosa doppia doppia da 40 punti, 19 rimbalzi, 3 assist, un recupero e 2 stoppate col 52% al tiro (14/27) e il 40% da tre (2/5), rinsaldando ulteriormente la propria posizione nella corsa al premio individuale più ambito.
Alle spalle dei Sixers, i Brooklyn Nets (24-13) sono saliti di livello nonostante l’assenza di Kevin Durant, che ha saltato le ultime nove gare (nonché dodici delle ultime tredici), in cui la squadra di Steve Nash, coach del mese di febbraio (record 9-4, il migliore della Eastern Conference), ha ottenuto ben otto vittorie e appena una sconfitta, non perdendo mai con Kyrie Irving e James Harden in campo. Quest’ultimo è recentemente diventato il primo giocatore nella storia della NBA a mettere a referto una tripla doppia da almeno 30 punti, 10 rimbalzi, 15 assist e 0 palle perse, chiudendo a quota 30 punti, 14 rimbalzi, 15 assist col 52% dal campo (12/23) e il 43% da tre (3/7) contro i San Antonio Spurs.
Il Barba, inoltre, è stato nominato Giocatore del mese di febbraio, in cui ha prodotto medie di 25.6 punti, 8.8 rimbalzi e 10.7 assist col 49% al tiro e il 43% da dietro l’arco in tredici partite. Anche Harden, dunque, dopo un inizio di stagione sottotono torna prepotentemente in corsa per l’MVP, ma la concorrenza è piuttosto folta e comprende, oltre ai già citati Embiid e LeBron (che ha perso terreno a causa del periodo negativo dei suoi Lakers) e a una difficile ma non impossibile sorpresa (Mitchell e Booker, tra i tanti), anche Stephen Curry, Nikola Jokic e Giannis Antetokounmpo, con quest’ultimo che detiene gli ultimi due premi di MVP e legittima la sua candidatura a una storica tripletta (mai riuscita a nessuno sin qui) con medie di 29 punti, 11.7 rimbalzi, 5.9 assist, 1.3 recuperi e 1.4 stoppate col 56% dal campo. Anche e soprattutto grazie ai suoi numeri, Milwaukee è risalita in classifica ed è attualmente terza (22-14).
La rivelazione della Eastern Conference è senza alcun dubbio New York: i Knicks, infatti, sono attualmente quinti con un record positivo (19-18) e arrivano all’All-Star Break tra le prime otto in classifica per la prima volta dopo sette stagioni di fila senza mai competere per un piazzamento ai playoff. La più grande delusione fino a qualche settimana fa, invece, era da molti ritenuta una tra Washington e Miami, ma sia i Wizards che gli Heat si sono risollevati: i primi hanno vinto dieci delle ultime diciassette partite disputate, mietendo numerose vittime illustri (Celtics, Nuggets, Blazers, Lakers e Clippers) grazie alla coppia Westbrook-Beal, attualmente il duo più prolifico in NBA con 53.2 punti a partita, mentre i secondi hanno ritrovato il loro leader Jimmy Butler e hanno infilato undici vittorie nelle scorse quindici gare.
A rimpiazzare le due sopracitate nella poco gratificante veste di squadra flop a Est è inevitabilmente Atlanta, protagonista di un mercato faraonico (Gallinari, Rondo e Bogdanovic tra i nuovi arrivati, oltre a un Capela tornato a calcare il parquet dopo aver saltato tutta la seconda parte della scorsa stagione), ma incapace di trovare continuità di rendimento e di risultati, tanto da mettere insieme appena tre vittorie nelle ultime undici gare con Lloyd Pierce in panchina: quest’ultimo è stato infatti licenziato e sostituito da Nate McMillan, già membro del suo staff e reduce da quattro anni agli Indiana Pacers. Il cambio di allenatore sembra aver dato la scossa giusta, con due vittorie in altrettante partite, contro Miami Heat e Orlando Magic.
Di seguito la classifica dei candidati al premio di MVP, Difensore dell’anno e Matricola dell’anno.
Dennis Izzo
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