Secondo Carlos Slim, uno fra i più ricchi imprenditori al mondo nonché Presidente della Telmex, la più grande compagnia telefonica latinoamericana di oggi, i dipendenti in fabbrica dovrebbero lavorare meno ore al giorno e, di conseguenza, alla settimana, per potere migliorare la propria vita e incrementare il rendimento. Più nello specifico, Slim suggerisce che i salariati in generale operino solamente tre giorni su sette e che vadano, però, in pensione all’età di 75 anni. La proposta favorirebbe molte attività legate a turismo, intrattenimento, sport e cultura e permetterebbe a tutti di praticare non solo un secondo lavoro, ma anche una continua attività di studio e di miglioramento di sé. Nella sua azienda, non a caso, il magnate dichiara che oltre il 40% dei dipendenti ha accolto di buon grado l’iniziativa.
Tuttavia, pare che l’idea di Carlos Slim non sia nuova: se, infatti, qualche secolo fa si lavorava sei giorni alla settimana per un totale di 72 ore, la soglia è poi passata a 60, dopodiché a 48 e finalmente a 40 ore. Attualmente, invece, in relazione a quanto esposto dall’imprenditore si potrebbe lavorare solo tre giorni, ogni volta per circa sei ore, assecondando quanto sperimentato da anni presso la Toyota, in Svezia, la cui metodologia sembra essere abbastanza risolutiva: le persone che vi lavorano sono più felici, mentre la società ricorre meno al turn-over e ha aumentato notevolmente i profitti. Così, già l’anno scorso è stato introdotto sempre in Svezia l’orario ridotto presso un’impresa creatrice di applicazioni, la Filimundus, con particolare soddisfazione dell’organico – il quale, secondo quanto dichiarato da Linus Feldt, amministratore delegato dell’azienda, adesso lavora con molta più diligenza. La produzione, nel frattempo, è rimasta inalterata e le ostilità sono diminuite considerevolmente.
Nonostante tutto, secondo il sito Indeed, il maggiore portale svedese di offerte di lavoro, la giornata lavorativa di sei ore potrebbe risultare non tanto rivoluzionaria quanto si vorrebbe credere. Infatti, il numero di annunci con modalità di lavoro flessibili in Svezia è rimasto inalterato negli ultimi due anni, dal momento che la popolazione possiede già un ottimo equilibrio fra tempo libero e lavoro. Solo l’1% di loro è impegnato per più di 50 ore la settimana, a differenza degli Stati Uniti, in cui al contrario si riporta, una media dell’11%, per un totale di 144 ore di impiego in meno per uno svedese. Sugli effetti benefici riguardanti l’orario ridotto, in ogni caso, ancora non vi sono ricerche scientifiche vere e proprie .
Quel che è certo è che il quotidiano The Lancet, nell’ottobre del 2105, ha pubblicato una ricerca che ha analizzato i dati di 25 studi condotti su oltre 600 mila persone provenienti da Europa, Asia e Australia. Lo studio ha rivelato che chi ha lavorato per almeno otto anni 55 ore alla settimana ha poi visto aumentare, rispetto a coloro i quali hanno lavorato intorno alle 35/40 ore, i rischi di ictus e malattie coronariche. Lo scorso aprile, inoltre, sono stati pubblicati i risultati di un’indagine diretta da un Istituto di Economia applicata a Melbourne, in Australia, che ha esaminato le abitudini di lavoro e i loro effetti sulle funzioni cognitive di circa 3000 uomini e 3500 donne con un’età superiore ai 40 anni: secondo l’inchiesta, il lavoro part-time rilasserebbe ed eviterebbe spossatezza e deperimento, a differenza del full-time. Il professore di Economia alla Lancaster University Management School, per di più, ha dichiarato che le funzioni cognitive migliorano con un lavoro di 25 ore settimanali, mentre con l’aumento di quest’ultime diminuiscono particolarmente.
C’è da tenere in considerazione, comunque che i risultati delle ricerche riguardano gli over 40 e che per questo motivo non è possibile trarne conclusioni globali, così come anche non sarebbe saggio, al momento, avanzare delle ipotesi certe sugli effetti di un simile stile di vita, giacché non si conoscono gli esiti differenziati della pratica, a seconda dell’impiego di ciascuno. Ad ogni modo, la diminuzione delle ore lavorative e l’aumento dell’età pensionabile potrebbero agevolare tutti coloro che svolgono attività alquanto complicate e stacanti, assecondando il diritto al riposo e al benessere psicofisico che ogni lavoratore dovrebbe poter mettere in atto.
Anastasia Gambera
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