La stagione NBA più strana di sempre si conclude nella mattinata italiana del 12 ottobre, dopo ben 355 giorni, quasi un anno, dall’inizio della regular season 2019-2020. Nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2019, infatti, si disputarono le prime due gare ufficiali: a dare il via alle danze fu la sfida inaugurale tra i campioni in carica dei Toronto Raptors e i New Orleans Pelicans, poi i riflettori si spostarono sul derby di Los Angeles tra i Lakers di LeBron James e Anthony Davis e i Clippers di Kawhi Leonard.
The @Lakers are the 2020 NBA Champions! #LakeShow pic.twitter.com/Pnwdbvq29D
— NBA (@NBA) October 12, 2020
All’AdventHealth Arena di Orlando, i Los Angeles Lakers si impongono per 106-93 sui Miami Heat, conquistando un titolo che mancava dal 2010 e eguagliando i rivali dei Boston Celtics al primo posto nella classifica dei titoli vinti (17). Nel 4-2 finale c’è anche e soprattutto la firma dell’ex di turno LeBron James, che chiude le sue Finals con una tripla doppia da 28 punti, 14 rimbalzi e 10 assist col 65% dal campo (13/20) e medie di 29.8 punti, 11.8 rimbalzi, 8.5 assist e 1.2 palle recuperate col 59% al tiro e il 42% da dietro l’arco, aggiudicandosi all’unanimità (undici voti su altrettanti votanti) il quarto MVP delle Finals della sua carriera.
The King diventa il primo giocatore della storia a vincere il riconoscimento individuale con tre squadre diverse (Miami Heat nel 2012 e nel 2013, Cleveland Cavaliers nel 2016 e, appunto, Los Angeles Lakers nel 2020). Prima di lui, inoltre, soltanto tre giocatori erano riusciti a vincere l’MVP delle Finals in occasione di ogni titolo vinto dalle rispettive squadre: Willis Reed (nel 1970 e nel 1973 coi New York Knicks), Michael Jordan (dal 1990 al 1993 e dal 1996 al 1998 con i Chicago Bulls) e Hakeem Olajuwon (nel 1994 e nel 1995 con gli Houston Rockets).
▪️ 4x NBA CHAMPION
▪️ 4x #NBAFinals MVP
▪️ 1st player in NBA history to win NBA Finals MVP with 3 different franchises@KingJames | #LakeShow pic.twitter.com/PA7UzuKc4o— NBA (@NBA) October 12, 2020
A quasi 36 anni, LeBron James smentisce per l’ennesima volta i suoi detrattori e porta a termine un’altra missione tutt’altro che scontata, riportando l’anello sulla sponda gialloviola di Los Angeles proprio nell’anno che si è aperto con la terribile notizia della morte di Kobe Bryant, vincitore di cinque campionati e due MVP delle Finali con la maglia dei Lakers. Dal momento della sua scomparsa, avvenuta lo scorso 26 gennaio, il gruppo guidato da coach Vogel si è unito ancor di più e ha avuto un unico obiettivo: arrivare fino in fondo e vincere il titolo per onorare la memoria di Kobe.
A rendere possibile l’impresa, infatti, non è soltanto LeBron James, ma anche Anthony Davis, che dopo le prime due partite della serie coi Miami Heat sembrava il favorito numero uno per la vittoria dell’MVP delle Finals. AD ha messo a referto medie di 25 punti, 10.7 rimbalzi, 3.2 assist, 1.3 recuperi e 2 stoppate col 57% dal campo e il 42% dalla lunga distanza nelle sei gare contro gli Heat, di cui una doppia doppia da 19 punti e 15 rimbalzi nella decisiva gara-6.
◾️ LeBron James wins his fourth NBA championship
◾️ Anthony Davis, Dwight Howard win first title; second for Rajon Rondo
◾️ Lakers win No. 17
◾️ NBA finishes historic season amid coronavirus; zero positives among players over 4 months pic.twitter.com/VsIQ7vx7VJ— Shams Charania (@ShamsCharania) October 12, 2020
Oltre al duo atomico LeBron-Davis, spiccano alcuni dei giocatori del supporting cast che hanno partecipato attivamente alla cavalcata a tinte gialloviola, spesso andando anche ben oltre le proprie possibilità e dimostrando di poter dire la loro in una squadra da titolo: tra questi, figurano i vari Rajon Rondo, Alex Caruso (partito in quintetto in gara-6, ha chiuso col plus/minus più alto, +20), Dwight Howard e Kentavious Caldwell-Pope (17 punti con 6/13 al tiro in gara-6).
Se è vero che il primo non aveva bisogno di dimostrare nulla, avendo già vinto un titolo NBA coi Boston Celtics nel 2008, è pur vero che in molti lo ritenevano un giocatore ormai a fine corsa e incapace di rappresentare un valore aggiunto dopo aver già dato il meglio di sé nella decade tra Boston, Dallas, Sacramento, Chicago e New Orleans. Eppure, il classe ‘86 ha dimostrato che in realtà ha ancora tante cartucce da sparare nel suo arsenale.
