In occasione della tredicesima giornata di Serie A, disputatasi tra il 24 e il 26 novembre scorsi, la Lega Serie A promosse un’iniziativa in favore della campagna mirata a sensibilizzare il paese su un tema a dir poco scottante, soprattutto negli ultimi anni, ossia quello legato alla violenza sulle donne. Giocatori e arbitri scesero in campo con un segno rosso sul volto e diffusero sui social immagini con relativi hashtag per promuovere un’iniziativa che in molti accolsero positivamente. Il calcio, del resto, è molto più che uno sport, soprattutto in Italia, dove molto spesso risulta essere un importante strumento di aggregazione e fratellanza e uno dei mezzi di comunicazione più importanti ed efficaci (purtroppo, in numerosi casi, si verifica anche l’opposto, con odio, razzismo e violenza a farla da padroni).
L’iniziativa promossa dalla Lega Serie A e dall’associazione We World Onlus in occasione del weekend della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, che cade il 25 novembre, ha riscosso notevoli consensi. Non poteva essere altrimenti, essendo il tema dell’evento una questione piuttosto delicata. Manifestazioni del genere mostrano la faccia bella del calcio e dello sport in generale, quella che tutti noi vorremmo vedere sempre e che purtroppo, soprattutto negli ultimi anni, stiamo vedendo sempre meno.
Recentemente, però, la Lega Serie A è finita nel mirino delle critiche per aver organizzato la finale della Supercoppa italiana tra Juventus e Milan, in programma il prossimo 16 gennaio, al King Abdullah Sports City di Gedda, in Arabia Saudita. Qual è il nesso tra la sopracitata iniziativa per combattere la violenza sulle donne e l’ennesima Supercoppa organizzata a un bel po’ di chilometri di distanza dall’Italia? Le donne sono protagoniste anche in questo caso, stavolta però loro malgrado.
Nell’impianto sportivo della città araba in cui i vincitori degli ultimi 7 Scudetti contenderanno la Supercoppa italiana ai sette volte campioni d’Europa, infatti, le donne possono entrare soltanto se accompagnate, per giunta in determinati settori prestabiliti, essendo i posti nel “Gioiello Splendente” (così è stato ribattezzato il King Abdullah Sports City) divisi in due settori: quelli singoli soltanto per gli uomini e quelli riservati alle famiglie per uomini e donne. Come se non bastasse, l’Arabia Saudita, così come gran parte dei paesi orientali, non riconosce una buona parte di diritti elementari alle donne.
Per intenderci, in un processo la testimonianza delle donne non ha lo stesso valore di quella degli uomini, a prescindere dal contesto. Le donne, inoltre, non hanno potere decisionale nemmeno in merito al proprio matrimonio, non hanno la facoltà di aprire un conto in banca, di decidere cosa indossare, se sottoporsi o meno a un intervento chirurgico e non possono stare in pubblico insieme a uomini che non siano loro legati da un rapporto di parentela. Tra i tanti diritti che non vengono riconosciuti alle donne, non figura più quello di guidare senza almeno un uomo al proprio fianco, cosa che non era possibile fino al giugno scorso. Il fatto che in Arabia Saudita le donne siano costrette a un ruolo di palese inferiorità rispetto agli uomini è cosa nota da tempo, ma questa problematica sembra non aver affatto influito sulla decisione della Lega Serie A di disputare un importante match calcistico in quel di Gedda.
Sembra un paradosso dalle proporzioni gigantesche che la stessa Lega che poco più di un mese fa organizzava un evento per sensibilizzare la lotta alla violenza sulle donne, metta tutto da parte dinanzi a meri interessi economici. Il presidente della Lega Serie A Gaetano Micciché si è difeso dalle accuse arrecatigli sostenendo, per mezzo di un comunicato stampa, che «in Arabia Saudita vigono leggi sedimentate da anni e tradizioni locali impongono vincoli che non possono essere cambiati dal giorno alla notte», per poi incentrare il discorso sul già citato aspetto economico: «L’Arabia è il maggior partner commerciale italiano nell’area mediorientale, con nostri connazionali che ci lavorano, e nessuno di questi rapporti è stato interrotto».
«Ogni cambiamento richiede tempo, pazienza e volontà di confronto con mondi distanti. Fino allo scorso anno le donne non potevano assistere ad alcun evento sportivo, da pochi mesi hanno accesso ad ampi settori dello stadio, che hanno iniziato a frequentare con entusiasmo, e noi stiamo lavorando per far sì che nelle prossime edizioni che giocheremo in quel Paese possano accedere in tutti i posti dello stadio. E voglio precisare che le donne potranno entrare da sole alla partita senza nessun accompagnatore uomo, come scritto erroneamente da chi vuole strumentalizzare il tema: la nostra Supercoppa sarà ricordata dalla storia come la prima competizione ufficiale internazionale a cui le donne saudite potranno assistere dal vivo», ha concluso Micciché, non celando una buona dose di entusiasmo: siamo davvero sicuri che questi, piccolissimi e per certi versi irrilevanti se rapportati ad altri paesi in cui le donne hanno la stessa importanza degli uomini, siano cambiamenti davvero significativi?
Insomma, il fatto che le donne possano assistere a un evento sportivo – aspetto messo in evidenza più volte nel comunicato diffuso dalla Lega Serie A, quasi come se si trattasse di una straordinarietà, di un progresso di proporzioni bibliche – non dovrebbe essere una cosa normale? Col 2019 ormai entrato nel vivo, la risposta a questo quesito resta ancora un triste no, con la speranza che le cose possano cambiare significativamente nel minor tempo possibile. Per vincere una battaglia di tale portata, però, bisogna lottare dall’inizio alla fine e non fermarsi appena sopraggiungono interessi economici.
Dennis Izzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
“Se c’è un libro che vuoi leggere, ma non è stato ancora scritto, allora devi scriverlo.”