Poco meno di un mese fa, Carmelo Anthony ha firmato un contratto non garantito – convertito successivamente in un accordo annuale al minimo salariale – coi Portland Trail Blazers, tornando in NBA a poco più di un anno di distanza dalla fine della sua avventura tutt’altro che memorabile con la maglia degli Houston Rockets: appena dieci le apparizioni stagionali in Texas, prima della decisione di franchigia di interrompere il rapporto. Melo a Houston non era riuscito a convincere, rivelandosi un pesce fuor d’acqua nel sistema di gioco di coach Mike D’Antoni, con cui aveva già lavorato a New York, inadatto a ricoprire il ruolo di semplice tiratore, con le stelle della squadra James Harden e Chris Paul a dividersi i possessi.
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Messo sotto contratto con un annuale al minimo salariale nell’estate 2018 dai Rockets dopo essere stato tagliato dagli Atlanta Hawks, che a loro volta lo avevano prelevato via trade dagli Oklahoma City Thunder nell’ambito dell’affare per portare il playmaker tedesco Dennis Schröder a OKC, Anthony sembrava pronto a riscattarsi dopo un’annata piuttosto altalenante in quel di Oklahoma City al fianco di due stelle del calibro di Russell Westbrook e Paul George. Dopo alcune prestazioni convincenti in un avvio stagionale da dimenticare per i Rockets (appena una vittoria nelle prime sei gare stagionali), Melo offre la peggior prestazione della sua nuova avventura proprio contro i Thunder, segnando appena un canestro su undici tentativi: è il 9 novembre 2018 ed è l’ultima volta che il classe ’84 indossa la maglia di Houston.
Da quel momento, in molti hanno puntato il dito contro il giocatore, accusandolo di essere in condizioni fisiche tutt’altro che accettabili, di aver ormai perso una volta per tutte lo smalto dei tempi migliori e di non aver saputo sfruttare un’occasione d’oro, dopo aver già toppato a OKC. Tante, insomma, le critiche nei suoi confronti, con la gran parte degli addetti ai lavori che si aspettava che Anthony chiudesse la sua carriera in Cina o in altri campionati meno competitivi della NBA, dove per lui pareva non esserci più spazio. Il buon vecchio Melo, tra i migliori scorer della storia, era ormai destinato a diventare un lontano ricordo: questo è quello che si vociferava e scriveva sul suo conto tra giornali, strade e televisioni. Nel frattempo, Carmelo si allenava duramente in privato per rimettersi in forma e aspettare la sua occasione, senza mai perdere la speranza e la fiducia nei propri mezzi.
Carmelo Anthony has been named the NBA's Western Conference Player of the Week. pic.twitter.com/rWP72V5p0F
— NBA on ESPN (@ESPNNBA) December 2, 2019
Quell’occasione, dopo poco più di un anno, è arrivata grazie alla chiamata della franchigia che lo aveva già cercato più volte negli anni scorsi, i Portland Trail Blazers di Damian Lillard e C.J. McCollum, reduci da una stagione più che positiva ma protagonisti di un avvio difficile nella regular season attualmente in corso, anche e soprattutto a causa dei tanti infortuni che hanno decimato il roster a disposizione di coach Terry Stotts. Approdato in Oregon tra lo stupore (e sì, anche un po’ di scetticismo) generale, Melo ha avuto modo di debuttare con la sua quinta squadra in carriera il 19 novembre, mettendo a referto 10 punti, 4 rimbalzi e una stoppata col 67% da tre (2/3) in appena 24′ nel match perso 115-104 contro i New Orleans Pelicans.
Dopo la prova positiva contro i Milwaukee Bucks (18 punti, 7 rimbalzi e 4 assist con 6/15 al tiro e 3/5 dalla lunga distanza in 29′), Anthony si rende autore di due ottime prestazioni contro i Chicago Bulls (25 punti, 8 rimbalzi, 2 assist e un recupero con 10/20 dal campo e 4/7 da tre in 31′ il 26 novembre e una doppia doppia da 23 punti, 11 rimbalzi, 4 assist e una palla rubata con 8/16 al tiro in 37′ il 30 novembre), trascinando i suoi Blazers a tre vittorie consecutive: le due contro i Bulls più quella contro i suoi ex Thunder, che ha accolto con 19 punti, 4 rimbalzi e 2 assist con un superlativo 82% dal campo (9/11). La settimana di imbattibilità di Portland e le sue prestazioni degne di nota gli sono valse anche la vittoria del premio di Giocatore della settimana della Western Conference, con medie di 22.3 punti, 7.7 rimbalzi e 2.7 assist col 57% al tiro (27/47), il 45% da dietro l’arco (5/11) e l’89% dalla lunetta (8/9). In dodici gare sin qui disputate coi Blazers, tutte partendo in quintetto, Melo sta viaggiando a medie di 16.3 punti, 5.9 rimbalzi, 1.3 assist e 1.3 recuperi col 41.5% dal campo e il 40% da tre: in tutti i casi, si tratta delle sue migliori cifre dal 2016-2017.
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35 anni compiuti lo scorso 29 maggio, Carmelo Anthony sta dimostrando di poter dire ancora la sua nella lega più famosa e competitiva al mondo, in una squadra che – nonostante la partenza tutt’altro che positiva in regular season – punta a centrare la qualificazione ai playoff per il settimo anno consecutivo. Insomma, i tanti che ritenevano che fosse ormai un giocatore finito e che avesse terminato tutte le possibilità a sua disposizione per continuare a giocare in NBA avevano sbagliato. Certo, gli anni d’oro sono passati, il numero 7 dietro alla schiena è stato sostituito dal doppio 0, scelto perché simile al simbolo dell’infinito e, soprattutto, “per la possibilità di avere un nuovo e grande inizio e lasciarsi alle spalle il passato”, ma Melo continua a divertire e a divertirsi e, soprattutto, è ancora in grado di farsi valere in attacco, nonostante l’evoluzione del gioco negli ultimi anni privilegi altri tipi di soluzioni offensive rispetto alle sue consuete scelte in attacco, come il mid-range (il tiro dalla media distanza) e l’attacco in post.
Selezionato dai Denver Nuggets con la terza scelta assoluta al Draft 2003, uno dei più famosi della storia (nello stesso anno, approdarono in NBA LeBron James, Dwyane Wade e Chris Bosh), Anthony ha vinto un titolo di miglior marcatore della regular season nel 2012-2013, segnando 28.7 punti a partita in 67 presenze con la maglia dei New York Knicks, è stato convocato ben dieci volte all’All-Star Game (quattro con Denver, sei con New York), è stato inserito sei volte nei migliori quintetti NBA (due nel secondo, quattro nel terzo) ed ha trascinato la Nazionale statunitense alla vittoria di ben tre ori olimpici, rispettivamente a Pechino nel 2008 (21 punti nella semifinale vinta contro i campioni in carica dell’Argentina), a Londra nel 2012 e a Rio de Janeiro nel 2016, e di una medaglia di bronzo ad Atene nel 2004 (nessun cestista americano ha vinto più medaglie di lui). “Questo voglio vedere: Carmelo Anthony che si diverte a giocare lo sport che ama. Bentornato!”, aveva esclamato Chris Webber, ex ala grande cinque volte All-Star in carriera e attualmente commentatore sportivo di TNT al fianco di Marv Albert, nel corso della prima gara di Anthony coi Blazers, dopo un anno di assenza in cui ha dovuto ascoltare e leggere le peggiori critiche e cattiverie.
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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