Ventiquattro chilometri, dividono Wimbledon da Wembley. Pochi centimetri, separano una squadra dal diventare leggenda (per dirla alla Bonucci) e un tennista dall’entrare nell’olimpo dei più grandi.
Nel giro di poche ore, in quel di Londra, andranno in scena due finali (di cui una ha già lasciato il segno nella storia), che possono riscrivere le pagine dello sport italiano.
Nel campo centrale più iconico del tennis, alle ore 15, Matteo Berrettini sfiderà il numero uno al mondo Novak Djokovic per il titolo di Wimbledon; più tardi, alle 21, l’Italia sfiderà, in uno degli stadi più belli al mondo (Wembley), i padroni di casa dell’Inghilterra per aggiudicarsi Euro2020.
Come sono arrivati a questo punto
Berrettini, in fiducia dopo la vittoria al Queen’s, è entrato nella storiografia del nostro tennis, diventando il primo italiano di sempre ad arrivare all’atto conclusivo del torneo più famoso e importante al mondo.
All’inizio del torneo, era considerato come uno degli outsider da tenere sott’occhio ma, sicuramente, nessuno si sarebbe aspettato che potesse giungere fino in fondo. Nemmeno lui: “Penso di non averlo mai sognato, perché è troppo anche per un sogno“.
Il tennista romano, sfruttando anche un tabellone che gli ha offerto avversari alla portata, è sempre stato bravo a gestire la pressione e a mostrare un tennis di alta qualità. Ha dominato le partite, fin qui, affrontate e ha saputo soffrire nei pochi momenti di difficoltà (come dopo la fine del secondo set, ai quarti di finale, contro Auger-Aliassime).
L’Italia, che torna in finale di un europeo nove anni dopo l’ultima volta (sconfitta 4–0 contro la Spagna), ha vissuto, invece, un cammino più complicato per quanto riguarda la qualità degli avversari affrontati (nelle ultime due partite).
Gli Azzurri, passando il girone come primi, nella strada verso la finale hanno dovuto far fuori: Austria (2-1 ai supplementari); Belgio (1-2) e Spagna (ai calci di rigore, dopo 1-1 finale).
Trade Union
Sia Berrettini che la nazionale, però, non sono arrivati fin qui per caso. Sono diversi i fattori (di trade union) che hanno portato, entrambi, a giocarsi queste due finali.
In primis, la forza del gruppo. Nonostante il tennis non sia uno sport di squadre, per Matteo è importantissimo il legame stretto con il suo team e in particolare con il coach, Vincenzo Santopadre, che lo conosce fin da quando era bambino. Banale, invece, sottolineare quanto Roberto Mancini sia stato bravo a creare non un gruppo ma una famiglia.
Un altro fattore determinante è la qualità del gioco. Il tennista romano sta giocando un tennis pazzesco, riuscendo a sfruttare, il più possibile i suoi due fondamentali migliori: servizio e dritto. Non si offenderà nessuno, se diciamo che è il miglior battitore italiano di tutti i tempi.
Qualità, infatti, è un concetto che sta benissimo vicino all’Italia: da tempo non si vedeva la nazionale giocare così bene. Possesso palla veloce, inserimento dei centrocampisti e pressione alta sono le caratteristiche che ci contraddistinguono.
Terzo e ultimo (ma non per importanza) fattore: credere in se stessi. Qualunque cosa si voglia fare nella vita, per farla accadere, è importante che noi stessi siamo i primi a crederci. Ne è consapevole, anche, Matteo Berrettini che ha parlato così dopo la semifinale vinta contro Hurkacz: “Ero convinto di potercela fare. Ora sono più consapevole dei miei mezzi. Mi sorprendo, sono contento, ma so anche che questo è il mio livello ed è fondamentale quando scendi su un campo così importante come il Centrale di Wimbledon”. In finale “devo crederci”.
Dichiarazioni, più o meno, simili sono arrivate da uno dei leader della squadra azzurra: Leonardo Bonucci. “Wembley non ci spaventa, daremo il meglio. Vogliamo fare qualcosa di storico per il popolo italiano. Merito di Mancini, che ha lavorato sulla nostra testa e ci ha ridato entusiasmo”.
Gli avversari
Come ostacolo finale, forse, non si poteva capitare avversari peggiori.
Fra Berrettini e un mitologico successo nell’erba dell’All England Club, c’è il numero uno al mondo Novak Djokovic. Il serbo, dopo aver vinto un mese fa il Roland Garros, è alla caccia del suo ventesimo titolo del Grand Slam che gli permetterebbe di agganciare, al primo posto di questa speciale classifica, giocatori del calibro di Roger Federer e Rafael Nadal.
A dividere, invece, l’Italia dalla vittoria (del suo secondo europeo, dopo il successo del 1968), vi è l’Inghilterra.
Loro, sono una squadra totalmente differente dalla nostra: sono compatti; lasciano l’iniziativa di gioco agli avversari; sono abili nelle ripartenze (visto il reparto offensivo di cui dispongono). “I tre leoni“, così come vengono chiamati i giocatori inglesi, possono metterci davvero in difficoltà.
Tuttavia, rispetto al match tra Djokovic e Berrettini, questa finale (almeno sulla carta) appare molto equilibrata.
Conclusione
Nella grigia Londra, si spera che il cielo, almeno per un pomeriggio e per una sera, si colorerà di azzurro. Berrettini e la nostra nazionale sono pronti. Le motivazioni al massimo, così come la tensione. Il popolo italiano si stringe a coorte. L’Italia chiamò!
Fonte foto: Berrettini: Wimbledon;
Italia: Uefa Euro 2020
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Giuseppe, classe 1999, aspirante giornalista, è laureato in Scienze Politiche (Relazioni Internazionali). Fin da piccolissimo è appassionato di sport e giornalismo.
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