Il TTIP (Partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti) è un progetto di vasta portata. Qualora andasse in porto, fra gli Stati Uniti e l’Unione Europea si creerebbe la più vasta zona di libero scambio di merci e servizi del pianeta, in grado di rappresentare 800 milioni di persone e il 46% del PIL mondiale. I negoziati sono passati sottotraccia ed è stata mantenuta la massima riservatezza – quantomeno fino a qualche giorno fa, quando c’è stato un colpo di scena: Greenpeace è entrata in possesso di documenti che coinvolgono i due terzi della discussione sul trattato, svelando in questo modo le posizioni negoziali americane, fino a questo momento in larga parte rimaste confidenziali. Jorgo Riss, direttore di Greenpeace per l’Unione, ha dichiarato: «Questi documenti trapelati ci consentono uno sguardo senza precedenti sull’ampiezza delle richieste americane, che vogliono che l’UE abbassi o aggiri le sue tutele dell’ambiente e della salute pubblica nell’ambito del TTIP».
La pubblicazione dei TTIP leaks ha avuto ripercussioni notevoli in Europa. «La Francia, a questo stadio dei negoziati, dice no al trattato» ha affermato il presidente Francois Hollande, garantendo che «non siamo per il libero scambio senza regole e dunque non accetteremo mai la messa in discussione di principi essenziali per la nostra agricoltura, la nostra cultura, per la reciprocità dell’accesso ai mercati pubblici». Da parte sua, la commissaria per il commercio internazionale della Commissione, Cecilia Malmstrom, ha ricordato di aver ricevuto un mandato molto vincolante, che mette ben in evidenza «quali sono le nostre linee rosse non negoziabili». Senza dimenticare inoltre che, semmai si raggiungesse un accordo, questo dovrà essere approvato dal Parlamento europeo e dai 28 Stati membri prima di entrare in vigore. La commissaria prova così a ridimensionare il caso, ribadendo che «lo scopo non è quello di abbassare gli standard. Nessun accordo commerciale dell’UE abbasserà mai i nostri livelli di protezione dei consumatori, la sicurezza del cibo o dell’ambiente».
Lorenzo Guasco
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