Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – riunitosi d’urgenza per affrontare il caso della Corea del Nord – ha condannato con forza l’ultimo test nucleare del regime di Pyongyang e ha deciso che inizierà a discutere «nuove significative misure» contro il Paese.
Il quinto test nucleare effettuato a sorpresa dalla Corea del Nord è risultato il più potente mai completato finora dal regime, «poco meno forte dell’esplosione della bomba atomica su Hiroshima», causando l’inedita reazione compatta della comunità internazionale, capace di superare i contrasti di un mondo spaccato da conflitti regionali. Il presidente americano Barack Obama ha avvertito che all’ultima e inaccettabile provocazione del Nord seguiranno «serie conseguenze», ad esempio nuove sanzioni, rassicurato gli alleati Corea del Sud e Giappone (i primi a chiedere – ottenendola – la convocazione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU) e garantito la totale improponibilità di status di potenza atomica del Nord.
La Russia ha promesso un «forte segnale» nel rispetto delle risoluzioni ONU, ha precisato il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, mentre condanne decise sono venute da UE («abbandono di armi e i programmi nucleari, in modo completo, verificabile ed irreversibile», ha chiesto l’Alto rappresentante UE Federica Mogherini), Italia («minaccia l’Asia e la pace mondiale», ha twittato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni), NATO («una provocazione inquietante», per il segretario generale Jens Stoltenberg), India e soprattutto Cina. Pechino, il tradizionale e più stretto alleato di Pyongyang, ha manifestato tutta la sua irritazione all’imprevedibile vicino arrivando ad esprimere «opposizione risoluta» e ad anticipare l’inconsueta protesta formale consegnata all’ambasciatore del Nord.
La grande frustrazione cinese è moltiplicata dal fatto che l’intemperanza di Pyongyang si era manifestata già lunedì 5 settembre, nel mezzo del summit G20 di Hangzhou (il primo a guida cinese), con il lancio di tre missili a medio raggio nel mar del Giappone, cui si è aggiunto adesso il test nucleare. La potenza sprigionata dalla detonazione sotterranea al sito di Punggye-ri, secondo le stime dell’agenzia meteorologica di Seul, è stata di 10 kilotoni (quella di Hiroshima era di 15), e ha causato un sisma artificiale di oltre magnitudo 5. Per una nuova giornata di “grandi successi”, in occasione del 68/mo anniversario della fondazione dello Stato, l’annuncio non poteva che essere dato attraverso l’emittente di Stato KCTV, con il volto della anchorwoman Ri Chun-hee, quella delle grandi e solenni occasioni, come le morti di Kim Il-Sung e Kim Jong-Il, padre e figlio, rispettivamente fondatore della Nazione e promotore del Songun, la politica de «i militari prima di tutto».
Il test condotto dalla Corea del Nord ha mostrato che le testate nucleari «possono essere montate su missili strategici balistici», ha affermato Ri. «Un’altra arma di difesa contro gli imperialisti degli Stati Uniti». In altri termini, Pyongyang rivendica adesso, dopo la bomba all’idrogeno di gennaio, il successo della “miniaturizzazione” degli ordigni con la quale si possono confezionare testate di ogni formato per armare missili a raggio medio, lungo e intercontinentale, potenzialmente in grado di raggiungere le coste occidentali degli Stati Uniti. Il nuovo test nucleare sotterraneo della Corea del Nord è una «minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale», ha tuonato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, condannando la mossa di Pyongyang «nei termini più forti» e lanciando l’appello a rompere «questa escalation a spirale». La prima risposta della comunità internazionale verrà dal Consiglio di Sicurezza ed è improbabile che, «visto il crescendo degli ultimi mesi», la reazione alle iniziative del leader nordcoreano Kim Jong-un, teorico della dottrina del byengjin (sviluppo contestuale di economia e nucleare), possa restare senza una «soluzione strutturale».
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