Da Bournemouth a Edimburgo, passando per Cardiff e soprattutto Londra. Per le strade britanniche si parla più che mai spagnolo. La crisi economica è uno dei fattori principali ad aver propiziato l’esodo dalla penisola iberica. Nemmeno la crescita delle opportunità lavorative, registrata nell’ultimo anno, è riuscita a frenare il flusso migratorio. Secondo stime di El Pais, nel Regno Unito vivono 102.498 spagnoli, il 77% in più rispetto al 2009. Il Guardian, invece, sostiene di aver avuto accesso a un documento di Madrid, che vede il numero salire addirittura a 300 mila.
Laureati in cerca di un futuro migliore, padri di famiglia che, pur non conoscendo l’inglese, si imbarcano nel tentativo di dare una svolta alla propria vita, o giovanissimi che si avventurano per una breve esperienza lontano da casa. Il Regno Unito, a dispetto dalla Brexit, che il primo ministro Theresa May ha promesso di innescare entro la fine del mese, è la terra di tutti.
Mikel Arteta, probabilmente, faceva parte dei giovani volati in Gran Bretagna per racimolare una breve esperienza per poi tornare a giocarsi le proprie chance in patria. E, invece, è andata diversamente. Mikel, uno degli innumerevoli talenti de La Masia, nell’estate 2002, a 20 anni, ha lasciato a titolo definitivo il Barcellona per iniziare la propria avventura in Scozia, con la maglia dei Rangers. Anche se, in realtà, aveva già abbandonato la Catalogna un anno e mezzo prima, per trovare maggior spazio al Paris Saint-Germain. Nella capitale francese arriva l’esordio in Champions League, i primi gol in Ligue 1 e la vittoria dell’Intertoto 2001 contro il Brescia di Carlo Mazzone, Roberto Baggio e Luca Toni.
Poi, i Rangers si assicurano le sue prestazione per una cifra vicina agli 8 milioni di euro. Lo spagnolo si rivela fin da subito il perno del centrocampo di Alex McLeish e, dai suoi piedi, partono tutte le azioni offensive della squadra che, a fine annata, si aggiudica il Treble: campionato (il cinquantesimo nella storia dei Gers, ndr), Coppa di Scozia e Coppa di Lega. Arteta si rivela infallibile dal dischetto e sempre pericoloso, sia su punizione che su calcio da fuori area. A un certo punto, la Scottish Premiership comincia a stargli stretta.
Meglio tornare a casa, a San Sebastian, tra le fila della Real Sociedad, per esordire finalmente nella Liga e duettare in mezzo al campo insieme a un amico di infanzia: Xabi Alonso. El Maestro, però, a fine agosto, lascia i Paesi Baschi per dirigersi – udite, udite… – in Inghilterra. Ad aspettarlo, il Liverpool, allenato da un altro connazionale: Rafa Benitez. In patria le cose non vanno per il verso giusto e, a gennaio, Mikel torna nel Regno Unito. Si trasferisce anche lui a Liverpool, ma per giocare con la maglia dell’Everton. David Moyes lo prende per soli tre milioni di euro. Il suo compito? Sostituire Thomas Gravesen, medianaccio danese, passato al Real Madrid. Ma Arteta è molto di più: grinta e cuore, unite a grandi capacità di impostazione.
Nel corso degli anni, viene più volte accostato a diverse big, ma per scelta di vita rimane ai Toffees. Diventa ben presto il calciatore più rappresentativo e gode di un ottimo rapporto con Moyes, che gli affida anche la maglia numero dieci. La Nazionale spagnola, però, non lo considera – quella con l’Under 21, di cui è stato capitano, rimane la sua ultima esperienza con le selezioni nazionali. E continua su questa falsa riga, anche dopo il suo passaggio all’Arsenal. Anche sotto l’egida di Arsene Wenger, Arteta gioca un ruolo chiave. Filtro tra difesa e attacco, si disimpegna al fianco di Jack Wilshere nel 4-2-3-1 cucito dal tecnico francese, trovando sovente anche la via del gol. Gli infortuni delle ultime due stagioni lo convincono a ritirarsi nel 2016, a 34 anni. Senza aver mai giocato con la Roja e con soli sei mesi all’attivo nella Liga. Troppo poco per uno spagnolo purosangue, come conferma l’accento d’origine, perfettamente conservato, a dispetto di tanti anni passati all’estero. E dallo scorso luglio, per lui, una nuova avventura nella terra della Regina, al fianco di un altro Spaniard: Pep Guardiola, di cui è vice al Manchester City. Mikel Arteta, uno dei tanti spagnoli ad aver trovato fortuna in terra d’Albione. E che, per ora, continua a rimanere in esilio.
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Nell’albo dei pubblicisti dal 2013, ha scritto un eBook sui reporter di guerra e conseguito due lauree. A Catania si è innamorato del giornalismo sportivo; a Londra si è tolto la soddisfazione di collaborare per il Guardian e il Daily Mail. Esperto di digital marketing e amante dei social media, nel 2017 ha deciso di tornare a collaborare con VdC di cui era già stato volto e firma nel 2012-2013.