La stagione dei Los Angeles Clippers si è conclusa nel peggiore dei modi, con un’eliminazione tanto dura da digerire quanto inaspettata al secondo turno dei playoff contro i Denver Nuggets, capaci di rimontare il 3-1 in favore dei californiani e di staccare contro ogni previsione il pass per le Finali di Conference, poi perse per 4-1 contro i Lakers. Eppure, nella scorsa free agency i Clippers hanno recitato un ruolo di primo piano, accaparrandosi Kawhi Leonard e Paul George e costruendo, tra luglio e febbraio, una squadra competitiva attorno alle due stelle.
Alla franchigia di Los Angeles sembrava dunque che non mancasse praticamente nulla per vincere il titolo e scrollarsi definitivamente di dosso l’etichetta di perdente. In questo senso, le premesse erano ottime, ragion per cui l’epilogo della stagione 2019-2020 non può passare inosservato: a farne le spese è l’head coach Doc Rivers, che lascia la squadra di comune accordo col proprietario Steve Ballmer. Probabilmente non si tratterà dell’unico grande cambiamento in vista della stagione 2020-2021.
Approdato ai Clippers nel 2013, Rivers ha condotto la squadra a sei qualificazioni ai playoff in sette anni, ma non è mai riuscito ad andare oltre le semifinali di Conference. Quest’anno aveva a disposizione quello che in molti ritenevano il roster meglio assortito della lega, se non addirittura il più forte, ma il collettivo non ha trovato l’amalgama ideale per arrivare fino in fondo e i problemi e le difficoltà tra campo e spogliatoio hanno preso il sopravvento: la stagione deludente di Paul George, le assenze di un playmaker e di un centro puro e i tanti episodi che hanno minato la serenità del gruppo.
La sconfitta in rimonta da 3-1 a 4-3 non è una novità per Rivers, che dopo la serie persa con i Denver Nuggets è diventato il primo allenatore della storia a non capitalizzare un 3-1 di vantaggio in una serie di playoff in ben tre occasioni: gli era già accaduto nel 2003, con gli Orlando Magic contro i Detroit Pistons, e nel 2015, coi Clippers al cospetto degli Houston Rockets.
Nella sua precedente esperienza a Boston (2004-2013), invece, il classe ‘61 guidò i Celtics al loro 17º titolo NBA, il primo dal 1986, nella stagione 2007-2008, permettendo loro di diventare la franchigia con più anelli vinti, uno in più degli acerrimi rivali dei Los Angeles Lakers, sconfitti per 4-2 alle Finals. In carriera, Rivers ha vinto un premio di Allenatore dell’anno nel 1999-2000, quando portò i Magic a un passo dai playoff nonostante le partenze di due giocatori del calibro di Shaquille O’Neal e Dennis Scott, e ha allenato all’All-Star Game nel 2008 e nel 2011, in entrambi i casi la selezione della Eastern Conference.
Doc Rivers was the last remaining cornerstone from the Lob City era. pic.twitter.com/st68TOPqKk
— ESPN (@espn) September 28, 2020
“Grazie Clipper Nation per avermi accolto come vostro allenatore e per avermi aiutato a rendere questa squadra vincente. Quando arrivai qui, i miei obiettivi erano fare in modo che i Clippers fossero competitivi e che attirassero free agents di valore e vincere il titolo. Ho centrato la maggior parte di questi obiettivi, ma non tutti. La stagione si è conclusa in maniera negativa, ma l’obiettivo è a un passo e so cosa può fare questa squadra col vostro supporto.”, il saluto di Doc Rivers ai Clippers dopo sette anni, esattamente un terzo della sua carriera da allenatore, iniziata nel 1999.
59 anni da compiere il prossimo 13 ottobre, il nativo di Chicago è ora inevitabilmente uno dei coach più ambiti della lega. Tra le squadre ancora alla ricerca di un allenatore, oltre ai Clippers (che intanto pensano a un membro del suo staff, Tyronn Lue, come successore), figurano altre quattro squadre che hanno preso parte ai playoff di quest’anno: Houston Rockets, in cui tra l’altro milita suo figlio Austin, Philadelphia Sixers, Oklahoma City Thunder e Indiana Pacers.
Rivers è uno dei migliori allenatori in circolazione, ha carisma ed esperienza da vendere e non avrà certo difficoltà a trovare un nuovo progetto da cui ripartire. L’avventura ai Clippers, però, non si è conclusa come avrebbero voluto da quelle parti, con una separazione consensuale nonostante mancassero altri due anni alla scadenza del contratto. Le strade si separano, ma gli obiettivi di squadra e allenatore saranno gli stessi anche il prossimo anno: vincere per riscattarsi e mettere alle spalle una stagione da dimenticare.
Dennis Izzo
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