Accade molto spesso che tra i ragazzi delle scuole medie, e non solo, ci sia una rilevante difficoltà nella comprensione di molti concetti di ordine scientifico e tecnologico. La causa principale va riscontrata nel fatto che i fenomeni studiati non possono essere direttamente osservati e sperimentati nella loro complessità, e quindi compresi fino in fondo. È qui, allora, che entra in gioco la robotica educativa: attraverso l’utilizzo di appositi kit messi a disposizione della classe, gli studenti, con l’aiuto e la supervisione dell’insegnante, iniziano a progettare e a costruire dei veri e propri robot. È sufficiente aprire la scatola e il divertimento ha inizio, poiché alla base della robotica educativa c’è proprio il learn by playing (imparare divertendosi).
Costruire un robot, mettendone insieme tutte le sue parti, favorisce un apprendimento di tipo: attivo, perché caratterizzato da un coinvolgimento motivante che permette di creare conoscenze profonde e durature; contestuale, giacché legato alle reali condizioni di laboratorio; costruttivo, in quanto viene stimolata nei ragazzi la capacità di esplorare e di diventare co-costruttori di conoscenze; problematico dal momento che le attività degli studenti procedono secondo il metodo del problem solving.
Inoltre, rispetto ad altri strumenti didattici, la progettazione di robot agisce fortemente sulla motivazione degli alunni, favorendo un’attiva socializzazione. Essere effettivamente in grado di governare una macchina intelligente e dover prendere tutti insieme delle decisioni legate al suo funzionamento, è uno stimolo molto potente al lavoro collaborativo e alla collettivizzazione.
Tutte queste finalità hanno un significato specifico per l’area scientifica, informatica e tecnologica, ma considerando il laboratorio come un ambiente di apprendimento dove gli studenti possono realizzare attività di condivisione, riflessione, meta-cognizione e documentazione, hanno anche un carattere trasversale alle discipline.
Alessandra Munafò
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