BELGIO – L’amore, al contrario di quanto ne canti Tiziano Ferro, non è mai una cosa semplice, questo è vero per qualunque coppia, ma lo è ancor di più per quelle miste e soprattutto per quelle che vivono in Belgio. Da quando la questione dei migranti è diventata un problema di carattere mondiale, uno dei fenomeni più diffusi è quello di sposarsi con un nativo del Paese in cui si approda (consenziente o meno) per ottenere i documenti di cittadinanza. In questo scenario, i matrimoni “opportunisti” aumentano di continuo, la vita diventa impossibile per le poche coppie vere composte da un migrante e un residente. Il Belgio tenta di prevenire i finti matrimoni con strettissime misure di prevenzione secondo un iter che Internazionale ha analizzato, ascoltando le difficoltà a cui vengono sottoposte le coppie belghe in cui uno dei due partner è un migrante, stilando tre differenti tappe da superare.
La prima parte riguarda il municipio, quando si presentano le carte per richiedere l’unione civile. Il caso più comune è quello di uno straniero che abbindola una donna più grande, ma di fronte a qualunque altra situazione ritenuta sospetta in Belgio, il Comune può decidere di avviare un’indagine per assicurarsi la veridicità dell’unione con procedure estenuanti per la coppia. «In municipio ho risposto per quattro interminabili ore alle domande di una persona pronta a giudicarmi ma non ad ascoltarmi. Quattro ore di ironia, di tensione, di pressioni psicologiche e di commenti sulla nostra vita, sulle nostre scelte, sulle nostre relazioni familiari. Mi sono sentita umiliata, per un unico motivo: sto con un ragazzo nero senza documenti» ha dichiarato una delle vittime sottoposta a un interrogatorio di quattro ore.
Anche la Polizia belga è autorizzata a indagare sulle unioni e i metodi utilizzati non sono certo da meno rispetto al Comune. Non solo i poliziotti hanno il diritto di suonare alla porta e perquisire a sorpresa la casa degli sposi, ma possono anche appostarsi sotto la casa per giorni, col fine di assicurarsi che il migrante viva davvero in quell’abitazione. Ecco cosa ha raccontato per Internazionale una donna sposata che vive a Bruxelles e da otto anni sta con uno straniero: «A un certo punto qualcuno bussa alla porta. Sono tre tizi in borghese. “Polizia” . “Potremmo vedere un tesserino?”, chiediamo. Per tutta risposta ci mostrano le pistole. La mia più grande preoccupazione era non far spaventare la mia madrina. I tre sono saliti a perquisire la nostra camera da letto e il nostro bagno. ‘Chi dorme sul lato sinistro del letto? E su quello destro? Perché ci sono tre spazzolini in bagno?».
Nella maggior parte dei casi, in Belgio, situazioni come quelle sopra descritte arrivano purtroppo fino al tribunale. Infatti, una volta che lo Stato respinge la richiesta di matrimonio, alla coppia non resta che sporgere denuncia e portare la questione davanti al giudice. Come se la privacy non fosse già stata violata a sufficienza, a quel punto, la relazione non diventa altro che una continua testimonianza: i partner devono cercare il più possibile di raccogliere prove del loro amore. Non s’intende dimostrazioni d’affetto o parole dolci, ma vere e proprie raccolte di foto, viaggi, video, testimonianze di amici e parenti che possano testare la loro innocenza.
Benché sfruttare qualcosa di sacro come l’amore per ottenere un interesse personale sia da considerare deplorevole, c’è da chiedersi se essere costretti a domande poste da estranei, quali «Ieri sera avete fatto l’amore? In che posizione?» solo perché una è belga e l’altro marocchino non è di certo da meno. Lo Stato belga tenta di proteggere il proprio Paese, senza accorgersi però di come stia distruggendo quel briciolo di amore, possibilmente autentico, che resta nel mondo: indifferentemente dal colore della pelle, dalla propria religione o dall’abito che si indossa.
Chiara Forcisi
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Da sempre lettrice accanita, Chiara all’età di 13 anni pubblica You are my angel, il suo primo romanzo. Frequenta il Liceo Classico N. Spedalieri di Catania, dove completa gli studi in bellezza in qualità di rappresentante d’istituto e dirige, dopo averlo fondato, il giornalino scolastico Il Punto, degno erede di Voci di Corridoio, antesignano di Voci di Città. A marzo 2013 corona il suo più grande sogno: partire come delegate con l’Associazione Diplomatici alla scoperta della Grande Mela. Si laurea in Scienze della Comunicazione all’Alma Mater Studiorum di Bologna a luglio 2018. Inoltre, anche se è impegnata ad affrontare la vita quotidiana non si arrende e prova ancora a realizzare ciò che voleva fare fin dalla culla: salvare il mondo con le parole.