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Che fretta c’era, mister?
18 Marzo 2016
CalcioPersonaggi

Che fretta c’era, mister?

Home » Voci di Sport » Calcio » Che fretta c’era, mister?
5 minuti (tempo di lettura)

Si dice che la fretta sia cattiva consigliera. I detti popolari raramente si sbagliano. La voglia di rimettersi in gioco dopo una brutta batosta, però, tende a renderci impulsivi, accantonando quanto di buono gli antichi proverbi ci trasmettono.

Impulsiva, probabilmente, come la scelta di Rafa Benitez di dire “sì” al Newcastle, che l’ha eletto come sostituto di Steve McClaren la scorsa settimana. La domanda che si sono posti tutti è questa: perché un tecnico con la sua storia sente l’esigenza di rescindere il contratto milionario che ancora lo legava al Real Madrid per tornare in panchina e accettare la chiamata di un club con un piede e mezzo in zona retrocessione? La risposta è semplice: questione di stimoli e desiderio di rivalsa. Unita a un briciolo di pazzia.

Tuttavia, Don Raffaè – come l’avevano soprannominato a Napoli – non è il solo ad aver cercato immediato riscatto, dopo un rapporto concluso male. C’è qualche illustre predecessore. Le cose, però, non sempre sono andate per il verso giusto…

Arigo Sacchi, AC Milan Manager

Arigo Sacchi, AC Milan Manager

Arrigo Sacchi – Dopo lo scudetto dell’88 e i due trionfi in Coppa dei Campioni nell’89 e nel ’90, il tecnico romagnolo preferisce lasciare il Milan per diventare commissario tecnico della Nazionale. Gli Azzurri sono reduci dalla mancata qualificazione a Euro ’92 e, con Sacchi, non solo centrano il passe-partout per USA ’94, ma arrivano in finale dove si arrendono al Brasile solo ai rigori. Arrigo rimane in sella alla panchina dell’Italia anche durante gli Europei del 1996, dove la sua squadra non riesce ad andare oltre la fase a gironi. Il 6 novembre 1996, dopo la sconfitta per 2-1 in un’amichevole contro la Bosnia, Sacchi si dimette. Rimane senza squadra solo ventisette giorni perché, il 3 dicembre, subentra a Oscar Tabarez sulla panchina del Milan. Il profeta di Fusignano non riesce a invertire la tendenza e i rossoneri chiudono la stagione all’undicesimo posto. A fine anno, saluta momentaneamente il calcio italiano per andare in Spagna.

Hector Cuper – Il tecnico argentino vive il momento migliore della sua carriera tra il 1999 e il 2003 quando sfiora – sì, avete capito bene – la vittoria in Coppe delle Coppe con il Maiorca, due trionfi in Champions League con il Valencia e uno scudetto con l’Inter. Dopo la fine del rapporto con i nerazzurri, quello che da molti è stato definito come l’eterno secondo, intraprende una parabola discendente che lo vede passare – rigorosamente senza lasciare traccia – dalle panchine di club o nazionali in Georgia, Grecia, Turchia ed Emirati Arabi. Senza dimenticare un’altra toccata e fuga, sia in Spagna che in Italia. Cuper, nell’estate 2007, è messo sotto contratto dal Real Betis ma, a causa degli scarsi risultati, il 2 dicembre viene licenziato. In cerca d’immediato riscatto, a marzo accetta l’offerta del Parma, invischiato nella lotta per non retrocedere. L’argentino non cambia il trend, così viene sollevato dall’incarico prima dell’ultima giornata di campionato. Cinque anni fa è tornato alle cronache perché indagato per calcio scommesse. Dal 2015 è al timone della nazionale egiziana.

Diego Simeone – Dopo due campionati vinti in patria con San Lorenzo e River Plate, il Cholo rimane nove mesi senza allenare. A gennaio 2011 accetta la chiamata del Catania, club coinvolto nella lotta per non retrocedere. Trasmette ai suoi garra y corazon e riesce a centrare l’obiettivo senza troppi problemi. Tuttavia, non riesce a donare a Maxi Lopez e compagni un’impronta di gioco. In polemica con l’amministratore delegato Lo Monaco, in estate, anticipa la fine del suo contratto e, contro ogni previsione, torna in patria al Racing. Con il club di Avellaneda raggiunge il secondo posto, ma a dicembre saluta tutti, a causa di nuovi dissapori con la dirigenza. Rimane senza squadra appena tre giorni, perché poco prima di Natale firma il contratto che cambia la vita a lui e ai tifosi dell’Atletico Madrid: con i Colchoneros, con cui aveva militato in due occasioni da giocatore, vince subito Europa League e Supercoppa Europea. L’anno dopo è il momento della Copa del Rey e, nel 2014, vince Liga e Supercoppa nazionale, centrando la finale di Champions League. Si dice che l’ex nazionale argentino abbia rifiutato la panchina del Chelsea per rimanere a Madrid anche nella prossima stagione. Per continuare a scrivere la storia.

