Non ci siamo. L’Italia, per la prima volta negli ultimi sessant’anni rischia di non qualificarsi a un mondiale di calcio. È vero, abbiamo problemi ben più grandi di cui occuparci nel nostro Paese, dalla disoccupazione giovanile agli sprechi di denaro pubblico. Ma per favore, non toglieteci i mondiali di calcio che, per qualche settimana, rappresentano da sempre la proverbiale panacea di tutti i nostri mali.
Eh sì, immaginiamolo un Mondiale senza gli Azzurri. Non che nelle ultime due edizioni abbiamo fatto una gran bella figura – sia nel 2010 che nel 2014, per gli smemorati, ricordiamo che siamo stati fatti fuori dopo appena tre gare, cadendo sotto i colpi di squadre come Nuova Zelanda, Slovacchia e Costa Rica -. Ma, almeno per qualche settimana, ci siamo illusi di poter dire la nostra nel mondo pallonaro, ancora una volta. Sognando di raggiungere il Brasile sul gradino più alto dell’Olimpo del calcio, a quota cinque coppe del mondo.
Insomma, si tratterebbe di un modo per dire che, anche nello sport più bello del mondo, siamo leader assoluti. Del resto, abbiamo la pizza e la pasta più buone al mondo. Paesaggi marini e montanari che ci invidiano ovunque sul globo. Per non parlare di tutti i monumenti e musei. Eppure, di difetti, noi italiani ne abbiamo tanti. Basta fare un giro sui social network, da LinkedIn a Facebook, per notare di quanta spocchia e arroganza siamo capaci.
Difetti, questi, che si riflettono in una delle dichiarazioni pre-Svezia del nostro CT, Gian Piero Ventura. L’ex tecnico del Torino, apprezzato da sempre per i suoi toni pacati e per la maestria con cui è stato capace in più occasioni di portare i massimi risultati pur senza avere grandi risorse a disposizione – per esempio, a Giarre, piccolo centro della Sicilia orientale, lo ricordano ancora tutti con enorme affetto per la miracolosa stagione 1992-93 in Serie C1 –in conferenza ha sì ammesso che «la Svezia è una buona squadra» ma ha poi chiuso il suo pensiero dicendo che l’«Italia si qualificherà». Un augurio che ci facciamo tutti, per carità. Ma si tratta di dichiarazioni che cozzano con i toni cauti che, di solito, vengono assunti prima di incontri di tale delicatezza. E che, a posteriori, non hanno tenuto fede a quanto mostrato in campo dagli Azzurri, sconfitti 1-0 e mai apparsi in partita.
Una Nazionale spaesata, senza il mordente che storicamente la caratterizza. Sia per via di discutibili scelte tecniche (perché puntare al 3-5-2 se in panchina e in tribuna hai una serie di esterni d’attacco in gran forma come Insigne ed El Shaarawy? E, ancora, la coppia offensiva Belotti–Immobile è compatibile? Considerato l’attacco abulico, nel quarto d’ora finale, anziché varare un pretenzioso 4-2-4 non era meglio mettere in campo una punta di peso come Gabbiadini?), sia per le condizioni fisiche di alcuni (Zaza, designato a un posto da titolare ha dovuto dare forfait; lo stesso Immobile non era al meglio della condizione), sia per la forma fisica di alcuni che, in occasione di una gara così importante, anziché salire in cattedra si sono nascosti. In primis Marco Verratti, il nostro playmaker, da cui si aspettavano palloni a ripetizione per i nostri attaccanti, e che invece si è reso protagonista solo dell’ammonizione che gli farà saltare il match di ritorno. E non sarebbe male, a questo punto, se Ventura affidasse le chiavi a Jorginho, padrone del centrocampo del Napoli, una delle squadre che gioca meglio in Europa.
Il tecnico azzurro, che ha parlato di«Sconfitta immeritata e di arbitro non all’altezza» è stato bacchettato sia da un ex di lusso, come Andrea Pirlo, che ha suggerito di «Lasciar stare l’arbitro», sia da capitan Buffon che ha evidenziato come «Non serve piangerci addosso…». E fa specie pensare che proprio vent’anni fa Gianluigi iniziava la sua carriera in Nazionale da uno spareggio per la qualificazione ai Mondiali. In Russia, tra l’altro, proprio la location della prossima World Cup. Gli uomini di Cesare Maldini, nella tempesta di neve a Mosca pareggiarono 1-1. Un risultato non particolarmente brillante, ma quel gol fuori casa dava quel pizzico di speranza in più che manca in questo momento.
E, a proposito di Buffon, lui, più di ogni altro in Russia vuole tornarci. Sarebbe il sesto mondiale per lui, un record. Un modo, straordinario, per chiudere una carriera che, con tutta probabilità lo vedrà salutare senza avere in bacheca né il Pallone d’Oro, né la Champions League (i tifosi bianconeri facciano i dovuti scongiuri…). A San Siro, crediamoci per Gigi, crediamoci per noi. Siamo l’Italia, abbiamo tanti problemi, ma non toglieteci il mondiale di calcio. Per favore, almeno quello lasciatecelo.
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Nell’albo dei pubblicisti dal 2013, ha scritto un eBook sui reporter di guerra e conseguito due lauree. A Catania si è innamorato del giornalismo sportivo; a Londra si è tolto la soddisfazione di collaborare per il Guardian e il Daily Mail. Esperto di digital marketing e amante dei social media, nel 2017 ha deciso di tornare a collaborare con VdC di cui era già stato volto e firma nel 2012-2013.