I Minnesota Timberwolves sono la prima squadra ad accedere al secondo turno dei playoff NBA. Protagonisti di un’ottima regular season, conclusa al terzo posto nella combattutissima Western Conference con 56 vittorie e 26 sconfitte (miglior record dal 2004), i T’Wolves hanno messo in mostra il meglio del proprio repertorio anche in quest’avvio di playoff, spazzando via i Phoenix Suns in appena quattro gare al primo turno. Nulla da fare per la franchigia dell’Arizona, senza alcun dubbio tra le più grandi delusioni di questa stagione.
Nonostante un Big Three da sogno con Kevin Durant, Devin Booker e Bradley Beal, infatti, i Suns hanno vissuto una stagione sulle montagne russe, faticando fino all’ultimo per evitare il play-in e qualificarsi direttamente ai playoff, piazzandosi al sesto posto a Ovest (49-33). Sin da subito ci si è resi conto che qualcosa, in quel di Phoenix, non andava. La macchina si è inceppata e della squadra che avrebbe dovuto centrare il traguardo delle Finals per riscattare la sconfitta del 2021 coi Milwaukee Bucks non c’è più alcuna traccia.
Kevin Durant al ferro: 33 punti per KD in gara-4, che insieme a Booker segna 82 dei 116 punti dei Suns in gara-4. (Fonte: Phoenix Suns).
La sensazione è che l’head coach Frank Vogel abbia perso la bussola e che il roster sia stato costruito con troppa superficialità. La trade per Beal, infatti, ha sì portato in dote uno scorer sulla carta micidiale da affiancare ad altri due attaccanti letali, Booker e Durant, ma al contempo i Suns non hanno rimpiazzato Chris Paul nel ruolo di playmaker. Proprio l’assenza di un creatore di gioco ha fatto emergere i limiti di una squadra che nelle prime due gare della serie non ha superato quota 95 punti.
Inoltre, anche sotto le plance le cose non sono migliorate, con Eubanks e Nurkić incapaci di non far rimpiangere DeAndre Ayton, prima scelta al Draft 2018, oggi ai Portland Trail Blazers. Durant e compagni hanno concesso poco più di 118 punti per partita ai Timberwolves in quattro gare, incassando anche il numero di punti più alto in una singola partita di questi playoff (126 in gara-3, gli stessi segnati dagli Indiana Pacers contro i Milwaukee Bucks in gara-4). Sarà un’estate molto turbolenta per Phoenix, anche e soprattutto considerando la situazione salariale, che complica e non poco i piani della franchigia.
Anthony Edwards, trascinatore degli ambiziosi Minnesota Timberwolves, freschi di qualificazione al secondo turno. (Fonte: Minnesota Timberwolves).
Tutt’altra musica in casa Timberwolves. Minnesota è in rampa di lancio e ha dimostrato di non essere la classica squadra che incanta in regular season e si scioglie quando il gioco si fa duro. Miglior difesa della lega in stagione regolare (106.4 punti concessi per gara), i T’Wolves hanno sin da subito messo le cose in chiaro contro i Suns, dominando in lungo e in largo e archiviando la pratica in appena quattro gare. La portata dell’impresa di Minnesota è certificata dal fatto che i Lupi non avevano mai vinto una serie per 4-0 nella propria storia.
A prendersi la scena è Anthony Edwards, che chiude la serie con medie di 31 punti, 8 rimbalzi, 6.3 assist e 2 recuperi di media col 51% dal campo e il 44% da dietro l’arco. La prima scelta al Draft 2020 stravince il duello col suo idolo Kevin Durant, mettendo la ciliegina sulla torta con i 40 punti nella vittoria per 122-116 in gara-4 che consegna il passaggio del turno ai T’Wolves. Non sono da meno Rudy Gobert (15 punti e 11 rimbalzi di media) e Karl-Anthony Towns (19.3 punti e 9.5 rimbalzi col 53% al tiro), che con Edwards formano un Big Three di tutto rispetto, molto più a suo agio in campo di quello dei Suns.