Mister 5

Sinisa Mihajlovic – In seguito alle esperienze, con esiti alterni, di Bologna e Catania, l’ex difensore di Lazio e Inter approda alla Fiorentina nell’estate del 2010. Con i viola non riesce a spiccare il volo, così, dopo un anno e mezzo, viene esonerato. A maggio, però, poco prima della fine della stagione agonistica 2011-2012, Sinisa torna in pista firmando per la nazionale serba. Anche qui, l’esito è negativo perché manca la qualificazione ai Mondiali in Brasile. Così, il 20 novembre 2013 si dimette per passare immediatamente alla Sampdoria. Un anno e mezzo positivo che gli consentono di ottenere la chiamata del Milan nell’estate del 2015.

Beppe Sannino – Una gavetta lunghissima, quella del tecnico di Ottaviano, che arriva a 51 anni nella categoria che gli spetta, la Serie A, su espresso desiderio del Siena. Dopo una buona stagione, caratterizzata da grinta e concretezza, Zamparini lo vuole a Palermo, salvo esonerarlo dopo qualche risultato negativo. Tornato sulla barca che affonda, sfiora ma non riesce a centrare il miracolo. Così, a luglio riparte dal Chievo. A novembre, però, viene esonerato a causa dei risultati deludenti. Passa un mese e torna subito in corsa, firmando per il Watford, club ambizioso di proprietà della famiglia Pozzo che milita in Championship. La prima stagione è altalenante, la seconda positiva, ma si dimette dopo un mese a causa di alcuni dissapori con la società. Dopo due settimane, Sannino è già in sella al Catania, caduto in Serie B dopo otto anni in massima divisione. Beppe si sgola e suda sette camicie ogni weekend, ma c’è qualcosa che non va. Così, a dicembre fa le valigie in anticipo e – finalmente – si prende nove mesi di vacanza, prima di approdare al Carpi. Ma anche qui l’esperienza sarà breve…

Paolo Di Canio – A tre anni dall’addio al calcio giocato, il simbolo della Lazio esordisce in panchina. È il 2011 e approda allo Swindon Town, formazione di quarta divisione inglese. Con i Robins centra l’immediata promozione in League One ma, a metà della stagione successiva, si dimette per via delle precarie condizioni economiche del club. Un mese dopo, a sorpresa, diventa il tecnico del Sunderland, che si batte per la permanenza in Premier League. Di Canio raggiunge l’obiettivo, ma a settembre 2013 viene sollevato dall’incarico, per via di un inizio deludente.

Mister 8

Cosmin Contra – Chi l’ha detto che in Cina fanno razzia soltanto di giocatori europei? L’ex terzino del Milan e della nazionale romena, dopo gli inizi in patria, nel marzo 2014 firma per il Getafe, club in cui aveva militato anche da calciatore. Dopo nove mesi al timone degli Azulones si dimette e, a gennaio, mette nero su bianco il suo passaggio al Guangzhou R&F. Passa un mese, però, e gli viene dato subito il benservito.

Walter Zenga – Una lunga gavetta da allenatore, quella dell’ex Uomo Ragno: Stati Uniti, Romania, Serbia, Turchia ed Emirati Arabi, le sue tappe prima di arrivare al Catania ad aprile 2008. Dopo due salvezze, “tradisce” i tifosi etnei accasandosi ai rivali del Palermo. Alla prima conferenza stampa promette lo scudetto, ma – come da pronostico – Zamparini lo solleva dall’incarico, proprio dopo un 1-1 con i cugini rossazzurri. L’ex portiere dell’Inter torna a girovagare nei paesi del Golfo, prima di firmare la scorsa estate con la Sampdoria. A causa della penuria di risultati, il presidente Ferrero lo fa fuori già il 10 novembre. Venti giorni dopo, Zenga è di nuovo negli Emirati sulla panchina dell’Al Shaab dove perde lo scontro diretto con l’Al Shabab – proprio così, non si tratta di uno scioglilingua -. Il 21 febbraio, con la squadra ultima in classifica, rescinde consensualmente il contratto.

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Andrea Motta

About Andrea Motta

Nell’albo dei pubblicisti dal 2013, ha scritto un eBook sui reporter di guerra e conseguito due lauree. A Catania si  è innamorato del giornalismo sportivo; a Londra si è tolto la soddisfazione di collaborare per il Guardian e il Daily Mail. Esperto di digital marketing e amante dei social media, nel 2017 ha deciso di tornare a collaborare con VdC di cui era già stato volto e firma nel 2012-2013.

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