Identificate sette molecole-spia che possono aiutare a diagnosticare il morbo di Parkinson: questo il risultato di uno studio che batte bandiera italiana ed è coordinato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova.
Dal tremore che ha colpito la “leader di ferro” (Angela Merkel) e Papa Wojtyla, il Parkinson, è una malattia che ha una storia lunga due secoli. Proprio il 2 Marzo del 2017, si sono celebrati infatti i 200 anni dalla pubblicazione del celebre trattato“Essay on the Shalking Palsy” di James Parkinson, dove, nel 1817, un giovane medico di famiglia descriveva per la prima volta una malattia che avrebbe preso il suo nome. Dunque, si riconosce a lui il merito di aver descritto nella sua opera i sintomi più pregnanti del Parkinson. Trascorsi due secoli dalla scoperta del morbo, diversi progressi sono stati fatti in campo scientifico fino a trovare, oggi, le molecole-spia che aiutano a diagnosticarlo precocemente.
Nape è il nome delle sette molecole presenti nel sangue e prodotte dalla flora batterica intestinale, responsabili di poter segnalare preventivamente l’insorgere del morbo di Parkinson. Il risultato è tutto italiano e si deve alla ricerca coordinata dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova, condotta in collaborazione con la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento) e la Fondazione Santa Lucia di Roma.
Guidata da Andrea Armirotti e Angelo Reggiani dell’Iit, la ricerca si è basata sull’analisi del sangue di 587 persone, 268 delle quali con il morbo di Parkinson e 319 sane. È emerso che nelle prime (le persone affette dalla sindrome) la concentrazione nel sangue di tali molecole era più bassa di circa il 15% rispetto a quella riscontrata negli individui sani.«Per ragioni attualmente sconosciute, questo calo – rileva Armirotti – è molto più marcato nelle donne, dove può raggiungere anche il 25%».
Le molecole-spia del “male” sono una sorta di sentinelle delle cellule, incaricate di proteggerne la struttura. Se i neuroni vengono danneggiati, come avviene con il Parkinson, “prelevano” i Nape dal sangue diminuendone la quantità in circolazione nell’organismo.«Questi lipidi, sono facili da misurare con un prelievo di sangue, e potrebbero diventare in futuro – osserva Armirotti – un indicatore importante per la diagnosi del Parkinson».
La sfida sarà sia comprendere quanto precocemente la concentrazione di questi lipidi nel sangue inizi a cambiare, prima che compaiano i sintomi, sia trovare molecole che possano risultare altrettanto efficaci per l’anamnesi del morbo nel sesso maschile.
Quello che è emerso è che l’alimentazione, lo stile di vita, lo stress e i fattori ambientali giocano un ruolo fondamentale nell’insorgenza di malattie legate al sistema nervoso. La speranza è che questa tecnica possa trasformarsi, nel giro di pochi anni, in una normale pratica clinica a basso costo.
Maria Giulia Vancheri
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Maria Giulia, che in una parola si definisce logorroica, è una studentessa 24enne di giurisprudenza, a Catania. Dopo anni passati sui libri ha pensato bene di iniziare a scrivere per non infastidire più chi non volesse ascoltare le tante cose che aveva da dire. Riconosce di essere fashion… ma non addicted. Ama il mare e anche durante la sessione estiva non rinuncia alla sua nuotata giornaliera, che le rinfresca il corpo e i pensieri.
Crede fermamente che chi semina amore, raccolga felicità