Decisivi anche i contributi del Sesto uomo dell’anno Naz Reid e di Conley (quanto servirebbe ai Suns un giocatore così!) e Alexander-Walker, ma soprattutto di un Jalen McDaniels capace di risultare l’arma in più dei Timberwolves (14 punti di media col 50% dal campo nella serie, miglior scorer dei suoi con 25 punti in gara-2). Minnesota vince con la forza del collettivo, mostra di essere una squadra costruita sapientemente e avanza con merito alle semifinali di Conference, dove affronterà una tra Denver Nuggets e Los Angeles Lakers (i campioni in carica sono attualmente in vantaggio per 3-1).
L’esultanza di Edwards, autore di 40 punti in gara-4. Alle sue spalle, tutta la delusione di Beal e Durant. (Fonte: Minnesota Timberwolves).
Fino a qualche anno fa, tra gli appassionati NBA sui social era molto diffusa la frase “Occhio a Minnesota”, utilizzata con un’accezione ironica per mettere in evidenza il fatto che i Timberwolves fossero una di quelle squadre che quando stanno per spiccare il volo si schiantano sul più bello. Oggi la frase assume un valore ben diverso, perché Minnesota fa davvero paura e le sue prestazioni su entrambe le metà campo fanno stropicciare gli occhi. La squadra gioca un basket molto divertente e spettacolare, ha risorse importanti in ogni zona del campo e può permettersi di variare il suo gioco, non dando mai concreti punti di riferimento ai propri avversari.
Edwards è la stella più luminosa del firmamento di Minnesota, ma non certo l’unica. L’head coach Chris Finch ha tanti meriti nell’aver fatto funzionare la coppia Towns-Gobert, che in molti ritenevano un esperimento azzardato e, per certi versi, poco adatto al basket moderno. Le Twin Towers di Minnie hanno fatto ricredere tutti in breve tempo: KAT, sgravato da tanti compiti in difesa (il suo tallone d’Achille) ha ritrovato la brillantezza dei tempi migliori in attacco, mentre Gobert con la sua solida presenza nel pitturato ha ridato credibilità e forza a un reparto difensivo, quello dei T’Wolves, che per anni garantiva libero accesso a chiunque volesse provare a fare canestro.
I 49 punti di Devin Booker, massimo in carriera ai playoff per lui, non bastano a evitare l’eliminazione ai Suns. (Fonte: Phoenix Suns).
Minnesota, dunque, rappresenta in tutto e per tutto l’opposto dei propri dirimpettai, i Phoenix Suns. Questi ultimi non hanno mai dato la parvenza di essere una squadra unita, pur essendo considerati da molti addetti ai lavori tra i principali favoriti nella corsa al titolo NBA. L’arrivo di Durant, già due volte MVP delle Finals e campione NBA coi Golden State Warriors, non solo non ha riportato i Suns alle tanto agognate Finals, ma ha addirittura (forse) portato il progetto definitivamente al capolinea.
KD, dal canto suo, ha ben poche colpe, avendo predicato nel deserto per quasi tutta la serie. Dopo aver messo a referto 27.1 punti di media in regular season, Durant ha viaggiato a 26.8 punti per partita ai playoff, risultando il miglior scorer dei Suns in gara-1 con 31 punti e segnando 33 punti nella gara-4 che ha sancito l’eliminazione dei suoi. In quest’ultima partita, Devin Booker ha stabilito il suo nuovo career-high ai playoff, segnando 49 punti.
Gli altri sei giocatori impiegati da Vogel, però, non hanno superato quota 9 punti (82 punti tra Durant e Booker, 34 tra Beal, Nurkić, Gordon, O’Neale, Okogie e Little). In questo dato è racchiusa la sintesi della stagione dei Phoenix Suns, dotati di un arsenale offensivo a dir poco letale, ma ignari del significato delle parole gruppo e squadra. Una mancanza che ai playoff NBA si paga.
Dennis Izzo
Fonte foto in evidenza: NBA
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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