Le disuguaglianze economiche e sociali tra Nord e Sud del Pianeta sono ancor di più accentuate di fronte al dato sulla disponibilità di fonti d’acqua potabile. Secondo quanto riportato recentemente dal Consiglio Mondiale dell’Acqua, l’ONG con sede a Marsiglia che da vent’anni si batte in prima linea affinché venga garantito e tutelato in ogni angolo del globo un principio sancito nel luglio 2010 dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, quasi un miliardo di persone (ovvero il 12% della popolazione mondiale) non ha accesso all’acqua potabile. Non è un caso se all’interno dei Paesi più ricchi ed industrializzati avviene il maggior spreco di risorse idriche (consumiamo quotidianamente 425 litri a persona), a fronte della drammatica emergenza umanitaria nel cosiddetto “Terzo Mondo”, dove il consumo d’acqua scende al di sotto della soglia minima giornaliera indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Qui il dato si ferma a 10 litri a fronte dei 40 raccomandati dall’OMS come fabbisogno minimo.
L’insufficienza di risorse idriche genera squilibri non soltanto dal punto di vista igienico-sanitario (3,5 milioni di decessi annui sono imputabili all’assenza di fonti d’acqua sicure che possano scongiurare l’insorgere di epidemie), ma anche sul piano economico e ambientale. Per il Consiglio Mondiale dell’Acqua, questo tipo di carenza ha un impatto sul sistema economico globale di circa 500 miliardi di dollari all’anno. E così da vari punti del Pianeta arrivano cartoline tutt’altro che gradevoli. Nel continente asiatico 554 milioni di abitanti, pari al 12,5% della popolazione locale, non ha accesso all’acqua potabile. La situazione è drammatica se ci si sposta nelle regioni dell’Africa sub-sahariana, dove milioni di persone, già messe a dura prova da contesti politici dai contorni pressoché violenti e sanguinari, sono deprivate di fonti d’acqua pulite, vedono morire i loro capi di bestiame e inaridire campi un tempo produttivi, avendo come risultato finale la peggior crisi alimentare esistente dal secondo dopoguerra in avanti. Spetta quindi ai governi di quel mondo industrializzato e così tanto “sprecone” farsi carico del problema e trovare soluzioni risolutive nel più breve tempo possibile, in modo tale da garantire a tutti l’accesso all’acqua potabile.
Gabriele Mirabella
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