Immaginate, un giorno, di dover abbandonare le vostre sembianze da umano e di assumere quelle di un animale. Immaginate, inoltre, di assumere le sembianze non di un qualunque animale, bensì di un animale da circo. Immaginate di essere rinchiusi in una stalla poco più grande di voi, per 22 ore al giorno. Immaginate di essere picchiati senza un perché sin dalla tenera età, per soddisfare l’insensata sete di grandezza dell’uomo. Immaginate. Perchè forse solo dopo aver immaginato tutto questo riuscirete a capire fino in fondo la vita di Tyke, l’elefantessa che fu uccisa per essersi ribellata alla folle mania di grandezza dell’uomo.
Tyke nasce nel Mozambico, precisamente nel 1973. Era solo una cucciola quando fu strappata con forza dal proprio habitat naturale, destinazione circo internazionale di Honolulu. Sin da subito, la vita di Tyke prende una piega brutta, da non dover augurare neanche al peggior nemico, una piega che porterà questo splendido animale a logorarsi dentro e che lo condurrà ad una morte lenta e dolorosa.
Saranno tanti, all’indomani della sua morte, gli ex dipendenti a denunciare i maltrattamenti che subiva dentro quella stalla. Un addestramento incentrato sulla paura, sui continui soprusi che i domatori infliggevano alla povera Tyke che, per soddisfare la mania di grandezza di un uomo in realtà minuscolo, cresceva con un senso di paura e frustrazione inusuale per un animale di una stazza del genere, di una potenza del genere.
Gli istinti animali vengono soppressi, gli spazi diventano più piccoli. Tyke nasce con una sola certezza: violenze e umiliazioni, senza conoscere alcun modo per difendersi. Lo scopo di tutto questo? Una splendida Illusione, quella che si racchiude in qualunque spettacolo circense, certo troppo poco per poter scalfire gli occhi innocenti dei bambini, che non vedono altro che qualche animale in pista.
Era il 20 agosto 1994, uno spettacolo come tanti, l’ennesimo giorno di torture per l’elefantessa del circo di Honolulu. Improvvisamente, però, accade qualcosa di inaspettato: Tyke attacca il proprio domatore, ferendolo mortalmente e scatenando la paura dell’intero pubblico. Quella però non era Tyke, era la somma di quei 20 anni di sopprusi, di violenze e di paure. L’uomo l’aveva trasformata in una bomba e come ogni bomba era arrivato il momento di esplodere.
Tyke quindi scappa, esattamente dove non lo sa neanche lei. Il suo intento era solo quello di inseguire la libertà, quella libertà tanto desiderata, tanto mancata nella vita di quel povero animale. Qualche ora di paura per le strade della capitale Hawaiana, poi l’epilogo finale: ci vollero 86 colpi per buttare a terra la povera elefantessa e ucciderla, colpevole di aver cercato la via della libertà, che dovrebbe essere una cosa tanto naturale per un essere così maestoso.
Da quel giorno, nel circo di Honolulu furono vietati gli spettacoli che avessero come “protagonisti” gli animali. Tutt’ora, però, sono ancora tantissime le creature che vengono usate per dare piacere all’uomo. Il creato, nella sua splendida complessità, va difeso e con esso anche quegli animali cui gli occhi raccontano una celata agonia. Con la speranza che non vi siano altri Tyke abbattuti dalla folle indole di supremazia dell’uomo.
Francesco Mascali
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