Il campo è il giudice più duro ma più giusto. 0-2 e poco da recriminare, al di là del rigore sbagliato e dei primi 25 minuti. Il nome di Tabbiani viene messo alla gogna a gran voce da tutto lo stadio.
Un altro contropiede, come quello subito contro il Foggia, e un gioco senza mordente condannano il Catania alla sconfitta contro l’Avellino e una classifica mediocre.
E quindi non si può che parlare dell’extracampo. Perché è ovvio che la permanenza o meno di Tabbiani e i prossimi risultati sono e saranno l’unico argomento di interesse della piazza catanese.
In conferenza la sensazione era di un uomo mandato al patibolo. Corretta la contestazione, così come i dubbi circa la sua figura. Il tecnico ex Fiorenzuola si è già cosparso il capo di cenere, con maggiore umiltà rispetto alle prime conferenze stagionali (sebbene le dimmisioni sono un pensiero ancora lontano).
Ma qualcuno, questo tanto contestato allenatore, lo ha scelto, o no? Resta dunque attonito, l’ambiente, di fronte all’assenza ingiustificata di una dirigenza silente. Dopo un così diffuso dissenso metterci la faccia sembra il minimo, quanto meno per non caricare sulle sole spalle di Tabbiani l’intero peso della situazione attuale.
Ultima analisi sulla tifoseria. Da applausi l’atteggiamento della nord, mai doma durante i 90 minuti e assordante nella contestazione post partita condotta con grande civiltà. Gli applausi delle tribune a seguito del “vis a vis” con la squadra non sono stati casuali.
Non si può che storcere il naso, invece, di fronte ai fumogeni lanciati da alcuni membri (e non tutti, va sottolineato) della sud. Difficile comprendere il senso di un gesto che non fa bene a nessuno. Gli striscioni, i cori e i fischi sono più che sufficienti per mostrare il legittimo disappunto che peraltro è unanime per l’intera tifoseria. Lanciare oggetti in campo, con il rischio di far male al proprio portiere, nonché di fare squalificare lo stadio, è quantomeno eccessivo, oltre che stupido.
Francesco Mascali
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