16 febbraio 2022: la Corte Costituzionale ammette cinque dei sei referendum sulla giustizia. Bocciati invece il quesito sulla responsabilità civile dei magistrat, sull’eutanasia e sulla cannabis. Ecco, nello specifico, di cosa si tratta.
In merito ai referendum sulla giustizia, promossi da Lega, radicali e nove consigli regionali, la Corte costituzionale si è pronunciata ritenendo ammissibili i quesiti referendari sulla Legge Severino, sulla riforma del CSM, sul giudizio dei magistrati da parte degli avvocati, sulla limitazione dei reati per cui è prevista la carcerazione preventiva e, infine, sulla separazione delle funzioni dei magistrati.
Il primo quesito, dunque, riguarda la legge Severino: l’obiettivo dei promotori è l’abrogazione delle norme che prevedono l’interdizione dai pubblici uffici per chi abbia subito la condanna in primo grado per una serie di reati. Ma non è tutto. Il quesito referendario sotto al vaglio della Corte Costituzionale è finalizzato all’eliminazione dall’ordinamento delle disposizioni che impediscono la partecipazione alle competizioni elettorali per il Parlamento europeo e italiano e alle elezioni regionali, provinciali e comunali, di chi sia stato condannato in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e altri gravi reati.
Il secondo ha per oggetto le norme che disciplinano l’applicazione delle misure cautelari. Il fine dell’indizione del referendum è ridurre il numero di reati per i quali è consentita l’applicazione della carcerazione preventiva. Infatti, qualora il referendum dia esito positivo, la carcerazione preventiva non sarà più prevista per il finanziamento illecito ai partiti e per tutti quei reati puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, a meno che non ricorra il pericolo di fuga del reo o di inquinamento delle prove.
I rimanenti quesiti riguardano temi che si intrecciano con la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario appena approvata dal Consiglio dei ministri: a partire dal quesito che vuole ottenere la separazione delle carriere in magistratura, cancellando le norme che oggi consentono quattro passaggi di funzioni dalla carriera della magistratura requirente a quella della magistratura giudicante. Inoltre, con gli altri due quesiti sulla giustizia si vorrebbe 1) consentire agli avvocati, che compongono i consigli giudiziari di votare l’operato dei magistrati, ma soltanto se il Consiglio dell’Ordine abbia segnalato scorrettezze del magistrato e 2) eliminare le 25 firme chieste per poter presentare una candidatura alle elezioni dei consiglieri togati del CSM.
Il Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato in conferenza stampa affianca qualche riflessione alla spiegazione del perché della bocciatura di alcuni quesiti referendari. A cominciare dal quesito sull’eutanasia spiega: «sorprende, amareggia ferisce – dice lui stesso – leggere che questa Corte non conosca la sofferenza. Questa Corte, infatti, ha spesso depenalizzato il suicidio assistito». Il motivo della bocciatura del quesito sull’eutanasia è da ricercare nella scelta della parola scelta, considerata fuorviante: «È la parola eutanasia che ha portato tutto questo: il referendum era sull’omicidio del consenziente, e l’omicidio del consenziente sarebbe stato leciti in casi ben più numerosi e ben diversi da quelli dell’eutanasia».
Inoltre, ha spiegato il perché della bocciatura del referendum sulla coltivazione domestica della cannabis. In questo caso, sottolinea il Presidente Amato: «si è fatto un errore importante sulla scelta delle parole; noi abbiamo dichiarato inammissibile il referendum sulle sostanze stupefacenti, non sulla cannabis. Le sostanze stupefacenti delle tabelle 1 e 3 non includono neppure la cannabis, ma includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti». Dunque, la causa del NO alla legalizzazione della cannabis è da ricercarsi nell’errore della tabella degli stupefacenti indicata dai proponenti.
Infine, la Corte ha respinto il quesito che mirava ad introdurre la responsabilità civile diretta dei magistrati: oggi la responsabilità è indiretta. In altre parole, lo Stato risarcisce il cittadino che ha subito un danno ingiusto, rivalendosi poi sul magistrato che ha sbagliato. Il quesito è stato bocciato perché ritenuto dai «innovativo più che abrogativo», ha spiegato il Presidente della Corte Costituzionale.
Maria Giulia Vancheri
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Maria Giulia, che in una parola si definisce logorroica, è una studentessa 24enne di giurisprudenza, a Catania. Dopo anni passati sui libri ha pensato bene di iniziare a scrivere per non infastidire più chi non volesse ascoltare le tante cose che aveva da dire. Riconosce di essere fashion… ma non addicted. Ama il mare e anche durante la sessione estiva non rinuncia alla sua nuotata giornaliera, che le rinfresca il corpo e i pensieri.
Crede fermamente che chi semina amore, raccolga felicità