CATANIA – Nelle ultime ore impazza, sui social e non, la polemica rivolta a Unict. L’università di Catania ha pubblicato nella giornata di ieri le graduatorie degli ammessi ai corsi a numero programmato locale. Per una volta, insomma, non si parla dei soliti test a livello nazionale, riservati a facoltà come medicina e professioni sanitarie. Come confermato qualche mese fa del rettore Francesco Priolo, a causa del Covid-19, nessun test locale è stato utilizzato per stilare la graduatoria degli studenti ammessi. Come parametro di giudizio, infatti, è stato scelto il voto di diploma, con parecchie polemiche al seguito.
Ecco una tabella riepilogativa dei voti di diploma richiesti da alcune facoltà a numero programmato locale:
Scienze e tecniche psicologiche 96;
Scienze biologiche 100;
Biotecnologie 100;
Scienze motorie 97;
Economia aziendale 88;
Lettere 88;
Scienze della formazione 92;
Lingue e culture europee 90;
Farmacia 100.
Quello che balza subito all’occhio è l’elevato standard richiesto. Tra le 9 facoltà prese a campione ben 7 richiedono una votazione uguale se non superiore al 90. Le altre 2 (Lettere ed Economia aziendale), poco al di sotto (voto finale 88). A parità di punteggio? Si prediligono i candidati più giovani. Fatti praticamente fuori i ragazzi che hanno conseguito il diploma con un voto al di sotto dell’88 e, interessati a più facoltà tra quelle elencate, costretti a cambiare scelta.
Chi prenderà un anno sabbatico dagli studi; chi ha virato per altri lidi, scegliendo le facoltà a numero aperto come Giurisprudenza e Matematica; Chi, infine, lascerà la propria terra, avendo optato durante la scorsa estate (anche) per un’alternativa del genere, con buona pace di chi sponsorizza gli atenei del sud ma rimarrà con nulla in mano grazie a criteri simili. Tante le scelte difficili per questi neodiplomati, buttati nel mondo reale nel modo più crudele possibile.
Tante le testimonianze giunte ai nostri microfoni, come quella di una lettrice 19enne, Giulia: “Da parte dei miei coetanei ho percepito tanta frustrazione, tanto scoraggiamento. Molti di loro intraprenderanno percorsi non inclini alle loro capacità, in cui loro stessi non ripongono alcuna speranza. Da ormai ex liceale trovo la scelta dell’ateneo davvero azzardata: il voto di diploma è un punteggio spesso poco obiettivo. Quest’anno, vista la situazione, più degli altri anni“. Frustrazione palpabile anche nelle dichiarazioni di Maria, 18 anni: “Già agli inizi del quinto anno avevo optato per la facoltà di Scienze Biologiche, vista la mia naturale propensione per la biologia e, più in generale, per le materia scientifiche. Sono uscita dal Liceo Scientifico con 88. Ma questo 88 è frutto di un percorso personale, in cui sono tanti i fattori. Come può il mio 88 avere lo stesso valore di un 88 conseguito in un’altra scuola o in un’altra classe da una persona differente da me? Non è un parametro di giudizio oggettivo, e non fa altro che precludere il nostro diritto allo studio“.
Sulla stessa barca Roberta, anche lei 18enne: “Il mio obiettivo era quello di entrare in Farmacia. Nonostante sia uscita con 96 mi trovo impossibilitata a inseguire il mio sogno, così come molti centisti che conosco e che potrebbero essere fatti fuori per la loro età. Fin da piccoli ripetono che non siamo numeri: come si può, allora, fare dipendere il nostro futuro da un mero numero?”.
Naturale, poi, pensare a quei test che invece si sono svolti. In tal senso il pensiero di Carlotta, altra 18enne: “Sono entrata nel corso di studi di filosofia, probabilmente passerò quest’anno lì, senza che nessuno comprenda l’amarezza che provo adesso. Cosa costava lasciare tutto com’era? Non si può essere portavoce della sicurezza e del buon senso quando la sicurezza è mancata per 2000 persone che hanno fatto i test di medicina alla cittadella universitaria. Aule piccolissime con 120 persone all’interno, finestre chiuse, distanziamento non rispettato. Cosa costava far svolgere i test per le altre facoltà anche quest’anno, avendo minore affluenza rispetto ai test di medicina?“.
Francesco Mascali
Fonte foto: Wikipedia (autore: Carlo Pelagalli)
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Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»