Rajon Rondo's 105 assists in the playoffs are the most by a bench player in one postseason since 1970-71, surpassing Manu Ginobili's 95 in 2014. pic.twitter.com/DJHrkEUnna
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Tornato a giocare in occasione di gara-1 del secondo turno dei playoff con gli Houston Rockets, dopo essere stato fuori per circa sei mesi, Rondo ha rappresentato una valida risorsa a disposizione di coach Vogel, che ha avuto la possibilità di ricorrere a un’arma efficace in uscita dalla panchina contro i Rockets prima, i Denver Nuggets e i Miami Heat poi.
Rondo ha fatto registrare 8.9 punti, 4.3 rimbalzi, 6.6 assist e 1.4 palle recuperate col 45.5% dal campo e il 40% da tre in questi playoff, chiudendoli con ben 19 punti, 4 rimbalzi e altrettanti assist con percentuali a dir poco ottime (73% al tiro con 8/11 e 75% da dietro l’arco con 3/4) nella gara-6 che ha assegnato l’anello ai Lakers.
Year 16 – Dwight Howard's an NBA champion! pic.twitter.com/vsZcdkyTws
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Howard, che inizialmente aveva deciso di non giocare a Orlando, è stato utilizzato saltuariamente in post season: fondamentale la sua presenza nelle serie con Portland (8.4 punti e 6.8 rimbalzi di media col 62% dal campo in 19’ per partita) e Denver (8.2 punti, 5.2 rimbalzi, un recupero e una stoppata col 79% al tiro in poco più di 20’ per gara), praticamente inoperoso invece contro Houston e Miami, il classe ‘85 è stato comunque uno dei simboli della storica vittoria dei Lakers ed è finalmente riuscito, seppur con un ruolo minore, in ciò in cui fallì nel 2013: vincere il titolo con la maglia gialloviola.
Caldwell-Pope, invece, è la vera sorpresa della post season dei gialloviola: spesso e volentieri bersagliato dalle critiche e dai commenti negativi, l’ex Detroit Pistons si è fatto valere in entrambe le metà campo ai playoff, segnando alcuni canestri importanti e rendendosi autore di giocate decisive anche in difesa. Le sue medie di 12.8 punti, 2.8 rimbalzi, 2 assist e una palla rubata alle Finals riassumono al meglio l’importanza del contributo offerto da KCP, da giocatore dannoso a risorsa imprescindibile nella cavalcata verso l’anello.
What a ride.
Thank you, #HEATtwitter pic.twitter.com/wTjuyxqmg7
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I Miami Heat hanno provato a riscrivere la storia in tutti i modi, aggrappandosi al cuore e alla grinta del loro straordinario Jimmy Butler – autore di una serie pazzesca contro i Lakers (26.2 punti, 8.3 rimbalzi, 9.8 assist e 2.2 recuperi col 55% dal campo), ma fisicamente non al top dopo aver essersi seduto a riposare in panchina appena per 49 secondi in gara-6 – e allo straordinario talento dei suoi giovani: dalla coppia di sublimi tiratori, Tyler Herro e Duncan Robinson, al polivalente centro Bam Adebayo, migliore dei suoi con una doppia doppia da 25 punti, 10 rimbalzi, 5 assist e 2 stoppate col 67% al tiro (10/15).
Nemmeno il rientro del veterano Goran Dragić, infortunatosi nel corso di gara-1, è bastato agli uomini di Erik Spoelstra per staccare il pass per gara-7, ma Miami può e deve essere ampiamente soddisfatta del suo percorso e di quanto fatto vedere quest’anno, tra regular season e playoff: gli Heat sono una squadra ancora molto giovane e hanno ampi margini di miglioramento. Oltre a ciò, stando a numerose indiscrezioni saranno anche la destinazione preferita di numerosi free agents di spessore.
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La sfida tra Lakers e Heat è stata spettacolare e divertente, ma soprattutto molto meno scontata del previsto. I gialloviola sono passati dall’avere la serie in pugno (3-1 dopo le prime quattro partite) a rischiare di andare a gara-7, ma alla fine hanno fatto valere la loro maggior dose di esperienza per archiviare la pratica, rispondendo immediatamente alla vittoria al cardiopalma di Miami per 111-108 in gara-5.
I Lakers dominano in lungo e in largo, portandosi addirittura sul +28 (64-36) alla pausa lunga, grazie a un pesantissimo parziale di 36-16 fatto registrare nel secondo quarto. La partita è quindi già chiusa dopo soli 24’, e a nulla vale la reazione degli Heat nella seconda parte di gara, con il parziale di 35-19 in loro favore nel quarto periodo che serve solo per l’onore e l’orgoglio di Miami. “Run it back” sarà l’imperativo da quelle parti in vista della prossima stagione, ma nel frattempo a festeggiare sono i Lakers, che chiudono la turbolenta stagione 2019-2020 nel migliore dei modi.
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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