Il creatore di IKEA, Ingvar Kamprad, ha assegnato quei nomi particolari e stravaganti ai suoi mobili per un motivo ben preciso: la sua dislessia, la quale non gli permetteva di ricordare come si chiamassero singolarmente. Scopriamo quali significati della cultura svedese si celano dietro quei nomi impronunciabili.
Leggere le etichette attaccate a mobili e accessori IKEA è come tornare bambini e cercare di coniare nomi impronunciabili per ribattezzare comuni oggetti. Per gli svedesi forse la cosa è molto più facile e intuitiva, ma per noi italiani il mistero celato dietro etichette quali blåhaj, låtsas o tärnö è sempre rimasto indecifrabile, fino ad ora. Secondo quanto riporta Focus, l’idea di ribattezzare i mobili con nomi così particolari è stata proprio del proprietario del colosso immobiliare svedese, Ingvar Kamprad, che a causa dei suoi problemi di dislessia non riusciva a memorizzarne i nomi specifici. Così, Kamprad ha ben pensato di associare ad ogni tipologia di mobile o accessorio un significato che lo identificasse con la cultura svedese. Vediamo, nello specifico, alcuni tra i più interessanti
Nomi difficili da pronunciare, ma decisamente creativi come i suoi mobili: a tal proposito, Ingvar non poteva che riservare un acronimo anche per il logo stesso della sua azienda. Dietro IKEA si nasconde, per l’appunto, un simpatico acronimo: IKEA sta per Ingvar, Kamprad, Elmtaryd (la Fattoria di famiglia dei Kamprad), più Agunnaryd, villaggio d’infanzia di Ingvar.
Chiara Forcisi
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Da sempre lettrice accanita, Chiara all’età di 13 anni pubblica You are my angel, il suo primo romanzo. Frequenta il Liceo Classico N. Spedalieri di Catania, dove completa gli studi in bellezza in qualità di rappresentante d’istituto e dirige, dopo averlo fondato, il giornalino scolastico Il Punto, degno erede di Voci di Corridoio, antesignano di Voci di Città. A marzo 2013 corona il suo più grande sogno: partire come delegate con l’Associazione Diplomatici alla scoperta della Grande Mela. Si laurea in Scienze della Comunicazione all’Alma Mater Studiorum di Bologna a luglio 2018. Inoltre, anche se è impegnata ad affrontare la vita quotidiana non si arrende e prova ancora a realizzare ciò che voleva fare fin dalla culla: salvare il mondo con le parole.